Salire In Alto. Guido Pagliarino

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Salire In Alto - Guido Pagliarino


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      e un po' ti filtra con la luce il dubbio

      di Sigismondo.

      T'alzi pensando all'altra casa vuota.

      Giovani affetti nella nuova trovi

      e il caffè.

      VISITA

      Veleggia lieto, quasi, nella Grazia

      il giusto morto; quasi, ché non sazia

      Ã¨ la sua forma, tesa

      ai suoi vivi, ai colori

      ai sapori di casa.

      Chiede un minuto, di riavere i cari

      che lo vedano...

      L'HA!

      Scende rotando in cerchi ventilati

      verso la casa, all'ora meridiana.

      Seggono al desco i cari, alla finestra,

      la buona moglie, i figli e le famiglie,

      ragionano di lui. Ha come agli occhi

      una stilla di lagrime

      una goccia di nuvole. S'apprende

      più più nell'aria in forma d'uomo, ai vetri.

      Ah! Fuggon tutti.

      LIBERO!

      Risplende lieto nella piena Grazia

      e Cristo ne sorride mitemente.

      SALIRE IN ALTO

      Lungo Po nell'estate in mezzo a un prato

      rotto che s'apre più lontano al colle

      e il cuore vi disperde,

      hai sentito la voglia di giacere

      nel bell'ampio del verde:

      salire in alto alla collina, avere

      nulla da dire; il vento che discende

      lasciar correre via

      che porti qualche atomo con sé

      colto dal viso;

      posare in un sorriso come cosa

      che vede e si riposa, farsi verde

      come stelo lanciato a toccar nuvole,

      se dal basso lo miri,

      e sull'erba che docile scomponi,

      fare canzoni.

      A FIANCO DEL BIMBO IMMOLATO AL DIO

      Carthago ignara d'ombra nella chiara

      luce dell'ampio sole,

      con le stanche sue forme che riduce

      il vento e interra alle deserte rive,

      mi si pronuncia che dal molo vivo

      vengo al sepolto. Da proteso nodo

      di lingue mercatanti mi sviluppo

      altalenando un falso antico lume

      nell'aria e nel sospeso

      tempo mi annodo,

      là dove Baal piega sotterra il corpo

      al peso d'impetrati dèi latini.

      A fianco del fenicio

      mite bimbo votivo

      m'indoro e cresco

      PARENTESI

      Sfatta la notte, l'ora

      più non ombreggia seta.

      L'alba nascente è una presenza, quieta

      Essenza docile

      pare vi posi

      languore trepido

      che tesse luce.

      Subito cangia e ancora non comprendi

      l'impossibile aurora moltiplicata;

      e ti respira l'anima, incantata

      vacanza della pena del tuo tempo,

      tempo perduto nell'infinità.

      SUBITO DOPO UNA STRAGE

      â€œDov'è, mamma, dov'è il mio volto tondo

      i miei riccioli belli,

      il corpicino che cresceva forte?

      Dove i giochi d'estate e il fratellino

      che tenevo per mano?

      C'è solo fumo, mamma, e le macerie;

      e tu, dove sei tu dal viso chiaro

      dolcissimo ridente?

      Ti sento qui e non vedo la tua grazia”.

      â€œVieni, cara, Giannino ho già vicino.

      Saliamo insieme in sempre più elevate

      e ämpie spire

      e cerchiamo chi sia

      che ci troncò nel nome di contorti

      mondi di morte:

      s'egli dorme stanotte, nell'amore

      gli scoccheremo al cuore il suo rimorso;

      poi saliremo al Posto del Vittime

      senza guardare al babbo; attenderemo:

      non potremmo piegarci a un solo soffio

      di pena più di questa.

      Torneremo più avanti a rimirarlo,

      a rallegrarci che il passare amico

      dei giorni l'abbia almeno un po' placato,

      e attenderemo nell'eterna estate

      che, finito il suo tempo, ci ritorni”.

      LA LUNA SI VOLTA

      (effetto ottico)

      O mossa luna assolta dall'angoscia,

      al viavai delle nuvole

      pare tu volga al firmamento

      il faccione ridente.

      Che! Non è un’illusione?

      In questa sera rorida di sangue

      il tuo sorriso scenderebbe tragico

      su noi fragili umani?

      Pensi forse non torni

      â€“ È chimera? Chimera?! –

      il tripudio di vivere?

      ...e tu provaci ancora:

      nel nuovo plenilunio

      rivolgici il sorriso,

      e noi l’aperto viso

      leviamo in alto alla speranza,

      ancora;

      a Dio piacendo,

      e al cuore.

      PERSONA

      Come fu che la bussola impazzì

      e l’ago più non mira

      al settentrione dell’uomo?

      Se ne vanì il diritto, il tanto amato

      per secoli sofferto disperatamente

      d’essere uno ch’era scritto a pena

      a pena e principiava.


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