Il diritto di vivere: Dramma in tre atti. Bracco Roberto

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Il diritto di vivere: Dramma in tre atti - Bracco Roberto


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Non dico che… ma… la Cooperativa, per ora, ve la riempie la pancia. Io invece, vedete, (toccandosi la pancia) non ci ho niente qui dentro. Non avrei niente da guastare… Eppure, sto attento a non far bile. Un mozzicone nella pipa, e mi diverto. (Riaccende la pipa, che s'era smorzata.)

Michele

      Quante chiacchiere che hai!

Martino

      E voi non fumate, papà Michele?

Michele

      No.

Martino

      Vi compiango.

Michele

      (un po' rabbonito) Dimmi: com'è che stai digiuno? Non lavori più da Salviati?

Martino

      (accostandosi a lui) C'era una volta una scimmia, che se ne stava accanto al fuoco…

Michele

      Auff!..

Martino

      Questa scimmia si chiamava… (S'interrompe ascoltando.)

      (Un altro tentativo d'applausi e di grida festose è represso dalle parole severe di Antonio.)

La voce di Antonio

      (la quale si ode più da vicino man mano ch'egli parla) V'ho detto che i battimani e il chiasso non mi vanno a genio!

Michele

      (s'alza e va verso il fondo, come per aspettare Antonio.)

La voce di Antonio

      (continuando) Vi permetterò d'applaudirmi e ci applaudiremo scambievolmente il giorno in cui avremo consolidata la nostra posizione con un bilancio effettivamente attivo, senza debiti e senza impicci!

Martino

      (a Michele:) Non so se mi spiego!

      SCENA III

ANTONIO, MICHELE, MARTINO, GIACOBELLI, MANGIULLI – altri operaiAntonio

      (che è ora comparso sul pianerottolo, piegando un po' il corpo sul parapetto, parla in tono alto e fraterno ai compagni che sono giù:) Il nuovo strumento di produzione, di cui oggi abbiamo sperimentata la potenza con una prova vittoriosa, è sproporzionato alle nostre attuali forze finanziarie, e potrebbe riuscirci fatale se altre forze non sapessimo trarre dalla pazienza, dalla pertinacia e sopra tutto dai sacrifizi. Pel nostro avvenire e per affrontare ogni probabile lotta è stata necessaria l'audacia d'impiantarlo. Ma esso non comincerà ad essere remuneratore per noi che quando avrà pagato completamente sè stesso. Tutto ciò voi lo sapete, e sui vostri sacrifizi io ci conto.

Voci

      Sì… sì… sì…

Martino

      (a Michele:) Dunque, questa scimmia si chiamava: Pigliabene

Michele

      Va al diavolo!

Antonio

      (continuando:) Resti dentro di noi, oggi, la festa che ci esalta. Non clamori e non baldorie. Sia frugale come al solito, oggi, il nostro desco; ma più dolce e più gaio sia il riposo, ma più saldo il proposito di arrivare, ma più libero il respiro, più libero l'animo, più libero il pensiero, più alta la fronte, e gli occhi al sole: al sole che offre a tutta quanta la natura il sacro beneficio della vita!

      (Ancora un vocìo di compiacenza e di adesione.)

Michele

      (col cuore riboccante di tenerezza e di giubilo) Antonio!

Antonio

      (discende gli scalini e lo abbraccia.) Babbo mio caro, tu sei tanto contento, lo so.

Michele

      E rimproveri a me non ne spettano. (Indicando il braccio mancante) Io non potevo batterti le mani.

Antonio

      Hai visto? Il risultato è preciso quello che io calcolavo quando la mia macchina era soltanto un semplice schizzo sopra un pezzo di carta. In fondo, anche tu non eri sicuro.

Michele

      E che conto io? Io fido ciecamente in te, e poi diffido un poco della sorte.

Martino

      (che s'era tratto da canto) E allora non dovreste rifiutare i servigi di chi viene a portarvi fortuna.

Antonio

      (voltandosi a lui) E di dove esci, tu?

Martino

      Congratulazioni e augurii!

Antonio

      Da parte del tuo padrone?

Martino

      Il padrone è morto.

Antonio

      Morto?!

Martino

      Per me.

Antonio

      Stupido!

Martino

      Per lui, campa. Altro che campa!

Michele

      Pare che il signor Guido Salviati lo abbia mandato a spasso.

Antonio

      (a Martino:) E com'è accaduto?

Martino

      L'amante gli faceva le corna.

Antonio

      E tu che c'entri?

Martino

      Gliele faceva col figlio, con l'ingegnere Franz Salviati, che è tornato dal Belgio con la barbetta a punta e il sangue in ebollizione.

Antonio

      E che colpa ne avevi, tu?

Martino

      Il padre ha creduto che io facessi da mezzano nella faccenda.

Antonio

      (con un gesto di protesta fiduciosa) Non era vero!?

(Un silenzio.)Martino

      Papà Michele, perchè non andate un po' a guardare la macchina portentosa del vostro figliuolo?

Michele

      Ti disturbo?

Martino

      Voi siete come una zitella. Certe cose non dovete sentirle.

Michele

      (andandosene, con disgusto) E tanto meno vorrei dirle, io.

Martino

      A rivederci, papà Michele.

Michele

      (a Martino:) E non gli far perdere tanto tempo con questo luridume. Puah! (Esce per la porta a sinistra.)

      (Qualche operaio attraversa in fretta il pianerottolo.)

Martino

      (chiudendone pazientemente l'uscio di vetro, si rivolge ad Antonio con aria misteriosa) E seccature non ne vogliamo.

Antonio

      Sicchè, non era vero?

Martino

      A quattr'occhi: era vero!

Antonio

      (con indignazione e ribrezzo) Sporcaccione! Un operaio onesto cade così in basso!

Martino

      (siede presso la scrivania) Mettiamo le cose a posto. Onesto, non mi sono mai vantato di esserlo. Non dico che… ma… l'onestà è un oggetto di lusso, e io… Parliamoci chiaro! (Pausa.) Dunque, il padre mi teneva a stecchetto come operaio, e il figlio mi pagava bene… come uomo di mondo. Potevo immaginare che nel caso di essere scacciato dal padre, anche il figlio avrebbe avuto il prurito di lasciarmi in asso? E intanto, per San Gioacchino protettore dei gobbi, così è successo, capite!

Antonio

      Ben ti sta. (Siede dall'altro lato della scrivania.)

Martino

      È mala gente, credete a me; è gente che ha tanto di pelo sulla coscienza.

Antonio

      Ma si lavora, mio caro, si lavora tranquillamente, e non si va a giuocare e a bere e a ubbriacarsi come hai fatto sempre tu. Con la vitaccia che hai menata, chi vuoi che ti compatisca, ora?

Martino

      Giuocare e bere, non lo nego. Ma si giuoca per vincere e non già per perdere; e poi… si beve per dimenticare che invece di vincere si è perduto. E fossero questi i guai! I guai stanno a casa: quei cinque chiodi che mi mettono in croce!..

Antonio

      Cinque figli hai?!..

Martino

      Oltre la madre che li ha fatti. Lei dice che li ho fatti anch'io; ma io


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