Il Conte Della Persuasione. Amanda Mariel
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Indice
Premessa
Lord Brian Kennington, quinto conte di Connlee, è un maestro nell'arte della persuasione. Quando incrocia il cammino della non proprio corretta Lady Minerva Foz, decide che la ragazza ha bisogno di un po' di eccitazione nella vita e lui sa esattamente come procurargliela. Sarà degno del proprio soprannome, il conte della Persuasione, trascinandola lungo una serie di avventure e storie romantiche.
Il suo piano ha solo un problema: l'amore non era previsto.
Capitolo 1
Londra, Inghilterra, 1817
Lady Minerva Fox sedeva con impazienza nella carrozza, in attesa della cognata Carstine. Le due donne avevano fatto acquisti in Bond Street per tutto il pomeriggio e Minerva si era stancata. Si lasciò sprofondare contro lo schienale, giocherellando con il bordo della pelliccia.
Per quale ragione Carstine ci stava mettendo così tanto?
Un minuto ancora e Minerva sarebbe andata a prenderla. Cielo, erano almeno trenta minuti che Carstine si trovava dalla merciaia. Nessuno ci avrebbe messo così tanto, a comprare del pizzo. Per lo meno non quando si sapeva già cosa si voleva, prima ancora di andare.
Proprio quando Minerva aveva ormai deciso di andare a cercare Carstine, la porta della carrozza si aprì. “Come mai...” Smise di parlare, quando ebbe la completa visione dell'uomo che era salito. Un uomo alto, scuro e incredibilmente bello. Avrebbe dovuto gridare. Chiedere immediatamente aiuto al cocchiere.
Eppure, si limitò a fissarlo. Scrutò spudoratamente quell'uomo, osservandone ogni centimetro, dai capelli scuri come il mogano al naso aristocratico, fino alle spalle larghe e alle cosce muscolose. Tutte cose alle quali una giovane signora ben educata non avrebbe dovuto prestare attenzione. Ma come poteva ignorare un esemplare del genere?
Prima che Minerva recuperasse la ragione, lui chiuse la porta della carrozza e si sistemò sul sedile di fronte a lei.
“Buongiorno, signora,” disse, mentre un sorriso da bambino gli increspava le labbra.
Era un genere di sorriso inteso a disarmare quelli che lo guardavano e Minerva non poté negare che funzionasse alla perfezione, perché sorrise a sua volta. “Credo che vi troviate nella carrozza sbagliata,” disse.
Lui si posò le mani sulle ginocchia e si chinò in avanti. “Al contrario, mi trovo esattamente dove devo essere.”
Quell'uomo era debole di mente? Era forse ubriaco? Minerva non poteva esserne certa. In ogni caso, c'era qualcosa che non andava. Incrociò lo sguardo dell'uomo, lo fissò dritto in quegli occhi marroni profondi e sollevò il mento. “Non può essere, perché questa è la mia carrozza e io non vi conosco.”
Lui le rivolse un sorriso più ampio, che assunse una qualità da mascalzone. “Ah, sì, ma dovreste.”
“Dovrei cosa?” chiese lei in un tono cauto.
“Mi dovreste conoscere.”
Quel tipo emanava sicurezza e virilità. Entrambe le qualità la intrigavano, ma non si poteva assolutamente ignorare che quella situazione era inappropriata. Per non parlare del pericolo che forse lei stava correndo.
Minerva scivolò più vicina alla porta della carrozza, ma il suo sguardo rimase su di lui. “Devo insistere affinché ve ne andiate. La mia amica tornerà in qualsiasi momento e tutto questo, signore, è piuttosto indecente.”
“In effetti,” disse l'uomo lentamente, avvicinandosi anche lui alla porta. “Non vorrei procurarvi uno scandalo. Tuttavia, non potevo rinunciare all'opportunità di passare un momento in compagnia di una donna così bella.”
Minerva sentì il calore arrampicarsi sulle sue guance. Lui era perfetto. Troppo perfetto, perché al momento lei desiderava conoscerlo meglio, quasi più di quanto desiderasse che se ne andasse. Deglutì e si costrinse a fargli un sorrisino. “Vi ringrazio per il complimento, e ora devo insistere di andarvene. Se non lo fate, chiamerò il cocchiere per farvi allontanare.”
L'uomo sollevò la mano per fermarla. Una mano grande, con lunghe dita e un anello con lo stemma. Minerva aveva immaginato che fosse ricco, a giudicare dai suoi abiti di buona fattura, ma non lo aveva sospettato di essere un lord. Ciò rendeva il suo comportamento ancora più strano.
Forse si annoiava ed era alla ricerca di un po' di divertimento. Un giovane rampollo che voleva spassarsela o che aveva fatto una scommessa. Quell'idea rese la situazione di Minerva ancora più precaria. E se altri lo avessero visto entrare o uscire dalla carrozza?
E chi diamine era?
“Non c'è bisogno di essere drammatici,” disse, aprendo la porta della carrozza.
Che irritante! “Drammatici?! Non potete parlare sul serio. Siete entrato nella mia carrozza senza invito e non vi siete nemmeno presentato. E ora mi accusate di essere drammatica?”
“Non agitatevi. Ho detto che me ne stavo andando e lo farò.” Fece una pausa, rivolgendole un altro sorriso da furfante. “Anche se preferirei di molto restare.”
Minerva indicò la porta. “Fuori.”
L'uomo saltò giù prima di girarsi di nuovo verso di lei, con uno sguardo colmo di malizia, dicendo, “Alla prossima volta, bellezza.” Chiuse la porta prima che lei potesse elaborare quelle parole.
Minerva emise un profondo respiro, risistemandosi sul sedile della carrozza. “Alla prossima volta.” Non si erano mai incontrati prima. Cosa diamine gli faceva credere che si sarebbero incontrati di nuovo? Dov'era andato? E in nome del Cielo, come si chiamava?
Doveva saperlo.
Minerva spinse la porta della carrozza e la aprì. “Aspettate,” gridò guardandosi intorno.
Troppo tardi. Era scomparso.
E ora lei aveva dato spettacolo. I passanti guardavano nella sua direzione, mentre un gruppo di tre signore si era voltato verso di lei. Minerva chiuse gli occhi avvilita e trasse un sospiro per rincuorarsi. Qualcuno di loro aveva visto quell'uomo? Sperava ardentemente di no, ma allora dovevano tutti crederla pazza. Come avrebbe potuto spiegarsi?
Aprì gli occhi e fece un cenno sbrigativo con la mano. “Perdonatemi. Ho paura di aver piuttosto esagerato.” Si lasciò di nuovo sprofondare nella carrozza e si nascose il viso tra le mani.