Un Abbraccio Per Gli Eredi . Морган Райс

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Un Abbraccio Per Gli Eredi  - Морган Райс


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pensieri che lentamente svanivano, come anche le loro vite. La cosa peggiore era che Sofia riconosceva quella gente. Aveva visto i loro volti e sentito le loro menti prima d’ora, nel viaggio verso la Città Dimenticata. Però questo non aveva senso. Erano passate solo poche ore.

      Il tempo scorre diversamente dalle due parti del cancello, le disse Aia con il pensiero. È passato più tempo di quanto pensi.

      Lo stesso, dovevano essere tornati subito indietro non appena si erano accorti che lei e i suoi fratelli erano spariti, e la loro ricompensa per quella notizia era stata… questo. Così tanti erano stati uccisi lì, e Sofia poté vedere Lani, l’interprete, trattenuta da due guardie, in attesa del palo successivo. Sembrava essere uno degli ultimi sopravvissuti.

      Re Akar sedeva nel mezzo e sembrava quasi felice di tutta quella crudeltà. Sofia si sentì stringere il cuore per come l’aveva valutato erroneamente.

      “Mi hai ingannato,” disse avanzando verso di lui.

      Non appena i suoi dodici guerrieri entrarono nella stanza del trono, soldati armati di lance e moschetti apparvero da ogni lato. Dovevano essere una trentina, un numero sufficiente per avere la meglio sulla sua dozzina di guerrieri.

      Il re Akar parlò, e Aia tradusse accanto a Sofia.

      “Ho agito per proteggere il mio regno,” disse. “Sono il re qui, e hai pensato di poter attraversare le mie terre prendendo quello che volevi?”

      “Perché hai ucciso tutte queste persone?” chiese Sofia indicando la galleria di cadaveri disposta attorno alla stanza del trono. “Erano tuoi sudditi.”

      “Come dici, erano miei, e mi hanno tradito,” disse re Akar, sempre tradotto da Aia. “Dovevano evitare che te ne andassi a zonzo, mostrarti in modo sicuro le rovine della Città Dimenticata e assicurarsi che non rubassi nulla.”

      “Non avevi neanche intenzione di mostrarci la vera Città Dimenticata, no?” chiese Sofia.

      “Non sono sicura che sappia dove si trova,” disse Aia accanto a lei. “Non è stato questo re a prenderci la pietra cuore. Forse uno dei suoi antenati. Ti avrebbe mostrato il punto dove si trovava una città commerciale, davanti ai nostri vecchi cancelli, immagino, fingendo che fosse quella vera.”

      “Cosa sai tu della Città Dimenticata del nostro regno?” chiese il re Akar.

      Sofia rispose. “Aia e gli altri vengono da lì, dal posto dove effettivamente si nascondevano i miei genitori. Tu hai cercato di fermarmi a ogni svolta, re Akar. Hai cercato di ingannarmi, depistarmi, spiarmi. Avevo intenzione di chiudere un occhio quando pensavo che ti interessasse sinceramente il tuo regno, ma questo?”

      Riportò la sua attenzione sul massacro. Non poteva immaginare come un governatore potesse fare una cosa del genere al suo popolo, e il fatto che lui l’avesse fatto qui nella sua sala lo faceva apparire come se quella cosa gli piacesse. Sofia si era davvero sbagliata così tanto?

      Re Akar disse una cosa che fece esitare Aia. “Sono io il re qui, nessuno sta sopra di me. Nessuno decide vita e morte qui, se non io, eletto dagli dei! Chi sei tu per giudicarmi?”

      Sofia esitò, cercando di trovare una via diplomatica. Quella era una terra diversa, con modi e abitudini diverse.

      “Sono ancora la regina del mio regno,” disse. “Vorrei che ci fosse una salda amicizia tra le nostre due terre. Abbiamo così tanto da offrirci reciprocamente.”

      “Forse,” disse re Akar.

      Non era molto, ma pur sempre un punto d’inizio.

      “E io vorrei che questo si fermasse qui, come segno di amicizia,” aggiunse Sofia, aspettando che Aia traducesse. “La tua gente non ti ha tradito: siamo stati io e i miei fratelli a scappare. Siamo difficili da tenere sotto controllo.”

      “Ho sentito storie di alcune delle cose che avete fatto strada facendo,” disse re Akar. “Sembravano delle fantasie. Affermi di aver trovato la Città Dimenticata?”

      “La vera Città Dimenticata,” disse Sofia, memore di ciò che aveva detto Aia.

      “E hai trovato i tuoi genitori?” chiese, sempre attraverso Aia.

      Questo portò un’ondata di nuovo dolore. Era tutto ancora troppo recente, le ferite delle loro morti ancora troppo vicine. Sofia avrebbe voluto poter restare di più, averli visti sepolti con onore.

      Li onori con la tua presenza qui, le disse Aia con il pensiero.

      “I miei genitori sono morti mentre ero nella città,” disse Sofia.

      “Mi spiace sentire tale notizia,” disse re Akar. Sofia dubitava che fosse sincero.

      “Ma non prima di dare un compito a me e ai miei fratelli,” disse Sofia. “Hanno detto che è in arrivo un grande male, e che per proteggerci contro di esso dobbiamo mettere insieme le pietre delle cinque case degli elementi. La Città Dimenticata una volta possedeva la pietra cuore del fuoco, ma ora mi è stato detto che essa si trova nelle tue mani.”

      Re Akar parve per un momento scioccato, poi allungò la mano verso la propria corona, e fra tutti i diamanti raccolse una pietra simile a un rubino. Sembrava decorata con scene del deserto, disegni così intricati che Sofia sospettava di poter passare ore a guardarli senza comunque riuscire a vederli tutti.

      L’uomo e Aia ebbero un breve scambio che Sofia non poté capire. Re Akar rise e si alzò in piedi, torreggiante sopra a Sofia.

      “E come posso sapere che questi dodici sono ciò che affermano di essere?” tradusse Aia quando l’uomo parlò. “Penso che non ci vorrebbe poi molto a dipingere d’oro un po’ di armature. E per questo motivo dovrei cedere il tesoro più grande del mio regno?”

      Re Akar fece silenzio per diversi secondi. Nel frattempo Sofia dispiegò i propri poteri verso la sua mente. Ciò che vide le fece serrare i pugni. Questo era un uomo che provava rabbia per il passato, e l’orgoglio di tenere libero il suo regno, un regno che era stato attaccato da quello della vedova o altri del genere. Allo stesso tempo, non si poteva negare che fosse un uomo crudele, che governava il suo popolo con il pugno di ferro. Stava immaginando come sarebbe stato prendere Sofia come prigioniera e farle guardare le morti degli altri.

      “Per il bene dell’amicizia tra i nostri regni,” disse Sofia, “non ti sto chiedendo di darmi un rubino: ti sto chiedendo di prendere parte nel prevenire ciò che sta arrivando. Vieni con noi a farlo. Metti la pietra dove dovrebbe essere. Porta il tuo esercito e aiutaci a combattere.”

      Il re esitò un momento, e poi parlò nella lingua del regno della vedova, senza bisogno di alcuna traduzione.

      “Mi hai chiesto oggi due cose per il bene dell’amicizia,” disse. “Te ne garantisco una. In cambio dei diritti di commercio nel tuo regno, viaggerò con te, e userò la mia pietra come deve essere usata. La mia gente vedrà l’eroe che sono.”

      Il breve momento di gioia di Sofia venne interrotto dal ricordo dell’altra cosa che gli aveva domandato.

      “Ti ho chiesto di fermare le uccisioni, di risparmiare Lani,” disse.

      “È così che si chiama?” chiese re Akar. Scrollò le spalle. “Mi ha tradito. Tu resterai qui e la vedrai giustiziare, e poi saremo alleati, va bene?”

      Sofia vide i suoi occhi che la scrutavano. Guardando nella sua mente, poté vedere che stava aspettando un suo assenso, o che si dimostrasse tanto tenera di cuore da rinunciare alla pietra per il bene di una servitrice. O ancora meglio che gli desse una scusa per catturare lei e il suo seguito, sicuro delle sue trenta guardie forti e ben allenate…

      Se non si fosse trovava in un momento di lutto, Sofia avrebbe potuto pensare a qualche modo sottile per svincolarsi da quella situazione, avrebbe potuto trovare un modo per persuaderlo con le parole o con la magia. Avrebbe forse potuto respingere il proprio disgusto per le cose che lui programmava di fare se lei e il suo seguito avessero opposto resistenza. Avrebbe potuto ignorare il fatto che lui si stesse godendo di questa intera situazione.

      “Ti


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