Quasi scomparsa. Блейк Пирс
Читать онлайн книгу.famiglia era decisamente tossica”, disse Jess. “Mi mancavano di rispetto e mi umiliavano. Il lavoro che dovevo fare esulava completamente dai miei compiti; a loro non importava, e si rifiutavano di cambiare le cose. E quando ho detto che me ne sarei andata — è lì che è diventato un campo di battaglia”.
Cassie si morse il labbro. Aveva avuto la stessa esperienza, crescendo. Si ricordava voci alte dietro porte chiuse, litigi bisbigliati in auto, un incredibile senso di tensione. Si era sempre chiesta quali motivi potesse mai riuscire a trovare sua madre — così tranquilla, sottomessa, sconfitta — per litigare con il suo pomposo e aggressivo padre. Fu solo dopo che sua madre morì in un incidente d'auto che Cassie capì che i litigi erano iniziati tutti con lo scopo di mantenere la pace, gestire la situazione, proteggere lei e sua sorella maggiore dalle aggressioni che scoppiavano senza preavviso, e senza alcuna buona ragione. Senza la presenza di sua madre, il conflitto in ebollizione si era tramutato in una vera e propria guerra.
Cassie si era immaginata che fare la ragazza alla pari avrebbe portato tra i suoi vantaggi quello di far parte della famiglia felice che non aveva mai avuto. Iniziava però a temere che la realtà fosse totalmente opposta. Lei non era stata in grado di mantenere la pace a casa. Sarebbe mai stata capace di gestire una situazione instabile nello stesso modo in cui aveva fatto sua madre?
“Sono preoccupata per la famiglia che troverò”, confessò Cassie. “Anche a me hanno fatto domande strane durante il colloquio, e la loro ragazza precedente se n'è andata prima della fine del contratto. Cosa succederà se mi trovassi costretta a fare lo stesso? Non voglio rimanere se le cose iniziano ad andar male”.
“Non andartene a meno che non si tratti di un’emergenza”, l'avvisò Jess. “È un’azione che causa contrasti enormi, e dovrai sborsare un sacco di soldi; sarai ritenuta responsabile di moltissime spese extra. Proprio per questo motivo ero quasi decisa a non provarci un’altra volta. Sono stata molto attenta prima di accettare questo incarico. Non sarei stata in grado di permettermelo se questa volta non avesse pagato tutto mio padre”.
Jess posò il suo bicchiere di vino.
“Andiamo al gate? Siamo vicino alla coda dell'aereo, quindi saremo il primo gruppo ad imbarcare”.
L'eccitazione di salire sull'aereo riuscì a distrarre Cassie da ciò che le aveva detto Jess, e una volta sedute ai loro posti, le due ragazze si misero a chiacchierare di altro. Quando l'aereo decollò, Cassie sentì risollevarsi anche il suo spirito, perché ce l'aveva fatta. Aveva lasciato il Paese, era riuscita a scappare da Zane, ed era in volo, verso un nuovo inizio in una terra straniera.
Fu solo dopo cena, quando ripensò con più attenzione ai dettagli del suo incarico, e agli avvertimenti che le aveva dato Jess, che i suoi timori iniziarono nuovamente a insinuarsi.
Non tutte le famiglie potevano essere male, no?
E se invece un'agenzia in particolare avesse la reputazione di accettare famiglie difficoltose? Beh, in quel caso le possibilità sarebbero state maggiori.
Cassie provò a leggere per un po', ma si rese subito conto di non riuscire a concentrarsi sulle parole; i suoi pensieri si susseguivano rapidi mentre si preoccupava di cosa le avrebbe riservato il futuro.
Diede un'occhiata a Jess. Dopo essersi assicurata che la ragazza fosse assorbita dal suo film, Cassie prese la confezione di pillole dalla propria borsa, senza farsi notare, e ne ingerì una con l'ultimo sorso di Coca Cola Light. Dato che non riusciva a leggere, tanto valeva provare a dormire. Spense la luce e reclinò il sedile.
*
Cassie si ritrovò nella sua malmessa cameretta al piano superiore, rannicchiata sotto al letto con la schiena contro il freddo muro ruvido.
Dal piano di sotto giungevano risate ubriache, tonfi ed urla; baldoria che, di lì a poco, sarebbe diventata violenta. La ragazzina tese bene le orecchie, in attesa di sentire rumori di vetri infranti. Riconobbe la voce di suo padre e quella della sua ultima ragazza, Deena. C'erano almeno altre quattro persone di sotto, forse di più.
E poi, sopra le urla, Cassie sentì lo scricchiolio delle assi del pavimento, mentre passi pesanti salivano le scale.
“Ehi, tesoro”, bisbigliò una voce profonda, e la dodicenne rabbrividì per il terrore. “Ci sei, ragazzina?”
Lei chiuse gli occhi strizzandoli, dicendo a se stessa che si trattava solo di un incubo, che si trovava al sicuro nel suo letto e che gli sconosciuti al piano di sotto stavano per andarsene.
La porta si aprì lentamente, scricchiolando, e Cassie vide comparire un grosso stivale nella scia di luce della luna.
I piedi attraversarono la stanza.
“Ehi, ragazzina”. Un bisbiglio rauco. “Sono venuto a salutarti”.
Cassie chiuse gli occhi, pregando che l’uomo non riuscisse a sentire il suo respiro affannato.
Sentì il fruscio del tessuto quando lui tirò indietro le coperte… e il suo grugnito di sorpresa quando vide il cuscino e il cappotto che lei aveva appallottolato sotto di esse.
“In giro”, aveva bisbigliato. Cassie ipotizzò che stesse guardando le tende sudicie che fluttuavano nella brezza, con il tubo di scolo che suggeriva una via di fuga precaria. La prossima volta, si disse, avrebbe trovato il coraggio di scendere; non poteva certo essere peggio che nascondersi lì sotto.
Gli stivali uscirono dalla sua visuale. Un'esplosione di musica arrivò dal piano di sotto, seguito da un litigio acceso.
La stanza era in silenzio.
Cassie stava tremando; se doveva trascorrere la notte nascosta, avrebbe avuto bisogno di una coperta. Era meglio se la prendeva subito. La ragazza si allontanò dal muro.
Ma come fece fuoriuscire il braccio da sotto al letto, una mano ruvida l'afferrò.
“Eccoti!”
L’uomo la trascinò fuori — lei si strinse alla struttura del letto, con l'acciaio freddo che le graffiava le mani, e iniziò ad urlare. Le sue urla terrorizzate riempivano la stanza, riempivano la casa…
Si svegliò, sudando, urlando, sentendo la voce preoccupata di Jess. “Ehi, Cassie, tutto bene?”
Gli stralci del suo incubo erano ancora in agguato, pronti a trascinarla di nuovo al suo interno. Cassie poteva sentire i graffi freschi sul braccio, dove la struttura arrugginita del letto l’aveva ferita. Premette la zona con le dita e fu sollevata nel trovare la pelle intatta. Spalancando gli occhi, accese la luce sopra la sua testa per allontanare l'oscurità.
“Sto bene. È stato solo un brutto sogno”.
“Vuoi un po' d'acqua? Del tè? Posso chiamare la hostess”.
Cassie stava per rifiutare educatamente, ma poi si ricordò di dover prendere nuovamente le sue medicine. Se una compressa non aveva funzionato, due di solito impedivano agli incubi di ripetersi.
“Dell'acqua. Grazie”, disse.
Aspettò che Jess guardasse altrove e in fretta ingerì un'altra pillola.
Non provò nuovamente a dormire.
Durante la discesa, Cassie e Jess si scambiarono il numero di cellulare — e, per sicurezza, lei si scrisse il nome della famiglia per cui Jess avrebbe lavorato, e il loro indirizzo. Si disse che si trattava giusto di una misura preventiva, e che c'era la speranza che, dato che possedeva queste informazioni, non le sarebbero servite. Le due ragazze si promisero che avrebbero visitato il Palazzo di Versailles insieme, alla prima occasione possibile.
Quando entrarono nell'aeroporto Charles de Gaulle, Jess fece una risatina eccitata. Mostrò a Cassie il selfie che la sua famiglia si era fatta mentre tutti insieme la attendevano in aeroporto. Una coppia attraente e due bambini che stavano sorridendo, tenendo in mano un cartello con il nome della ragazza.
Cassie non aveva ricevuto alcun messaggio — Maureen le aveva solo detto che la famiglia sarebbe venuta a prenderla al suo arrivo. La fila per