Le Veglie Di Giovanni. Johann Widmer

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Le Veglie Di Giovanni - Johann Widmer


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boccone per boccone.

      “Non avere paura dei funghi velenosi” spiegava l’ospite. “Questa storia dei funghi velenosi è soltanto una favola, non esistono funghi velenosi. Tutti i tipi di funghi sono commestibili se preparati nel modo giusto. Persino l’ovolo malefico è considerato una squisitezza in Ucraina, e anche l’amanite phalloide (a torto maledetta) sono entrambe specie commestibili.

      “Anche l’amanita phalloide?” dubitava Alberto.

      “Assolutamente si”, proclamava Giacomo, “Ma soltanto se è trattato in modo opportuno. Per prima cosa non va lavato in nessuna circostanza, altrimenti l’albume contenuto nel fungo si tramuta in un veleno mortale, quello che sappiamo. Poi, questo è molto importante, deve essere cotto in un buon vino bianco secco, mai nell’acqua, a fuoco lento e poi, scolato bene, addizionato con panna fino a cottura ultimata. Niente sale, per carità! Mentre si mangia bisogna bere abbondante vino il quale neutralizza eventuli particelle velenose. Forse ce ne sono anche nel nostro piatto. Dunque, cin cin e salute per noi tutti, brindiamo di nuovo!”

      Carlo, molto turbato, diceva:” Non fate questi brutti scherzi, non è più divertente!”

      “Io, fare dei brutti scherzi?” rispondeva Giacomo offeso, “mi conoscete bene, sono magari uno che si sta burlando di cose serie? Sono un bugiardo, uno spaccone, un burattino? No, mio caro Carlo, questo tema è troppo serio per permettersi di scherzarci sopra, ma quello che vi ho detto a proposito della preparazione dei funghi, di tutti i funghi, è la pura verità, sperimentato sulla mia pelle.” E in tono confidenziale continuava:” A voi lo posso dire tranquillamente che non conosco i funghi, proprio per niente, perchè secondo la mia teoria non ha importanza, perchè la tossicità dei funghi dipende unicamente e soltanto della lora preparazione e se si conoscono alcuni trucchi l’amanita phalloide si trasforma in una festa per il palato.”

      E a occhi chiusi addentò una porzione di questa leccornia.

      Dopo una lunga pausa continuava: “Inoltre le statistiche confermano in modo assoluto che le vittime da avvelenamento non muiono per aver ingerito funghi tossici, ma per un semplice arresto cardiaco, vuol dire che muoiono della paura di aver mangiato un fungo velenoso. La scienza lo chiama funghicidio psichosomatopatologico, cioè morte per suggestione di aver ingoiato un fungo tossico. Molto interessante è il fatto che i sintomi di avvelenamento sono assolutamente simili a quelli di un veleno nervino, come dopo un bicchiere di stricnina.”

      Carlo, ascoltando tutte le spiegazioni, era sbiancato e voleva finalmente avere la certezza del suo destino, implorando il suo vicino per tutti i santi e tutto quello che gli era caro, di dire francamente se conosceva i funghi, sì o no.

      Invece di una risposta costui guardava il soffitto con l’aria innocente, sospirando e alzando le spalle.

      Quando sua moglie si accorgeva che l’atmosfera aveva toccato il fondo, iniziava a ridere:” Ah! Gente, ormai dovreste conoscere bene il buon Giacomo, è un gran furbacchione. Lui, non conoscere i funghi! Abbiamo mezzo salotto pieno di libri sui funghi nei quali si immerge nelle ore notturne e con quello che lui sa di funghi, si potrebbero fare persino due dei professori.”

      Risata liberatoria.

      Giacomo si difendeva inutilmente, tutti erano sollevati. E quando qualcuno diceva di non dimenticare di bere vino, nel caso si fossero introdotti più di un Verde nella pietanza, tutti tiravano un sospiro di sollievo.

      La sua minuziosa descrizione del decorso di un’intossicazione da funghi non arrivava bene a fuoco nelle loro coscienze, già parecchio confuse dal vino. L’atmosfera diventava sempre più allegra. Persino Carlo sembrava aver perso l’iniziale timore.

      Infine, si trovavano altre tematiche e a mezzanotte si salutavano dopo aver trascorso una serata allegra e ben riuscita.

      Il tasso alcolico nel sangue degli uomini sarebbe bastato per il ritiro della patente a vita. Fortunatamente si potevano ancora percorrere i pochi metri a piedi fino alla propria dimora. Si reggevano ancora abbastanza bene sulle gambe, anche grazie all’aiuto delle mogli.

      Verso le due Carlo si svegliava.

      Si sentiva malissimo, la testa gli doleva e si sentiva da cani.

      La nausea aumentava sempre di più. Con fatica si trascinava in bagno.

      Questa maledetta bevuta... non la reggeva per nulla... o... Di colpo era sveglio.

      Intossicazione da funghi!

      Si sentiva una stretta al cuore.

      In bagno vomitava. Funghi, funghi! Funghi verdastri, brillanti! Si sentiva sempre peggio.

      O si trattava semplicemente di immaginazione? Ma... calma e sangue freddo.

      Questi sintomi erano anomali, potevano soltanto dipendere da intossicazione da funghi.

      Senso di soffocamento, tachicardia galoppante, fronte gelata, polso quasi impercettibile, fibrillazione cardiaca, attacchi di vertigini permanenti, sensazioni di malattia grave, difficoltà respiratoria, fitte renali, crampi ai polpacci.

      Tutto esattamente come aveva descritto Giacomo la sera prima.

      Brividi freddi attraversavano il suo corpo, poi sentiva caldo, di nuovo il senso di strozzamento nella gola e quando voleva piegarsi, si sentiva svenire.

      A quattro zampe si trascinava lungo il corridoio fino alla stanza da letto di suo fratello.

      Origliava.

      Grazie a Dio, erano ancora vivi.

      Rifletteva se fosse stata soltanto un’illusione o se avesse bevuto troppo.

      Nodo alla gola, senso di vertigine, crampi ai polpacci ...

      Adesso sentiva suo fratello gemere dal dolore. Tutto era chiaro.

      Si trattava di minuti. Stato d’allarme.

      Il fratello, insieme alla moglie, apparivano sulla porta, spaventati, pallidissimi, confusi.

      Infine, la cognata borbottava qualcosa ... della vergogna di bere di più di quello che si riesce a sopportare. Ma Carlo rantolava: “funghi...velenosi...velenosi. Ho già dei crampi ai polpacci e il mio cuore batte alla follia...oh, mi sento male, male da morire. Ma voi non sentite niente? Dobbiamo andare all’ospedale, subito, lavanda gastrica, altrimenti saremo morti domani, oh mamma mia, io, io devo morire!”

      Alberto era bianco come un lenzuolo e quando voleva chinarsi verso suo fratello, anch’esso sentiva questo strozzamento, il coniato da vomito, le vertigini e le ginocchia deboli.

      A tastoni arrivava fino in bagno e vomitava.

      Carlo sbraitava come un moccioso quando si rendeva conto che anche suo fratello era candidato alla morte.

      La moglie di Alberto era diventata insicura e volendo essere onesta, anche lei sentiva questa pressione sullo stomaco, una sorta di vertigine rotante nella testa, esattamente come descritto da Giacomo. E all’improvviso si faceva prendere dal panico.

      Via, di corsa all’ospedale!

      Correvano, sfrecciavano all’impazzata per la loro vita. Alberto al volante, si capisce, malgrado la vista calante e le gambe tremanti. Fortunatamente c’era poca gente in giro, arrivavano senza problemi all’ospedale.

      Il dottore del pronto soccorso capiva subito la situazione, queste vite erano in serio pericolo, appese ad un filo sottile. Carlo sveniva in continuazione. Alberto trovava la lavanda gastrica assai disgustosa e antipatica, si comportava in modo lamentevole.

      Stranamente, sua moglie rinunciava a questo trattamento, affermando di sentirsi abbastanza bene e di aver voglia di tornare a casa. Doveva essersi stancata dalla vita. Sembra che queste cose si rivelino in situazioni estreme.

      Venivano trasferiti nei letti d’ospedale per ulteriori accertamenti.

      L’infermiera di notte misurava il polso, il battito cardiaco, la temperatura e la pressione del sangue.

      I due fratelli sentivano arrivare la loro ultima ora, si compativano a vicenda


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