Il diritto di vivere: Dramma in tre atti. Bracco Roberto

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Il diritto di vivere: Dramma in tre atti - Bracco Roberto


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tu te la tieni?

Martino

      E me la tengo, perchè dove la troverei un'altra donna che mi scaldasse il letto? Ne trovai una che mi disse di sì, e me la sposai. Se perdo questa, felicissima notte! Dunque, i figli ci sono. Miei o non miei, questo è un altro paio di maniche. Stanno in casa mia e ci devo pensare io, perchè il Governo non ci pensa, e non ci pensa nessuno. Quando saranno grandi, se la sbrigheranno loro. Per ora sono piccoli, e, a quell'età, poveretti, non potrebbero nemmeno rubare. Non dico che… ma… se ne avessero la vocazione…

Antonio

      (interrompendolo) Per quanto è vero che esisto, sei un gran brutto mostro! E il peggio è che qualche cosa di giusto c'è nelle mostruosità che ti escono di bocca.

Martino

      Voi siete un uomo col quale si può discorrere.

Antonio

      E si può sopratutto fare a meno dei preamboli. La ragione della tua visita non è ancora venuta fuori. Abbrevia e concludi, perchè ho da fare.

Martino

      Se mi favorite da bagnarmi la gola, parlerò più spedito. La Cooperativa oggi è in festa e un bicchiere di vino vecchio ci deve essere.

Antonio

      Non rompere le scatole! Qui si beve acqua nei giorni solenni come negli altri.

Martino

      (con gravità comica) Non abbiamo gli stessi principii! E vengo al quidquid del nostro discorso. Bazzicando, per quel che v'ho detto, nella casa e nell'ufficio dei signori Salviati padre e figlio, un poco afferrando qualche parola in aria, un poco mettendo l'orecchio alle porte, ho appurato che la vostra Cooperativa avrà vita breve!

Antonio

      Non continuare, chè ti spacco la testa!

Martino

      Spaccate quel che volete, ma la verità resta in piedi.

Antonio

      La verità è che il signor Salviati si rode ch'io non abbia ceduti a lui i miei progetti per una manciata di soldi, quando gli ero anch'io sottoposto.

Martino

      La verità è che egli è deciso a tutto per accopparvi.

Antonio

      E noi siamo decisi a tutto per difenderci!

      (Attraverso la vetrata, si vede un giocondo andirivieni di operai. Sono dapprima due o tre, poi son quattro, poi dieci, poi una quindicina. Si scorge, dai gesti, che alcuni di essi parlano e scherzano con i compagni che sono giù nella sala del lavoro o per la scala. Indi, alcuni portano scodelle, forchette e grossi pezzi di pane. Si ciarla, si ride, qualche tovagliolo vola per aria dall'uno all'altro. C'è chi rincorre il suo compagno, chi l'afferra, chi si lascia afferrare. Qualcuno guarda con curiosità dietro la vetrata.)

      (La conversazione fra Antonio e Martino continua, senza interruzione, chiara e serrata.)

Martino

      Ingrandirà la sua officina, aumenterà il numero degli operai, accetterà commissioni senza guardare a prezzo, se voi domanderete dieci, egli domanderà cinque, e così… tutto quello che segue in San Matteo. Ci rimetterà un occhio e magari tutt'e due, e se ne infischierà, perchè chi ha panno da tagliare e scherza coi milioncini non ci pensa due volte a cavarsi certi gusti: e, quando vi avrà messi con le spalle al muro, chiamerà i creditori della Cooperativa, e farà il resto. La vostra officina meccanica con tutte le vostre invenzioni, presto o tardi, dovrà cadere nelle sue grinfe; e allora, qui, nelle province meridionali, egli resterà senza concorrenti e guadagnerà ciò che vorrà guadagnare. Questo è il catechismo, e adesso leggetevelo voi. Io ho fatto il mio dovere, e, se Dio vuole, (battendo sulla scrivania la pipa spenta per vuotarla) anche il tabacco è terminato.

Antonio

      (alquanto impressionato, dissimula, e, con alterigia sprezzante, lentamente si alza, si avvicina alla cassa forte e ne tira lo sportello.)

Martino

      Si apre la custodia… Alle reliquie, ci siamo!

Antonio

      (cava un po' di danaro e lo dà a Martino) Questo, per i tuoi figli.

Martino

      (intascando) E per i miei vizi, niente?

Antonio

      (dandogli ancora qualche moneta) Prendi. E che sia l'ultima volta. Storie vecchie le tue rivelazioni. E poi, è inutile! Il tuo spionaggio, qui non attecchisce. Ci siamo capiti?

Michele

      (entra dalla porta a sinistra, portando una scodella fumante e del pane.) Ma lascialo gracchiare, e vieni a prendere un boccone, che è tardi. (Attraversa la scena e spinge col piede l'uscio di fondo, che resta aperto.)

Antonio

      Oh! oh! Credevo che proprio oggi io dovessi fare penitenza. Portamela laggiù, babbo, la mia colazione: presso la macchina nuova. Senza perdere tempo, voglio rispondere a certe acute osservazioni fattemi da Giacobelli e da Mangiulli.

Michele

      (scende la scala.)

Giacobelli

      (avanzandosi dal fondo) Ma no, Antonio, oramai sono convinto.

Antonio

      O che ti penti di essere stato franco? Io voglio mostrarti chiaramente che quel centimetro di distanza fra i due «ganci di presa» ci basta e ci soverchia. Ci deve bastare.

      (Altri operai sono entrati, altri sono rimasti sul pianerottolo presso la porta.)

Martino

      (avviandosi comicamente verso l'officina) Vado a darci un'occhiata anch'io.

Giacobelli

      (mettendoglisi dinanzi) Chi ti prega d'immischiarti dei fatti altrui?

Martino

      Non tanta superbia, oh!

Mangiulli

      (a Martino:) Sanguisuga!

Martino

      Con questa sanguisuga, però, chi sa che presto o tardi non vi ritroverete tutti quanti sotto lo stesso padrone come in temporibus illis!

Antonio

      Ritornaci tu, per ora, da chi può aver bisogno dei tuoi mestieri.

Martino

      Eh!.. quanto a me, in un modo o nell'altro, ci ritorno.

Antonio

      E digli bene, a quel gentiluomo, che, essendo venuto tu a farci una visita con la bocca piena di fiele e lo stomaco vuoto, hai trovata la nostra officina viva, esultante, fiorente…

Martino

      Se vi fa piacere…

Antonio

      … e che mentre mi raccontavi le tue pene e la tua fame e le turpitudini sue e di suo figlio, gli operai della Cooperativa, godendosi una mezz'ora di riposo, mangiavano allegramente la loro brava minestra…

Martino

      Dirò anche questo…

Antonio

      … e che io, Antonio Altieri, dopo di aver compiuto un piccolo atto di pietà per conto mio e dei miei compagni soccorrendo un operaio senza lavoro…

Martino

      (interrompendolo con falsa ammirazione) Avete tanto di cuore, questo è vero!..

Antonio

      (mal frenandosi) … ho guardata con ribrezzo la faccia del più volgare traffichino, e, per essere sicuro di non vedermelo più capitare fra i piedi, (con ira e disprezzo) … l'ho messo alla porta! Questo devi dirgli.

Martino

      (dà a sè stesso uno scappellotto e alza grottescamente le spalle) Ecco… non dico che… ma…

Antonio

      (tonante) Vattene! (Gli fissa addosso uno sguardo di fiamma.)

Martino

      (se ne sente come sopraffatto. Non scherza più. Non osa più parlare. Mette il berretto, e, quatto quatto, guardando Antonio con la coda dell'occhio, va via per la porta a destra.)

Antonio

      (che non ha cessato di fissarlo finchè non sia sparito, esce, indi, per l'uscio di fondo, dicendo a Mangiulli e a Giacobelli:) Andiamo.

(Mangiulli e Giacobelli lo seguono.)

      SCENA IV

LAROSSA, SANTINI, PANUNZIO,
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