Straordinarie avventure di Testa di Pietra. Emilio Salgari
Читать онлайн книгу.detto, era veramente imponente ed era costato sacchi di sterline e non pochi anni di lavoro.
Gl’inglesi però, che trovavano grandi difficoltà ad arruolare truppe negli stati tedeschi e che abbondavano solamente di navi, non erano stati pronti alla riscossa, sicché il lago era caduto interamente nelle mani degli americani.
La bufera però non doveva tardare a scoppiare. Molte navi cariche di truppe mercenarie e d’irlandesi avevano lasciata l’Inghilterra, decise a spazzare via i «pezzenti di Washington», come li chiamavano con profondo disprezzo.
L’impresa di ricacciare gli americani dal Canada era stata affidata al generale Burgoyne, vecchio soldato che aveva molta esperienza e molta audacia, e che aveva combattutto in molte battaglie; impresa difficile certamente, ma che gl’inglesi, colla loro solita ostinazione, contavano di condurre a buon fine rapidamente, quantunque l’inverno fosse cominciato e si presentasse assai crudo.
Il male è che le guarnigioni americane che avevano occupati i forti del Champlain, ignoravano completamente la terribile tegola che stava per piombare sulle loro teste.
Avevano creduto che gli ultimi inglesi condotti dal generale Carleton, ormai scoraggiati, si fossero avviati verso il basso San Lorenzo per far ritorno in Inghilterra e si erano ingannati.
La conquista del Canada, strappata violentemente alla Francia cinquant’anni prima, era costata troppi uomini e troppi denari per lasciarla ora nelle mani degli americani.
Fortunatamente un legno corsaro olandese, che era salpato dall’Europa, aveva potuto forzare la crociera inglese ed affondare le sue ancore nella splendida Baia di New York.
Il comandante, sapendo in quali critiche condizioni si trovava Washington, scarso ormai di truppe e quindi impotente a mandare altre truppe al Canada, si era affrettato ad avvertirlo della grossa spedizione di Burgoyne la quale stava per abbattersi sul Champlain.
Urgeva mandare un uomo fidato a Ticonderoga con istruzioni che non ammettevano ritardi, ma le regioni intorno al lago erano abitate da Uroni e da Algonchini, i più formidabili guerrieri dell’America settentrionale e che ormai l’Inghilterra aveva arruolati in gran numero onde massacrassero quanti americani potevano cadere nelle loro mani e si divertissero a vederli spegnersi lentamente, fra le più orribili torture, ben legati al famoso palo dei prigionieri.
Era un’impresa assai difficile anche perché l’inverno era cominciato, eppure urgeva mettere in guardia Arnold e Saint-Clair, onde non si facessero sorprendere, e prendere le loro misure per far fronte alla grossa burrasca che si avanzava sul Champlain.
Fra i tanti animosi era stato scelto Testa di Pietra, il famoso cannoniere della Tuonante, uomo ormai diventato popolarissimo in America. Mac-Lellan, il suo capitano, l’aveva subito proposto ed il bretone se n’era andato con Piccolo Flocco, i due assiani, diventati ormai americani, ed una scorta di tre canadesi guidati da Davis.
La traversata del Canada fino al lago era stata compiuta felicemente dal piccolo drappello, malgrado che gl’indiani fossero già in gran numero sul sentiero di guerra e pronti sempre a scotennare e torturare, ma Davis, che godeva la fiducia di Washington, non aveva tardato a rivelarsi quale veramente era. Comperato dagli inglesi, ai quali premevano le due lettere che Testa di Pietra effettivamente recava con sé, non aveva tardato a smascherarsi.
Suo compito era quello di impedire, a qualunque costo, che Testa di Pietra potesse vedere Arnold e Saint-Clair, di trattenerlo lontano da Ticonderoga e di carpirgli, alla prima occasione, le lettere.
Come avesse saputo che il generale Washington ed il baronetto Sir William avevano consegnate quelle due carte al valoroso marinaio, era rimasto un mistero. I traditori però, vinti dall’oro inglese non mancavano neanche fra l’esercito americano.
A Montreal aveva acquistata quella vecchia nave, abbandonata dagli inglesi nella loro precipitosa ritirata, con poche ghinee poiché non valeva di più essendo in pessime condizioni, ed era sceso verso il lago, risoluto a compiere il tradimento.
Testa di Pietra aveva cercato qualche altro veliero migliore, ma gli inglesi avevano portate via, nella loro ritirata precipitosa, tutte le navi migliori.
Giunti finalmente al lago con quella fusta semisdrucita, avevano errato alcuni giorni a casaccio, finché improvvisamente era scoppiata la rivolta dei canadesi, e proprio quando l’uragano si addensava minaccioso.
Il resto si sa.
«Per tutti i campanili della Bretagna!…,» esclamò Testa di Pietra quando vide che la fusta. gettata attraverso gli scogli, stava per rompersi completamente. «Come ce la caveremo ora, Piccolo Flocco? Il generale ci aveva messo ai fianchi una grande canaglia senza sospettare certamente che fosse stata comperata dalle ghinee inglesi.»
«O da quelle del marchese d’Halifax?» rispose il giovane marinaio.
«Di questo affare parleremo più tardi, se riusciremo a raggiungere la costa ancora vivi. Io so molte cose confidatemi dal baronetto e le ho sempre tenute ben tappate nel cervello. L’odio di quei due fratelli è tremendo, spaventoso. Hulrik!…»
«Eccomi, pon patre,» rispose prontamente l’assiano.
«Con quei due colpi di pistola sei certo di aver ucciso quella canaglia?»
«Forse ferito, pon patre. Le armi valevano poco, malgrado la lunghezza delle loro canne. Io afere fatto tutto mio possibile per rompere la testa a quel pirpante, ma la barca saltava troppo e la mira era difficile.»
«Col gran salto che ha fatto si sarà rotto le costole sui bassifondi,» disse Piccolo Flocco.
«La fusta non era ancora attraverso le scogliere ed io ho il dubbio che quel <pirpante>, come lo chiama Hulrik, sia ancora riuscito a salvarsi. Le genti che abitano le rive dei laghi canadesi sono sempre state famose nel nuoto.»
«E gli altri?»
«Che cosa vuoi che ti dica io, mio giovane marinaio?! Sono scomparsi anche loro e probabilmente saranno riusciti a raggiungere la costa. Meno male che hanno lasciato qui i loro fucili e le loro munizioni. Stupidi!… Potevano gettare le une e le altre nel lago per disarmarci completamente.»
«Ed ora che cosa facciamo, Testa di Pietra? La fusta si è piantata sulla cima di qualche scoglio e deve bere acqua in abbondanza.»
«Non rimarremo nemmeno noi qui,» rispose il vecchio bretone. «Mi spaventa però il pericolo indiano.»
«Che gl’inglesi li abbiano proprio arrolati?»
«Ne sono più che sicuro, ed aver a che fare cogli Uroni e cogli Algonchini è una cosa che dà da pensare. Sai che quei barbari non risparmiano le capigliature e non vorrei lasciare la mia nelle mani di qualche guerriero. Pazienza se si accontentassero di togliermi la mia famosa pipa.pipa, ma con quella gente non c’è da fidarsi.»
«E sono molti questi indiani?» chiese Wolf, il quale parlava la lingua inglese più correttamente del fratello minore.
«Ve ne sono delle migliaia e migliaia,» rispose Testa di Pietra. «Oltre che cogli Uroni e gli Algonchini. avremo da fare anche i conti cogli Ossinisolni e coi Mandava che godono una tristissima fama per le loro crudeltà. Quel furfante di Davis, che il diavolo se lo porti, ha compiuta la sua missione mentre noi abbiamo quasi da cominciare la nostra. Ci ha arrestati quando ci credevamo sicuri di filare diretti verso il gran forte. Non è però riuscito a togliermi quello che più desiderava.»
«Ehi, Testa di Pietra, lascia gl’indiani ed il meticcio e pensa invece a portarci alla costa. La fusta ormai non navigherà mai più,» disse Piccolo Flocco.
«E dove e come? Aspetteremo prima che la tempesta si calmi un po’pò e poi fa ancora troppo scuro».
«E se le onde ci spazzano via?»
«Non dire delle sciocchezze. I marinai non si lasciano portare via.»
«E gli Assiani?»
«Sono già mezzi marinai. Ora andiamo a vedere se questa barca è proprio sfondata. Hulrik, prendi una lanterna ed accompagnami. Ce ne sono nel quadro?»
«Sì, pon patre. Io aferne veduto alcune.»
«Marcia avanti e tu,