Il Quadriregio. Frezzi Federico

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Il Quadriregio - Frezzi Federico


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'l cervio corre e su lo monte sale;

              e dietro i can correndo vanno appresso.

              E poi che giunto fu nel piano equale,

        125 passato arebbe il monte, se non fosse

              che Lisna bella gli die' d'uno strale.

              Allora quello addietro alquanto mosse,

              ed un fier can mastin gli prese il volto,

              e Marsa ninfa d'un dardo il percosse.

        130 Per questo il cervio, alla man destra vòlto,

              ver' quelle di Iunon fece l'andata;

              e questo a Lisna bella increbbe molto.

              Ipodria bella, tutta rallegrata:

              – Fa' – disse, – o Iuno, che vinciam la festa;

        135 dá' or questa vittoria a tua brigata.

              L'aspere ninfe della dea foresta

              non l'han saputo aver, ma s'è fuggito:

              però è degno che perdan l'inchiesta. —

              Quando quel cervio presso a lei fu ito,

        140 d'un fiero dardo gli passò la spalla,

              tal che egli a terra cadde giú ferito.

              Come che gente alcuna volta balla

              per la vittoria, che giá aver si spera,

              e poi si scorna se l'effetto falla;

        145 cosí fên quelle, ché Lisbena, ch'era

              dall'altra parte, disse: – Abbi memoria,

              o dea Diana, della nostra schiera:

              fa' che le ninfe tue abbian la gloria

              di questa caccia, acciò che non sia ditto

        150 ch'altri che tu ne' boschi abbia vittoria. —

              Per questo il cervio si levò su ritto;

              ché quelle di Iunon non eran corse

              insino a lui, ma sol l'avean trafitto.

              Poi per la costa giú correndo corse

        155 per gire al fonte, che stava a rimpetto;

              ma Lisna, quando di questo s'accorse,

              un legno attraversò 'n un passo stretto

              lá onde convenía ch'egli passasse;

              e quel correndo vi percosse il petto.

        160 Lisbena in quello d'un dardo gli trasse

              nel fianco manco e passò l'altro canto,

              onde convenne che 'l cervio cascasse.

              L'aspere ninfe s'allegraron tanto,

              quanto si possa dir, ognuna certa

        165 che d'aver vinto si potea dar vanto.

              Tagliôn la testa, e di bei fior coperta

              portavanla a Diana, e lei fe' segno

              che a dea Iunon ne facessero offerta.

              Ella accettò con aspetto benegno:

        170 Lippea e le compagne il volto basso

              tenean d'ira e di vergogna pregno,

      ché 'l lor pensier era venuto in casso.

      CAPITOLO VII

      Come la ninfa Lippea fu coronata della ghirlanda, che avea vinta.

              Per questo Lippea bella è disdegnosa;

              e perché vinta gli parea a ragione

              quella grillanda tanto preziosa,

              andò piangendo all'alta dea Iunone,

          5 dicendo a lei: – Perché le paraninfe,

              che vengon dietro a te, cosí abbandone?

              Queste silvestre e queste rozze ninfe

              di dea Diana, tra' boschi assuete

              e tra li scogli e valli e tra le linfe,

         10 perché han vinto il cervo, stanno liete

              e stan superbe e fan di noi dispregio

              con beffe e riso e con parol secrete.

              Perché a me, che son del tuo collegio,

              la mia vinta corona mi si nega?

         15 Io 'l dico per l'onor e non pel pregio.

              Se il pregio mio, regina, non ti piega,

              mover ti debbe la mia compagnia:

              vedi che ognuna per me te ne prega. —

              Iunon alquanto a ciò sorrise pria,

         20 e poi benigna a lei la man distese,

              dicendo: – Usar convien qui cortesia.

              Dacché Diana tien questo paese,

              e noi venimmo ad onorar sua festa,

              ben è che 'nverso lei io sia cortese.

         25 La tua vittoria a tutte è manifesta,

              e tutte veggon ch'è tua la grillanda

              e che l'emula tua perde la 'nchiesta.

              Ma va' a Diana ed a lei la domanda:

              cosí a me piace e voglio che si faccia

         30 da te e dall'altra ciò ch'ella comanda. —

              Allora andò con reverente faccia

              e disse a lei: – O figlia di Latona,

              con reverenza io prego che ti piaccia

              che mi sia data la vinta corona;

         35 tu sai, Diana, che secondo il patto

              debbe esser mia, e ragion me la dona. —

              La dea rispose a lei con benigno atto:

              – D'allora in qua, Lippea, bene ti vòlsi,

              che festi alla grillanda sí bel tratto.

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