La Sfida. Guido Pagliarino

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La Sfida - Guido Pagliarino


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più in generale alla tradizione alchemica, ermetica e cabalistica; e pur se sono qualificanti anche qui i mezzi della conoscenza intuitiva e simbolica, vi sono nella Massoneria essenziali cose estranee alla gnosi antica. Infatti la conoscenza massonica non è religiosa in senso stretto; non c’è una visione escatologica nelle logge massoniche, a differenza che nelle consorterie gnostiche classiche; e per i massoni una tensione morale permea tutta la loro costruzione, mentre nello Gnosticismo questa è assente, essendo preoccupazione sola dello gnostico quella della sua personale salvezza eterna, senza filantropia, senza il concetto cui i massoni molto tengono di bene e progresso dell’umanità. Il termine era stato preso a prestito a un certo punto, essendosi approfondita nel frattempo la conoscenza del fenomeno gnostico antico, mentre al suo sorgere la Massoneria non poteva ancora conoscere a fondo lo Gnosticismo. Pare che i richiami alla gnosi in una parte dei rituali e delle parole abbia significato espressione simbolica della perfetta conoscenza del trascendente, ma non l’adesione a una dottrina gnostica, causa i suoi fondamenti dogmatici non conciliabili con il pensiero antidogmatico massone.

      Come già s’era accennato, gli gnostici antichi non definiscono sé stessi come tali, bensì come pneumatici o, è lo stesso, spirituali; infatti, la parola Gnosticismo identifica solo convenzionalmente, presso gli studiosi, un insieme di dottrine e pratiche esoteriche d’una certa qual omogeneità: vengono definiti gnostici quei gruppi filosofico-religiosi antichi che hanno a base del loro pensiero i concetti del dualismo tra bene e male; degli spiriti intermediari tra Dio e uomo e di esseri, diversi da Dio, plasmatori del mondo materiale, considerato malefico; di animo quale scintilla divina imprigionata nella materia; che ritengono necessario conoscere secondo una via soprattutto mistica per liberare l’animo e condurlo alla luce divina; che contemplano un essere soprannaturale salvifico, rivelatore della vera conoscenza, anche se nello Gnosticismo precristiano si tratta a volte d’auto-illuminazione derivante dalla scintilla divina, dal pneuma stesso presente negli gnostici, i quali accolgono l’astrologia come componente del sapere. Si tratta di sette che praticano riti esoterici, così come tengono segreto l’elenco e ritengono limitato il numero di coloro che, dotati di pneuma, la rivelazione gnostica possono ricevere. Parte di quelle persone crede alla reincarnazione secondo Orfismo e Pitagorismo; non coloro che hanno a base l’Egitto; infatti per gli Egizi antichi non ci sono reincarnazioni e inoltre, secondo il generale sentire semita e poi giudeocristiano, quanto risorge è il corpo; è proprio per questo che gli egiziani lo mummificano.

      Si noti che la gnosi, la conoscenza per illuminazione, per gli aderenti allo Gnosticismo antico ha come oggetto il cosiddetto Sé ontologico, considerato da loro reale e consustanziale alla realtà divina stessa: un Sé che gli gnostici ritengono precisamente la vera realtà, meramente spirituale, dell’essere umano imprigionata qui nella materia, un Sé che non è semplicemente presente nell’uomo spirituale ma corrisponde al suo unico e vero io, anche se gli è necessaria l’illuminazione per scoprire quella coincidenza e liberarsi dalla soggezione alla materia, per tornare finalmente allo spirituale pleroma. Lo Gnosticismo esprime e tenta d’opporsi all’angoscia esistenziale del suo tempo, cercando una personale soluzione, al di fuori di istituzioni e confessioni religiose.

      Così capita di nuovo oggigiorno in quel fenomeno spirituale che si può chiamare neognosticismo, pure per il quale è fatto caratterizzante la conoscenza per illuminazione avente come oggetto il Sé ontologico.

      Dunque conoscere vuol dire per gli gnostici antichi risvegliarsi da una situazione di oblio e di schiavitù alla materia prendendo coscienza del proprio vero essere, del citato Sé ontologico e ciò, se da una parte è premessa alla Salvezza, dall’altra genera grave tristezza nell’angoscia di liberarsi dai vincoli e tornare alla Patria divina. Si legge nel “Vangelo della Verità” che il processo di scoperta comincia con l’individuale, solitaria esperienza dell’angoscia insita nella stessa situazione umana.

      Cosa caratterizzerebbe lo Gnosticismo? Il dualismo? No, esso non è infatti caratteristica del solo Gnosticismo e va tenuto oltretutto presente che, all’interno della concezione dualista, ci sono differenze non secondarie tra lo Gnosticismo pagano e quello giudeo. Gnosticismo è un termine che non ha una precisa definizione scientifica. Ci sono studiosi che chiamano gnostiche sette come quella essena (su cui torneremo) che presentano solo una parte dei concetti elencati. Altri includono nello Gnosticismo addirittura la più antica religione iranica, il Mazdeismo che ha come base l’idea d’un dio del bene e d’un dio del male fra loro in lotta e, quindi, è apparentemente dualista anche se, come s’era detto, si tratta di fondo d’un monoteismo.

      Due caratteri distinguono sempre gli gnostici, l’esoterismo e la dissimulazione, ma da soli non bastano a contraddistinguerli.

      In questo saggio si userà la parola Gnosticismo per dottrine che presentano almeno alcune delle sue caratteristiche principali; non nel caso si tratti di pratiche spiritistiche, dell’idea singolare, più o meno paranoide, di essere un eletto, del credo nella reincarnazione e nell’astrologia. Altrimenti si deborderebbe troppo.

      Nella sua forma cristianeggiante lo Gnosticismo fu un formidabile nemico del Cristianesimo, un avversario che, una volta entrato nelle fila della Chiesa, non solo si affinò di molto ma ritenne d’essere il vero Cristianesimo e rischiò di eliminarne, almeno presso i credenti colti, i fondamenti evangelici, cioè la realtà fisica della risurrezione di Gesú e l’imperativo di Cristo di farsi piccoli nell’amore per gli altri, sostituendoli con quello dell’illuminazione degli eletti da parte di un Cristo che avrebbe portato, e a loro soli, la vera sapienza salvifica; un Cristo che a loro sentire non sarebbe morto, perchè privo di corpo, e sarebbe tornato semplicemente al Cielo col suo spirito al termine della permanenza in terra; e proprio per questo gli gnostici cristiani non accettavano il martirio, ricevendone dalla Chiesa l’accusa di vigliaccheria.

      Ãˆ da considerare l’idea11 che nel periodo precristiano e in quello del proto Cristianesimo, i più antichi elementi dello Gnosticismo fossero non solo piuttosto disomogenei ma non ancor fusi e che dottrine ben organizzate si raggiungessero solo nel II secolo d.C. C’è chi ha precisamente affermato12 che l’identificazione tra le figure del redentore gnostico e del Figlio dell’Uomo sia uno sviluppo dello Gnosticismo cristiano. Per certi studiosi del secolo XX però, primo Rudolf Bultmann, era stato il Cristianesimo a derivare dallo Gnosticismo. Ci sono ancor oggi, da cattedre universitarie di Storia comparata delle religioni, ricercatori che sospettano la stessa cosa. Era, di fondo, la tesi di positivisti del XIX secolo, anche se non si riferivano espressamente allo Gnosticismo, ma in generale alle categorie della filosofia e della mitologia greche e delle teosofie orientali. Per il fondatore del positivismo Auguste Comte, era stato Paolo, nato a Tarso nell’ambiente giudaico ellenista della diaspora e che conosceva altrettanto bene il greco e l’ebraico, a creare il Cristianesimo13 , richiamando un oscuro personaggio nazareno, Gesú, assai diverso dalla persona risultante dalle Lettere paoline, figura da Paolo definita del Cristo-Messia-Dio (l’Unto-Dio) tradendo, oltretutto, la tradizionale figura del messia atteso dai giudei, il quale avrebbe dovuto sì essere dotato di grandi carismi e governare un millenario regno di pace, ma essere solo uomo: Paolo, sempre secondo il Comte, aveva creato la nuova religione connotandola di pensiero e di miti ellenici. Si trattava però di ipotesi non sostenute da documenti, ché il punto di riferimento era per il Comte e per gli altri critici positivisti il Nuovo testamento di cui rifiutavano quale invenzione quanto non corrispondeva alle loro tesi. Individuavano nella dispersione del popolo ebraico la condizione oggettiva del notevole e relativamente celere sviluppo del primo Cristianesimo14 : qualunque nuovo movimento religioso fosse nato fra i giudei della diaspora, dicevano, avrebbe avuto notevole probabilità di diffusione grazie alla medesima, dato che in moltissimi centri del bacino del Mediterraneo, soprattutto in Egitto, nell’Asia Minore, in Italia, c’erano comunità ebraiche che ogni tanto visitavano Gerusalemme ed erano in contatto epistolare con altri


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