La Cameriera Personale. Aurelia Hilton

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La Cameriera Personale - Aurelia Hilton


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i miei numeri di telefono, anche quelli privati.”

      Presi il bigliettino e feci un leggero inchino. “Grazie” sussurrai.

      Le porte del salone si aprirono e una paffuta donna in uniforme entrò nella sala. Sorrideva, mentre si avvicinava a me, e mi tese una mano in segno di saluto.

      “Salve. Tu devi essere Janet, la nuova cameriera. Benvenuta nella proprietà Turner.” disse.

      Le strinsi la mano con calore. “Grazie.” risposi.

      “Questa è Wanda – disse Turner – ti istruirà e ti farà da guida per i prossimi giorni.”

      Io annuii ancora una volta.

      “Vieni con me.” disse la donna.

      CAPITOLO SECONDO

      Lasciai Len seduto, mentre s’infilava la mano in tasca per estrarne un sigaro. Wanda mi accompagnò innanzitutto nel mio appartamento al secondo piano, e mi disse che la villa era di quattro piani in totale. L’ultimo piano era interamente riservato a Len e alla sua famiglia, mentre il resto della casa era divisa in sezioni.

      L’enormità della metratura della villa era sempre un po’ troppo per me, ed entrare nel mio appartamento fu un vero colpo. Tutto sembrava troppo grande, dalle porte alle finestre, e persino l’arredamento!

      Sulle pareti del corridoio che portava al mio appartamento c’erano vari quadri, e lo spazio a me destinato era più di quanto avessi mai avuto nella mia casa di Londra, e persino più di quanto potessi immaginare. L’arredamento era classico e di pregio, ma un po’ old.

      Wanda mi concesse un paio di minuti per rinfrescarmi e acclimatarmi, prima di fare il giro completo della villa. Mi avvertì che comunque non ce l’avremmo fatta a completarlo in una volta sola, perché la proprietà era davvero enorme. Quindi, per prima cosa, mi avrebbe mostrato le zone della villa che potessero riguardarmi, e in seguito avremmo approfondito il resto. Ancora non riuscivo a concepire come una casa adibita a civile abitazione potesse essere tanto grande.

      Per quel giorno non rividi Len, e cenai con il personale della villa, che era composto da tre cuochi, due cameriere, tre addetti alle pulizie e cinque guardiani. Poi c’era Wanda, che era la governante, il maggiordomo e infine io.

      Il tavolo dove abbiamo cenato era molto grande, e Wanda mi disse che non era raro che Len si sedesse a tavola con la servitù, quando gli girava o era libero. Trovai parecchio singolare che un uomo della levatura di Len potesse trovare il tempo per fare queste cose.

      Tutti i membri del personale erano persone interessanti e mi raccontarono particolari gustosi sulla loro permanenza in villa. Mi fecero sentire davvero a casa e fui grata del loro caloroso benvenuto.

      Infine Wanda si ritirò nelle sue stanze e, mano a mano, anche tutti gli altri si accomiatarono. Io me ne andai per ultima, perché volevo ascoltare per intero tutte le storie che mi stavano raccontando, e gli apprezzamenti del personale riguardo Len.

      Ero eccitata all’idea di rivederlo il giorno dopo, e non stavo più nella pelle. Dopo cena mi ritirai nel mio appartamento e mi misi a guardare un po’ la tv, che faceva parte dell’arredamento. Il letto era bello grande e mi stupii di quanto fosse comodo, e di quanto mi facesse sentire bene!

      Alla tv trasmettevano una sitcom, e ne fui lieta, perché non riuscivo ad addormentarmi, tanto ero agitata. Era la prima volta che dormivo nella casa di uno sconosciuto, e la cosa mi innervosiva e mi eccitava insieme.

      Alla fine, mi addormentai con la tv accesa, e anche nei miei sogni mi aggiravo, felice, in stanze enormi e mastodontici giardini in fiore.

      Quei sogni riuscirono a riscaldare la mia fredda notte.

      CAPITOLO TERZO

      La mattina dopo mi svegliai confusa, e mi girava la testa. Ero elettrizzata per quella mia prima giornata di lavoro ma, quando scostai le tende, mi salutò un panorama grigio e piovoso. La pioggia era lenta ma fitta, e oscurava le prime luci della mattina. Gli estesi campi verdi erano pieni di ombre, e tutto ciò faceva apparire ancora di più quel luogo come un set cinematografico.

      Wanda mi aveva mostrato la sera prima dove si trovava l’ufficio di Len, e così mi avviai per rassettare la stanza. Proprio come ogni angolo della villa, anche lo studio era enorme, con le pareti tappezzate di quadri ancor di maggior pregio di quelli che avevo visto in precedenza.

      Ignoravo che lo studio fosse anche pieno di telecamere, e che Len mi stesse osservando dall’altro lato della casa, zoomando su diverse parti del mio corpo, per guardarle meglio.

      Lui se ne stava a crogiolarsi nel suo letto, non riuscendo a capacitarsi di quanto fossi bella. Indossavo una minigonna leggera, che svolazzava ad ogni minimo movimento, il che lo faceva eccitare maledettamente.

      Probabilmente non era abituato a vedersi vorticare intorno fanciulle in erba come me. Aveva sempre insistito sulla condotta morale dei suoi dipendenti, sottolineando la necessità di un abbigliamento più che decoroso.

      Tra il personale non c’erano persone giovani, soprattutto donne, e quindi non aveva mai riflettuto sul fatto delle tante cose piccanti che avrebbe potuto fare con loro. In quel momento stavo inconsapevolmente cambiando il suo modo di pensare.

      Mentre mi guardava sfaccendare nel suo ufficio si spogliò nudo nella sua stanza da letto e cominciò a masturbarsi. Il solo fatto che mi stesse spiando dalle telecamere di sicurezza gli provocava un immenso godimento, malgrado io stessi lavorando e fossi interamente vestita. Si stava immaginando di propormi di andare a letto con lui, e che io avrei accettato con immensa libidine. Poi avremmo cominciato a scopare senza alcun controllo, stringendomi le tette e stantuffandomi nel culo fino a quando non mi avesse sborrato dentro.

      Era la prima volta che Len arrivava a sognare queste cose, ma la mia presenza nella villa lo portava all’estremo. Dopo essere venuto ed essersi lavato, io stavo ancora a metà dell’ufficio con le pulizie, e mi restava una considerevole parte del piano da sistemare.

      Un’ora dopo che avevo cominciato le mie faccende nel suo studio, Len entrò nella stanza e, dopo i saluti di prassi, si mise a sedere alla sua scrivania, fissando il panorama dalla meravigliosa finestra antica che aveva alle spalle. La pioggia scrosciava con furia, e l’intero parco era completamente zuppo.

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