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amico di quei nobili Romani, risguardava le stelle come la causa o almeno i segni de' futuri eventi (de Somn. Scip., l. I. c. 19. p. 68).
232
Le storie di Livio (vedi specialmente lib. VI c. 36) son piene dell'estorsioni dei ricchi, e delle angustie dei poveri debitori. La patetica istoria di un bravo antico soldato (Dionis. Alicanass. l. V. c. 26. pag. 347. Ediz. d'Hudson. e Livio II. 23) deve essersi frequentemente ripetuta in quei primi tempi, che tanto immeritamente si son lodati.
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Non esse in civitate duo millia hominum, qui rem haberent: Cicero, Off. II. 21. col Coment. di Paolo Manuz. ediz. del Grevio. Questo indeterminato calcolo fu fatto l'anno di Roma 649 in un discorso dal Tribuno Filippo, ed il sue scopo non meno che quello dei Gracchi (vedi Plutarco) era di deplorare e forse d'esagerare la miseria della plebe.
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Vedi la terza satira v. 60-125. di Giovenale, che deplora con isdegno.
… Quamvis quota portio faecis Achaeae?
Jampridem Syrus in Tiberim defluxit Orantes;
Et linguam et mores etc.
Seneca proponendosi di consolare la propria madre (Consol. ad Helv. c. 6.) colla riflessione che una gran parte dell'uman genere si trovava in uno stato d'esilio, le rammenta quanto pochi fra gli abitanti di Roma fossero nati nella città.
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Quasi tutto quello che si è detto del pane, del lardo, dell'olio, del vino etc. può trovarsi nel lib. XIV. del Codice Teodosiano, che tratta espressamente del governo delle grandi città. Si vedano in specie i Titoli 3, 4, 15, 16, 17 e 24. Le autorità correlative son prodotte nel Comentario del Gotofredo; e non v'è bisogno di trascriverle. Secondo una legge di Teodosio, che riduce a danaro la contribuzion militare, una moneta d'oro (cioè undici scellini) equivaleva ad ottanta libbre di lardo, o ad ottanta libbre d'olio, o a dodici moggia di sale (Cod. Teod. l. VIII. Tit. IV. Leg. 17). Questo confronto, paragonato con un altro di sessanta libbre di lardo per un'anfora (Cod. Teod. l. XIV. Tit. IV. Leg. 4), determina il prezzo del vino a circa sedici soldi il gallone.
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L'anonimo autore della Descrizione del Mondo (p. 14. nel Tom. III. Geogr. Minor. Hudson) nel suo barbaro Latino così parla della Lucania: Regio optima et ipsa omnibus abundans, et lardum multum foras emittit. Propter quod est in montibus, cujus escam animalium variam etc.
237
Vedi Novell. ad calcem Cod. Theod. D. Valent. l. I. Tit. XV. Questa legge fu pubblicata in Roma il 20. Giugno 452.
238
Sueton., in August. c. 42. Il più grand'eccesso dell'Imperatore medesimo, nel suo favorito vino della Rezia, non eccedè mai un Sestario, cioè una pinta Inglese, id. c. 77. Torrent., Ib. e Tavol. d'Arbuthnot p. 86.
239
Il suo disegno era di piantar vigne lungo le coste marittime dell'Etruria; Vopisc., in Hist. August. p. 225. cioè nell'orrida, malsana ed incolta Maremma della moderna Toscana.
240
Olimp., ap. Phot. p. 197.
241
Seneca (Epist. 86) paragona i bagni di Scipione Affricano alla sua villa di Literno con la magnificenza, che andava continuamente crescendo, de' pubblici bagni di Roma, molto tempo avanti che fossero fatte le magnifiche Terme d'Antonino e di Diocleziano. Il quadrante, che si pagava per l'ingresso nelle medesime, era la quarta parte d'un asso, circa un ottavo d'un soldo Inglese.
242
Ammiano (l. XIV. c. 6, e lib. XXVIII. c. 4) dopo aver descritto il lusso e l'orgoglio dei Nobili Romani, espone con uguale indignazione i vizi e le follie della plebe.
243
Gioven., Satir. XI. 191. L'espressioni dell'Istorico Ammiano non son meno forti ed animate di quelle del satirico; e tanto l'uno che l'altro dipingono al vivo. Il numero delle persone, che il Circo Massimo era capace di contenere, è preso dalle Notizie originali della città. Le differenze, che sono fra loro, provano che non si sono copiate, ma la quantità può sembrare incredibile, quantunque in tali occasioni il contado accorresse in folla alla città.
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Alle volte in vero componevano opere originali.
… vestigia Graeca
Ausi deserere et celebrare domestica facta.
Orazio, Epist. ad Pison. 285. con la dotta quantunque ambigua nota di Dacier, che avrebbe potuto accordare il nome di tragedie al Bruto e al Decio di Pacuvio, o al Catone di Materno. Tuttavia sussiste come un saggio assai svantaggioso della tragedia Romana l'Ottavia, attribuita ad uno dei Senechi.
245
Al tempo di Quintiliano e di Plinio un poeta tragico era ridotto all'imperfetto metodo d'invitar molta gente in un luogo capace, ad oggetto di leggere ivi la sua composizione. Vedi il dialogo de Oratorib. c. 9, 11, e Plinio, Epist. VII. 17.
246
Vedi il Dialogo di Luciano de saltatione Tom. II. p. 265-317. Ediz. Reitz. I pantomimi ebbero l'onorevol nome di χειροσοφοι sapienti di mano; ed era necessario, che si esercitassero in quasi ogni arte e scienza. Burette (nelle Memor. dell'Accadem. delle Iscriz. Tom. I. p. 127) ha fatto una breve storia dell'arte de' pantomimi.
247
Ammiano (l. XIV. c. 6) si duole con decente sdegno, che le strade di Roma fossero piene d'una turba di donne, che avrebbero potuto dare dei figli allo Stato, ma che non avevano altra occupazione che quella d'arricciarsi, ed accomodarsi i capelli, e jactari volubilibus gyris dum exprimunt innumera simulacra, quae finxere fabulae theatrales.
248
Lipsio (Tom. III. p 423. de magnitud, Rom. l. III. c. 3) ed Isacco Vossio (Observ. var. p. 26, 34) si son lasciati trasportare da strani sogni di quattro, di otto, o di quattordici milioni di persone in Roma. David Hume, (Saggi Vol. I. p. 460-457) unitamente ad un ammirabile buon senso e scetticismo, dimostra qualche segreta disposizione a diminuir la popolazione degli antichi tempi.
249
Olimpiodoro, ap. Phot. p. 197. Vedi Fabric., Bibl. Graec. Tom. IX. p. 400.
250
In ea autem majestate urbis, et civium infinita frequentia innumerabiles habitationes opus fuit explicare. Ergo cum recipere non posset area plana tantam multitudinem in urbe, ad auxilium altitudinis aedificiorum res ipsa coegit devenire: Vitruv. II. 8. Questo passo, di cui son debitore al Vossio, è chiaro, forte, e pieno.
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Le successive testimonianze di Plinio, di Aristide, di Claudiano, di Rutilio ec. provano l'insufficienza di questi editti restrittivi. Vedi Lipsio, de Magnitud. Rom. l. III c. 2.
… Tabulata, tibi jam tertia fumant,
Tu nesciis; nam si gradibus trepidatur ab imis
Ultimus ardebit, quem tegula Sola tuetur
A pluvia…
Juvenal., Satir. III. 199.
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Leggasi tutta la satira terza, ma particolarmente i versi 166-223. La descrizione dell'insula, o casa d'appigionarsi piena di gente in Petronio (c. 95. 97) perfettamente s'accorda coi lamenti di Giovenale; e sappiamo da prove legali, che al tempo d'Augusto (Heinec., Hist. Jur. Rom. c. IV. p. 181) la rendita ordinaria di varj cenacoli o appartamenti d'una isola era di quarantamila sesterzi l'anno, fra tre e quattrocento lire sterline (Pandect. lib. XIX. Tit II. n. 30); somma che prova nel tempo stesso e la grand'estensione, e l'alto valore di quelle comuni fabbriche.
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Questa somma totale è composta di 1780 Domus o vaste case, di 46,602 insule o abitazioni plebee (vedi Nardini, Rom. ant. l. III. p. 88); e questi numeri vengono assicurati dalla conformità dei testi delle diverse Notitiae (Nardini, l. VIII. p. 498-500).