Il Mio Sangue Sulle Zanne. Virginie T.
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Il mio sangue sulle zanne | |
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Dopo decenni di sottomissione, il branco di lupi mannari di Dumitru vuole essere libero. Per riuscirci e avere una speranza nell`avvenire, i lupi devono convincere il re vampiro a svelare la loro origine. Il piano fallisce quando scoprono Tatjana. Nel cuore di una guerra senza via di scampo tra vampiri e licantropi, riuscirà l`amore a farsi largo?
Il mio sangue sulle zanne
Virginie T.
Tradotto da Silvia Spolaore Mergaert
«La morte genera morte»
Prologo
La vita nel Medioevo, su queste terre remote della Russia, è già difficile di per sé, ma la vita al servizio di sir Vladimir è un vero inferno. Non si rende conto di tutti i privilegi che lo zar gli accorda. Ha ricchezza, donne, cibo a volontà senza dover alzare un dito, mentre il suo popolo muore di fame e di freddo ammazzandosi di fatica nei campi, eppure niente è mai abbastanza. Vladimir vuole sempre di più e tocca a me fare in modo che i suoi desideri vengano esauditi. In altre parole, una missione impossibile. Non è mai soddisfatto e questa volta non è diversa dalle altre.
– Mi hai ancora deluso, Zoran. Non ti sto forse chiedendo semplicemente di svolgere il tuo lavoro come si deve?
Il signore alza il tono per umiliarmi fino in fondo. Quando sta per maltrattare un servitore, ama invitare i suoi vassalli nella sala grande. Vuole che queste lapidazioni pubbliche servano da esempio per rendere più forte il suo potere in questa contrada remota. Non ne ha bisogno, nessuno osa contraddire la sua autorità, ma credo che in realtà goda di queste umiliazioni pubbliche.
– Il popolo è povero, mio signore…
– Ne ho abbastanza di queste scuse pietose. Se non hanno denaro per pagare la decima, che compensino dandomi le loro figlie.
Il suo sorriso osceno mi fa rabbrividire. Queste povere donne… il loro occhi imploranti tormentano le mie notti.
– Mio signore, vi hanno già dato tutte le ragazze abbastanza grandi da soddisfarvi, restano solo le bambine…
– Le bambine possono lavorare mentre aspettano di essere pronte per me. Non fai il minimo sforzo, Zoran, e gli altri servitori cominciano a credere che non rischiano nulla a disobbedirmi e a provocarmi.
I miei compagni di miseria sono ben lungi dal pensarlo. Li vedo rasentare i muri del castello, con la testa bassa, pregando in silenzio di non essere i prossimi a subire la furia di Vladimir. Come li capisco. Anch’io vorrei trovarmi in una posizione meno scomoda.
Bisogna ammettere che il mio signore non manca di fantasia quando si tratta di punizioni. Predilige in modo particolare l’amputazione delle orecchie o la perforazione della lingua. Non disdegna neanche la decapitazione e il rogo. Sono questi i supplizi subiti dai suoi servitori la cui unica colpa è di essersi trovati sulla sua strada. Per queste stesse ragioni assurde, ho già perso un orecchio e la mia lingua sente ancora il fuoco dell’attizzatoio che l’ha trafitta. Comincio a tremare, inquieto del sorriso diabolico di sir Vladimir. Quale parte del mio corpo dovrà subire la sua ira? Quale sofferenza dovrò ancora sopportare senza un lamento?
– Sono stanco della tua indolenza e del tuo atteggiamento disinvolto.
Vedo con la coda dell’occhio che i vassalli più fedeli di Vladimir si avvicinano, mi accerchiano togliendomi così qualsiasi via di ritirata e di fuga. Inizio a tremare più intensamente. So per certo che questa volta non si tratterà di un’amputazione. Tagliarmi il secondo orecchio non servirebbe a niente e tagliare uno dei quattro arti mi impedirebbe di svolgere i miei compiti. Vladimir ha seguito il mio stesso ragionamento.
– Mutilarti non ti renderà più efficace. Farò di te un esempio agli occhi di tutti.
Il mio stomaco si contrae. Temo il peggio. Eppure, nemmeno nei miei incubi più terribili, avrei potuto immaginare il mio castigo.
– Zoran, per il potere che ho su di te, ti condanno a morte. Sarai condotto all’esterno dei bastioni al calare della notte, poi attaccato per le mani e per i piedi, a testa in giù, e resterai così fino al sopraggiungere della morte. Ciò che resterà del tuo corpo sarà quindi gettato nel letamaio, il posto giusto per te, sempre che resti qualcosa dopo il banchetto, naturalmente.
Prego perché il nodo che mi chiude la gola mi uccida prima dell’esecuzione della sentenza. Non gli darei mai la soddisfazione di supplicarlo di risparmiarmi. Troppi servitori ci hanno provato e quello che hanno ottenuto è stata una morte ancora più orribile, perché a ogni supplica Vladimir rendeva più pesante la loro sentenza. Anche se nel mio caso non so cosa potrebbe esserci di peggio. Sono già condannato a morte. Venir portato fuori dalle mura significa essere gettato in pasto ai lupi affamati che si aggirano di notte alla ricerca di carne fresca da divorare adesso che più nessuna preda sopravvive alla desolazione dell’inverno.
La mia morte è stata ancora più dolorosa di quanto potessi immaginare. I vassalli di Vladimir si sono particolarmente divertiti a sfregiare il mio corpo in diversi punti perché l’odore del sangue attirasse in massa i branchi di lupi. A mano a mano che i grugniti si facevano più vicini, la mia angoscia cresceva in modo insopportabile. Udivo il rumore dei denti che mordevano a vuoto, perché tutti i canidi volevano piantarmi le zanne addosso e si battevano per avere il pezzo più grande. Ho pregato perché i lupi, lottando tra di loro, si dimenticassero di me. Naturalmente non ho avuto questa fortuna. Il primo morso ha letteralmente lacerato la mia anima. Dopo tutti i sacrifici e le malvagità commesse in nome di Vladimir, ecco come mi ha ringraziato. I lupi mi hanno strappato la pelle e la carne, banchettando fino alla mia morte, e ci è voluta un’eternità. Sapevo che la mia anima sarebbe andata dritta all’inferno dopo essere stata al servizio di Vladimir. Non è possibile lavorare per un uomo così ed essere rendenti. Non pensavo comunque di potermi svegliare nel letamaio. In effetti, non pensavo di svegliarmi affatto. Tutto sommato, la morte non è altro che l’inizio di un’altra vita. Una vita in cui la preda diventa il carnefice. Non permetterò mai più che qualcuno si creda superiore a me. Ormai sarò l’unico padrone del mio destino e il mondo tremerà al mio cospetto.
A giorni nostri
Capitolo 1
Tatjana
Per quanto ricordi, ho sempre trovato Koudykina Gora sinistra, ma ormai supera ogni limite. Siamo in pieno inverno, certo, e il freddo polare che regna sulla città potrebbe esserne il motivo, ma il problema non è la temperatura. In più di due secoli di esistenza, non ho mai visto la città così deserta. Dall’alto del mio osservatorio, constato che non c’è più anima viva nel raggio di chilometri e la noia minaccia di farmi cadere in uno stato catatonico. Sulle strade lastricate si aggira solo la mia gente, probabilmente alla ricerca di un pranzo, ma non c’è niente e nessuno da cacciare qui. Non che mi disturbi. Non ho esattamente la stessa alimentazione del mio popolo ed è un segreto che custodisco gelosamente. Mio padre mi rinchiude già troppo spesso nella mia stanza. Venire a conoscenza della mia particolarità non migliorerebbe di certo i nostri rapporti e non sarebbe il mio lasciapassare per la libertà. Penso a mio padre e sospiro profondamente. Non è veramente mio padre, non nel senso esatto in cui lo intendono gli uomini, ma è il mio genitore, senza alcun dubbio. I vampiri non hanno figli, hanno dei discendenti. O meglio, ne avevano. Sono l’ultima a essere stata creata. L’ultimo vampiro nato, l’ultima trasformata dal vampiro originale in persona: Zoran. Per quanto ne so, sono anche l’unica donna vampiro. Prima di me, Zoran aveva convertito solo degli uomini. Una volta gli ho chiesto perché avesse fatto questa scelta. Mi ha risposto senza il minimo tatto che le donne sono troppo volubili e che un tale potere non può essere affidato a chiunque.
Personalmente, credo soprattutto che rifiuti di dover condividere il proprio potere con una donna e che quindi non abbia voluto trasformarle per non rischiare di soccombere al fascino di