Il Mare Della Tranquillità 2.0. Charley Brindley

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Il Mare Della Tranquillità 2.0 - Charley Brindley


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a vicenda. Uno di loro sorrise.

      "Lo so, ma cosa possiamo farci?".

      "La signorina Valencia aveva ragione sul fatto che non proviamo a realizzare nulla", disse Monica.

      "Suppongo di sì."

      "Ora ha smesso di insegnare, e noi siamo degli idioti".

      "Ok, beh, ci vediamo". Albert si alzò.

      "Che spreco di acqua".

      Lui si sedette di nuovo. "Come?"

      "Questa piscina piena d'acqua e degli stupidi che entrano, escono e saltano, comportandosi come bambini".

      "Sì. Devo andare".

      "Quanta acqua pensi ci sia in quella piscina?"

      "Non lo so. Quattromila litri, forse".

      "La gente in Africa deve camminare per otto chilometri solo per avere un secchio d’acqua sporca", disse Monica.

      "Come fai a saperlo?"

      "Facebook. Quei rifugiati della Siria devono elemosinare una bottiglia d'acqua".

      "Possono avere la mia". Albert scosse la sua Evian quasi vuota.

      "E noi siamo qui seduti a guardare la gente che sguazza in quattromila litri d'acqua. Non gliene può fregare di meno di chi non può nemmeno farsi una fottuta doccia".

      Uno dei suoi ammiratori ridacchiò. Gli altri due lo imitarono.

      "Sei di pessimo umore. Penso che andrò a cercare Betty Contradiaz".

      "Sì, vai."

      Albert trovò Betty in salotto, seduta sul divano a guardare due ragazzi giocare a Fortnite.

      "Ei, Betty", disse sedendosi accanto a lei.

      "Ei, Albert. Come va?"

      "Vuoi venire al cinema con me domani sera?".

      "Come puoi pensare ad uscire quando probabilmente non ci diplomeremo a maggio?"

      "Oh, Dio. Anche tu no. Ho appena ascoltato Monica continuare a parlare di ripetere l'ultimo anno, e di come la gente in Africa debba camminare per otto chilometri per avere dell'acqua, e dei rifugiati che non si fanno la doccia, e di come abbiamo deluso la signorina Valencia".

      "L'abbiamo delusa, e ora non ci diplomeremo".

      "Ma non possiamo farci niente", disse Albert. "Quindi dovremmo solo divertirci un po'".

      "Ci ha dato un modo per migliorare i nostri voti e noi l'abbiamo sprecato".

      "Lo so, e mi odio per questo. Se usciamo domani sera, possiamo almeno dimenticarcene per un po'".

      "Siamo qui, ad una festa fantastica, e non riesco a capacitarmi di come abbiamo rovinato tutto".

      "Devo andare. Hai visto Roc?"

      "Devono camminare per otto chilometri per dell'acqua?".

      "Sì, e i rifugiati devono implorare per una bottiglia d'acqua. Vado in cucina ad elemosinare un pò d'acqua. Vuoi qualcosa?"

      "Perché i rifugiati non hanno un pozzo o qualcosa del genere?".

      "Sono in mezzo al deserto. Non c'è acqua lì". Albert si alzò. "Ei, ecco Faccini".

      Roc si stava dirigendo verso la porta d'ingresso.

      "Che succede, Faccini?" Chiese Albert.

      "Niente", disse Roc. "Me ne sto andando".

      "Te ne vai? Non sono neanche le dieci e questa è la tua festa".

      "È noiosa".

      "Noiosa? Ci sono ragazze, videogiochi, bikini...".

      "Non mi interessa", disse Roc. "Domani cercherò un lavoro".

      "Stai scherzando? Che tipo di lavoro vuoi trovare senza un diploma?".

      "Che senso ha passare i prossimi quattro mesi a scuola se tanto non ci diplomeremo?".

      "Oh, mio Dio, anche tu? Sono tutti sconvolti per il fatto che non ci diplomeremo".

      "Vorrei che la signorina Valencia tornasse. Vorrei tanto lavorare ad un progetto per lei".

      "Sì, beh, se n'è andata, per colpa nostra".

      Qualcuno alzò la musica. Un ragazzo urlò "SI BALLA!" e iniziò a spingere i mobili fuori dal soggiorno.

      Betty raggiunse la porta d'ingresso. "Ve ne andate?"

      "Vorrei andare a cercare la signorina Valencia", disse Roc, "e pregarla di tornare".

      "Dovresti darle una buona ragione per tornare ad un lavoro che odia".

      "Se riuscissimo a convincerla ad insegnare di nuovo", disse Albert, "avremmo il tempo di finire i nostri progetti e migliorare i nostri voti?"

      "Il tempo ce l’abbiamo", disse Betty, "ma il progetto?".

      "Non so, far arrivare l'acqua a quella povera gente nel deserto".

      "Quale gente?" Chiese Roc.

      "Africani, rifugiati siriani, e probabilmente molti altri".

      "Ei", disse Betty, "potrebbe essere il nostro progetto!".

      "Cosa?" Chiese Roc.

      "Portare l'acqua a quelle persone nel deserto", disse Betty. "E aiutare l'ambiente. Dov'è Monica?"

      * * * * *

      Alle 5 del pomeriggio di lunedì, sul retro del Whacker's Lumber Yard, Adora tirò fuori le barre di due per quattro da una pila e le impilò sulle forche di un carrello elevatore. Si tolse un guanto e sollevò gli occhiali di sicurezza per asciugarsi il sudore. Riposizionati gli occhiali diede un’occhiata al suo ordine.

      Altri settantadue di questi figli di puttana.

      Lavorò costantemente per venti minuti, ricontrollò il numero delle tavole, poi salì sul sedile del muletto.

      Proprio mentre accendeva la macchina, qualcuno gridò il suo nome. Si guardò alle spalle e vide quattro adolescenti affrettarsi verso di lei. Non spense il motore né si preoccupò di scendere; sapeva già chi fossero.

      "Signorina Valencia, l'abbiamo trovata!"

      "Non sapevo di essermi persa".

      "Noi l’avevamo persa".

      Quasi sorrise. "Allora, i Tre Marmittoni, e uno dei Gianni e Pinotto". Li guardò uno ad uno. "Cosa fate qui? Comprate tegole?"

      "Vogliamo che torni", supplicò Monica.

      "Sono in periodo sabbatico". Mise in moto il muletto.

      "Non può rientrare dal periodo sabbatico?" Chiese Roc.

      "Perché?"

      "Il signor Wagner", disse Roc. "Ecco perché".

      "Chi è Wagner?"

      "Un supplente che non sa nemmeno scrivere scienze sociali", disse Betty.

      "Da dove salta fuori?" Chiese Adora.

      "Baumgartner l'ha mandato per sostituirla".

      "Beh, sapete una cosa?" Spinse una leva per sollevare da terra il suo carico di due per quattro. "Non me ne frega niente".

      "Sì, invece", disse Monica. "Ha cercato di renderci coscienziosi e di coinvolgerci nei grandi problemi dell'umanità".

      "Sì, ci ho provato. Ma ho fallito". Guardò i ragazzi. "E ora devo tornare al lavoro. Non ho intenzione di fallire anche in questo".

      "Ma abbiamo bisogno di lei, e..."

      "Cosa?"

      "Siamo stanchi", disse Albert. "Esausti, in realtà".

      "Perché?"

      "Wagner ci fa fare esercizi, correre e giocare a palla prigioniera".

      "Non


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