Amata . Морган Райс

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Amata  - Морган Райс


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il mio cambiamento. Diventavo decisamente più forte, più veloce, più sensibile alla luce. Avvertivo anche gli odori intorno a me. Gli animali agivano in modo strano in mia presenza, e io stessa sentivo il mio strano comportamento intorno a loro.

      E poi c'era la mamma. Mi ha detto di non essere la mia vera madre, e poi è stata uccisa da quei vampiri, gli stessi che mi stavano inseguendo. Non avrei mai voluto vederla soffrire in quel modo. Penso ancora che sia stata colpa mia. Ma non posso seguire anche tutto il resto. Devo concentrarmi su quello che riguarda me stessa, quello che riesco a controllare.

      Poi sono stata presa. Quegli orribili vampiri. E poi, la mia fuga. Caleb. Senza di lui, sono certa che mi avrebbero uccisa. O peggio.

      Il branco di Caleb. La sua gente. Così diversa. Ma i vampiri, tutti uguali. Territoriali. Gelosi. Sospettosi. Mi hanno scacciata, e non gli hanno dato alcuna scelta.

      Ma ha scelto. Nonostante tutto, ha scelto me. Mi ha salvato di nuovo. Ha rischiato tutto per me. Lo amo per questo. Più di quanto lui possa mai sapere.

      Devo aiutarlo io ora. Crede che io sia la prescelta, una sorta di vampira messia. E' convinto che lo condurrò ad una specie di spada perduta, che porterà la fine di una guerra dei vampiri, e salverà tutti. Io proprio non ci credo. La sua gente non ci crede. Ma io so che è tutto ciò che ha, e questo significa tutto per lui. Ed ha rischiato ogni cosa per me, ed è il minimo che io possa fare. Per quanto mi riguarda, non credo veramente alla storia della spada, è solo che non voglio vederlo andar via.

      Perciò farò tutto il possibile. Ho sempre voluto cercare di trovare mio padre, in ogni caso. Voglio conoscere la sua identità. Chi sono io davvero. Se sono davvero per metà vampira, o per metà umana o qualsiasi altra cosa. Se non altro, voglio solo sapere che cosa sono diventata…

      *

      “Caitlin?”

      Si svegliò stordita. Alzò lo sguardo per vedere Caleb che vegliava su di lei, con le mani poggiate gentilmente sulla sua spalla. Lui sorrise.

      “Credevo ti fossi addormentata,” disse.

      Lei si guardò intorno, e vide il suo diario poggiato sul suo grembo e lo chiuse di scatto. Sentì le sue guance arrossire, sperando che lui non avesse letto nulla. Specialmente la parte in cui descriveva i sentimenti che nutriva nei suoi confronti.

      Lei si tirò e si strofinò gli occhi. Era ancora notte, e il fuoco era ancora acceso, sebbene si fosse quasi ridotto a semplice brace. Anche lui doveva essersi appena svegliato. Lei si chiese per quanto tempo avesse dormito.

      “Scusa,” lei disse. “E' la prima volta che dormo da giorni.”

      Lui sorrise di nuovo, e attraversò la stanza per avvicinarsi al camino. Vi gettò diversi ciocchi, e il legno iniziò a crepitare e scoppiettare, man mano che il fuoco cresceva. Lei avvertì il calore raggiungerle i piedi.

      Lui restò lì, accanto al fuoco, e il suo sorriso scemò lentamente, quasi come se si perdesse nei suoi pensieri. Poiché guardava le fiamme, il suo volto era illuminato da una luce calda, facendolo apparire ancora più bello, se fosse stato possibile. I suoi grandi occhi marrone chiaro si spalancarono, e, mentre lo guardava, cambiarono colore, diventando verde chiaro.

      Caitlin si sedette in posizione ancora più eretta, e vide che il bicchiere di vino rosso era ancora colmo. Ne prese un sorso, e la riscaldò. Non mangiava da un po', e le andò diritto alla testa. Vide l'altro bicchiere di plastica poggiato lì, e ricordò le buone maniere.

      “Posso versartene un po'?” chiese, aggiungendo poi nervosamente, “cioè, non so se bevi—”

      Lui sorrise.

      “Sì, anche i vampiri bevono il vino,” disse sorridente, e si avvicinò a prendere il bicchiere che lei gli riempiva.

      La ragazza era sorpresa. Non dalle sue parole, ma dalla sua risata. Era morbida, elegante e sembrava riecheggiare in tutta la stanza. Come tutto di lui, anch'essa era misteriosa.

      Lei lo guardò negli occhi e lui si portò il bicchiere alle labbra, sperando che anche lui ricambiasse il suo sguardo.

      Lo fece.

      Poi distolsero lo sguardo nello stesso momento. Lei sentì il cuore batterle più forte in petto.

      Caleb ritornò al suo angolino, sdraiandosi tra le balle di fieno, e guardandola. Ora sembrava che la stesse studiando.

      Lei ne sembrò consapevole ed, inconsciamente, fece scorrere la mano lungo i vestiti, desiderando aver avuto a disposizione indumenti più carini. La sua mente vagò, tentando di ricordare che cosa indossasse. Lungo la strada, da qualche parte, non ricordava esattamente dove, si erano fermati in una città per breve tempo, e lei si era recata nell'unico negozio presente – uno dell'Esercito della Salvezza – ed aveva trovato un cambio di abiti.

      Guardò in basso con timore e non riusciva nemmeno a riconoscersi. Indossava dei jeans lacerati e sbiaditi, delle scarpe da tennis di una misura più grande della sua, e un maglione su una t-shirt. Sopra, indossava una giacca da marinaio viola e sbiadita, a cui mancava un bottone, anch'essa troppo grande per lei. Ma era calda. E, in quel momento, era ciò di cui aveva bisogno.

      Si sentì cosciente di se stessa. Perchè lui doveva vederla in quel modo? Era stata proprio sfortunata, visto che la prima volta che incontrava un ragazzo che davvero le piaceva, non aveva neanche la possibilità di sembrare carina. Non c'era il bagno nel fienile, e, anche se ci fosse stato, lei non aveva il trucco con sè per rendersi presentabile. Distolse ancora una volta lo sguardo, sentendosi alquanto imbarazzata.

      “Ho dormito tanto?” chiese.

      “Non lo so. Mi sono appena svegliato,” disse lui, sempre sdraiato e passandosi la mano tra i capelli. “Mi sono nutrito prima stanotte. Mi ha scombussolato.”

      Lei lo guardò.

      “Spiegami,” lei disse.

      Lui la guardò.

      “Nutrirsi,” lei aggiunse. “Come, com'è che funziona? Tu ... uccidi le persone?”

      “No, mai,” fu la risposta.

      La stanza sembrava tranquilla, mentre lui raccoglieva i suoi pensieri.

      “Come ogni cosa che appartiene alla razza dei vampiri, è complicato,” disse. “Dipende dal tipo di vampiro che sei, e al branco a cui appartieni. Nel mio caso, mi nutro solo di animali. Soprattutto cervi. Ce ne sono troppi, in ogni caso, e anche gli umani danno loro la caccia – e non certo per mangiarli.”

      La sua espressione divenne cupa.

      “Ma gli altri branchi non sono così gentili. Si nutrono degli umani. In genere gli indesiderabili.”

      “Gli indesiderabili?”

      “Senzatetto, vagabondi, prostitute... quelli che non vengono notati. E' così che è sempre stato. Non vogliono richiamare l'attenzione sulla razza”.

      “Ecco perchè consideriamo il mio branco, la mia razza di vampiro, purosangue, e gli altri impuri. Ciò di cui ti nutri... ti infonde energia.”

      Caitlin si sedette, a pensare.

      “E io?” chiese.

      Lui la guardò.

      “Perchè a volte ho bisogno di nutrirmi e altre no?”

      Lui aggrottò un sopracciglio.

      “Non ne sono sicuro. Con te è diverso. Sei una mezzasangue. E' una cosa molto rara.. io so che tu diventi adulta. Gli altri invece, si trasformano da un momento all'altro. Nel tuo caso, è un processo. Ti occorre tempo per trovare la tua stabilità, per affrontare i tuoi cambiamenti.”

      Caitlin ripensò e ricordò le fitte allo stomaco dovute alla fame, come l'avessero sopraffatta così dal nulla. Come l'avessero resa incapace di pensare a nulla, se non a nutrirsi. Era stato orribile. Temeva il ripetersi della cosa.

      “Ma come faccio a sapere quando riaccadrà?”

      Lui


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