Il Cuore Del Tempo. Amy Blankenship

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Il Cuore Del Tempo - Amy Blankenship


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loro stessi e il rettore dell’università, e forse anche Kotaro. Poi sorrisero, quella ragazza iniziava proprio a stargli simpatica.

      Un cameriere si presentò al tavolo con un vassoio pieno e Kyoko spostò l’attenzione su di lui. Il ragazzo la guardò un po’ troppo a lungo e i sensi di Kyoko iniziarono ad avvertirla che stava succedendo qualcosa. Fissò i suoi occhi neri, che non sembravano intonati a quel viso infantile.

      C’era qualcosa in lui che la attirava, ma Kyoko non era sicura di gradire quella sensazione. Certo, aveva un bell’aspetto, ma aveva anche qualcosa che la metteva un po’ a disagio. Sbatté le palpebre come per liberarsi dall’incantesimo che quel giovane sembrava quasi le stesse lanciando. Poi si destò quando qualcuno ringhiò cupamente.

      Toya sentì il freddo sulla propria pelle e ringhiò verso il cameriere, quasi destandolo dal suo stordimento. Il ragazzo si girò per lasciare il tavolo e, quando i suoi occhi incrociarono quelli di Toya, sembrarono trasformarsi da neri a blu metallizzato.

      Kyoko guardò Suki con aria confusa ma la ragazza scrollò le spalle, dando un morso al proprio panino. Shinbe tossì con la mano davanti alla bocca per non ridere quando il cameriere si allontanò di corsa. Kyoko percepiva delle vibrazioni molto strane da quel tipo di nome Toya e non si sarebbe arresa finché non avrebbe capito qual era il problema. Si appoggiò allo schienale della sedia e lo osservò per un momento.

      Aveva i capelli di una strana tonalità di nero, con riflessi argentati, e i suoi occhi erano stupendi... lui era stupendo. “Dopo ricordati di prenderti a schiaffi per averlo pensato.” si disse. Quegli occhi ardevano di polvere d’oro, senza dubbio. Sarebbe stato simpatico, se non fosse per il modo in cui la stava guardando.

      Suki sospirò. Avrebbe dovuto parlare a Kyoko di quella situazione. Toya aveva una sua etica e non era una buona idea contraddirlo. E poi, lei non sapeva di aver fatto arrabbiare un Guardiano.

      «Sapete, se si gioca con il fuoco... si finisce per bruciarsi.» disse Shinbe di punto in bianco, ricevendo un’occhiataccia dagli altri, che decisero di ignorarlo.

      Toya lanciò un’altra occhiata a Kyoko. Quindi era lei la ragazza che avrebbe dovuto sorvegliare? No, doveva essere uno scherzo. Kyou gli aveva detto che sarebbe arrivata quella mattina e, con tono piuttosto preoccupato, gli aveva ordinato di sorvegliarla e proteggerla senza sosta.

      Toya restrinse lo sguardo, ripensando al cameriere che si era avvicinato al loro tavolo. Il modo in cui aveva guardato Kyoko lo aveva fatto infuriare. La sacerdotessa era davvero in pericolo? Perché Kyou avrebbe avuto interesse a proteggere una semplice umana? Non aveva mai trattato nessuno con rispetto, che cos’aveva di diverso quella ragazza?

      A volte Toya odiava che Kyou fosse il suo capo guardiano, ma doveva ammettere che gli era grato per averlo preso con sé. Sapeva che, quando Kyou faceva qualcosa, era sempre per una buona ragione, e questo continuava a suscitargli domande su quella ragazza di nome Kyoko.

      Shinbe notò che la tensione al tavolo era diventata pesante e guardò Suki con due occhioni dolci. Sapendo che Kyoko avrebbe riso delle sue buffonate, cominciò.

      «Allora, Suki, vieni a ballare con me stasera? È sabato e mi dispiacerebbe ballare con dozzine di sconosciute, invece che con te.» disse e, per rafforzare le proprie parole, fece uno sguardo sognante come per immaginare una folla di ragazze che ballavano intorno a lui.

      Suki gli rivolse uno sguardo inespressivo, chiedendosi se non fosse il caso di schiaffeggiarlo per fargli togliere quell’espressione da ebete, poi si girò verso Kyoko. «Mi serve compagnia. Tu vieni con me, vero?» le chiese sorridendo, poi aggiunse: «È troppo pericoloso andare da sola con... lui.», e la guardò con aria supplichevole.

      Kyoko sorrise quando vide Shinbe destarsi e farle l’occhiolino. «Sì, mi farebbe piacere venire con voi. Così uniamo le forze se Shinbe esagera.».

      Lo guardarono entrambe, lui si lamentò e Kyoko non poté fare a meno di ridere. Quei due le stavano proprio simpatici.

      Toya osservava Kyoko con la coda dell’occhio. Dannazione, com’era bella quando rideva. Ringhiò tra sé... da dove saltavano fuori quei pensieri? Si appoggiò allo schienale, infastidito dalla direzione in cui stava andando la propria mente. “Dannazione!” pensò. Adesso sarebbe dovuto andare anche lui a ballare, solo per tenerla d’occhio.

      Kyoko si voltò mentre rideva ancora con Suki e Shinbe. Quando i loro sguardi si incrociarono, Toya sentì il cuore saltare un battito e il sangue riscaldarsi di parecchi gradi. Si rese conto che il potere di Kyoko era aumentato adesso che era felice, rispetto a prima, quando lui l’aveva fatta arrabbiare. Si sentiva a disagio, per la prima volta dopo tanto tempo.

      Kyoko smise di ridere e si girò di nuovo verso Suki: «Ehi, non so neanche quali corsi ho lunedì, né in quale aula. Come faccio a saperlo?».

      Prima che Suki potesse aprire bocca, Toya rispose alla domanda con tono pigro: «Tutti gli studenti che hanno una borsa di studio seguono gli stessi corsi, quindi tu, Suki, Shinbe e gli altri sarete nella stessa classe. L’unico corso a parte si segue con il rettore.».

      Kyoko si accigliò: «E quale materia insegna il rettore?».

      Stavolta fu Shinbe a rispondere: «È diversa per ognuno di noi, ecco perché i corsi sono separati. Lui ci aiuta con le nostre abilità speciali.». Si appoggiò allo schienale con aria pensierosa, poi, con un sorriso compiaciuto, aggiunse: «Immagino che tu rafforzerai i tuoi poteri di sacerdotessa.».

      La rabbia di Kyoko esplose di nuovo, come diavolo faceva il rettore a sapere che era una sacerdotessa? Nella lettera non c’era scritto niente a riguardo. E lei, negli ultimi due anni, aveva cercato di sopprimere quegli stessi poteri per cui il rettore le aveva dato la borsa di studio. Voleva vederci chiaro il prima possibile.

      Guardando il proprio piatto, Kyoko disse con voce tesa: «Magari è un errore. C’è un modo per parlare con il rettore?».

      Toya restrinse lo sguardo. Kyou lo aveva avvertito che lei avrebbe potuto chiedere di vederlo e, sebbene non volesse vedere mai nessuno al di fuori delle lezioni, gli aveva detto di portarla direttamente da lui se avesse avuto delle domande.

      «Che c’è, hai paura?» la schernì Toya, guadagnandosi un’altra occhiataccia da quegli occhi burrascosi. E così quella ragazza pensava di saperlo tenere a bada? Bene, sarebbe stato divertente guardarla mentre provava a farlo anche con Kyou. Lui sapeva quanta paura potesse incutere Kyou nelle persone senza dire una sola parola.

      «D’accordo, ti porterò da lui quando avrai finito.» la sfidò Toya, per vedere se avrebbe abboccato.

      La rabbia di Kyoko si affievolì a quelle parole. Scostando il piatto, reagì al suo bluff e annuì: «Io sono pronta.», e alzò un sopracciglio.

      «Come mai tanta fretta?» le chiese Toya sogghignando mentre si alzava. «Forse prima dovresti darti una calmata, lui percepirà la tua rabbia.». La prese in giro, convinto che lei non avesse la più pallida idea di quello che la aspettava.

      Kyoko restrinse lo sguardo, poi si alzò in piedi e guardò Suki e Shinbe. «Ci sentiamo quando finisco, passate a prendermi? Vi aspetto in camera mia, così ci mettiamo d’accordo per stasera.». Fece l’occhiolino a Suki, poi guardò Toya e, con voce impassibile, aggiunse: «Sempre se decido di restare.».

      Lui si voltò sbuffando e lei lo guardò, poi salutò gli altri mentre lo seguiva. Notò subito che gli altri studenti si scostavano al passaggio di Toya, e si chiese tra sé: “Ma chi è? Il bullo della scuola?”.

      Non intendeva dargli la soddisfazione di correre per raggiungerlo, così si mise a camminare con calma, rimanendo volutamente indietro. Quasi arrossì quando si ritrovò a guardargli il fondoschiena. Osservò i capelli lunghissimi che lasciavano intravedere la sua rotondità, e s’infuriò ancora di più. “Bello e irritante” era un binomio terribile.

      Scuotendo mentalmente la testa, continuò a seguirlo, imprecando contro il proprio sguardo curioso. «Solo un idiota può trovare carina una persona che non sopporta.» borbottò a bassa voce. «Irritante... scontroso... e arrogante... ma non carino.» aggiunse sorridendo,


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