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Reg. part. 2. pag. 174). Prima del tempo di Carlo Magno, gli Abbati si divertivano a mutilare i loro Monaci, o a levar loro gli occhi, pena molto meno crudele del tremendo vade in pace (prigione sotterranea, o sepolcro), che fu inventato in seguito. Vedasi un ammirabil discorso dell'erudito Mabillon (Oeuvr. Posthum. Tom. II. p. 321, 336) che in quest'occasione sembra inspirato dal genio dell'umanità. Per tale sforzo gli si può perdonare la sua difesa della santa lacrima di Vandomo p. 561-399.
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Sulp. Severo Dial, I. 12, 13. p. 532. Cassiano Inst. lib. IV. c. 26, 27. Praecipua ibi virtus et prima est obedientia. Tra le parole Seniorum (in vit. Patrum lib. V, p. 617) il decimo quarto libello, o discorso s'aggira sopra l'ubbidienza: ed il Gesuita Rosweyde, che pubblicò quel grosso volume per uso de' Conventi, ha raccolto ne' due suoi copiosi indici tutti i passi, che vi sono sparsi.
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Il Dottor Jortin (Osservazioni sull'istoria Eccles. vol. IV. p. 161) ha notato lo scandaloso valore de' Monaci Cappadoci, di cui si vide l'esempio nell'esilio del Grisostomo.
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Cassiano ha descritto semplicemente, quantunque con diffusione, l'abito monastico dell'Egitto (Istit. l. I) a cui Sozomeno (l. III, c. 14) attribuisce qualche allegorico senso, e virtù.
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Regul. Bened. n. 55, in Cod. Regularum Part. 2. p. 51.
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Vedi la regola di Ferreolo Vescovo d'Uzés (m. 31. in Cod. Regul. p. 2. p. 136), e d'Isidoro, Vescovo di Siviglia (n. 33. in Cod. Regul. p. 2. p. 214).
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Si dava qualche particolar permissione per le mani e per i piedi: Totum autem corpus nemo unguet, nisi causa infirmitatis, nec lavabitur aqua nudo corpore nisi languor perspicuus sit. (Regul. Pachom. 92. Part. 1. p. 78).
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S. Girolamo esprime con forti ma indiscrete frasi l'uso più importante del digiuno, e dell'astinenza: Non quod Deus universitatis creator et Dominus, intestinorum nostrorum rugitu, et inanitate ventris, pulmonisque ardore delectetur, sed quod aliter pudicitia tuta esse non possit. (Oper. Tom. I. pag. 137. ad Eustoch.). Vedi le collezioni 12, e 22. di Cassiano de castitate, e de illusionibus nocturnis.
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Edacitas in Graecis gula est, in Gallis natura. (Dialog. I. c. 4. pag 521). Cassiano chiaramente confessa, che non si può imitare nella Gallia la perfetta norma dell'astinenza, per causa dell'aerum temperies, e qualitas nostrae fragilitatis (Inst. 4. 11). Fra le regole occidentali, quella di Colombano è la più austera; egli era stato educato in mezzo alla povertà dell'Irlanda, forse tanto rigida ed inflessibile, quanto l'astinente virtù dell'Egitto. La regola d'Isidoro di Siviglia è la più dolce: nelle feste concede l'uso della carne.
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«Quelli, che bevono solamente acqua, e non hanno liquore nutritivo, dovrebbero avere almeno una libbra e mezza (24 once) di pane il giorno» Stat. delle Carceri p. 40. di Howard.
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Vedi Cassiano Collat. l. II. 19, 20, 21. Ai piccoli pani, o biscotti di sei once l'uno, si diede il nome di Paximacia (Roswayde Onomastic. pag. 1045), Pacomio però concesse a' suoi Monaci qualche estensione nella quantità del loro cibo; ma gli faceva lavorare in proporzione di quello che mangiavano (Pallad. in hist. Lausiac. c. 38, 39. in vit. Patr. l. VIII. p. 736. etc.).
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Vedasi il banchetto, a cui fu invitato Cassiano (Collat. VIII. 1) da Sereno, Abbate Egiziano.
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Vedi la regola di S. Benedetto n. 39, 40. (in Cod. Regul. P. II. pag. 41, 42). Licet legamus vinum omnino Monachorum non esse, sed quia nostris temporibus id Monachis persuaderi non potest; egli concede loro un'hemina romana, misura che si può determinare per mezzo delle Tavole dell'Arbuthnot.
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Tali espressioni, come il mio libro, la mia veste, le mie scarpe (Cassiano Instit. l. IV. c. 13) erano proibite fra Monaci occidentali, con severità non minore, che fra gli orientali; (Cod. Regul. P. II. p. 174, 235, 288), e la Regola di Colombano li puniva con sei colpi di disciplina. L'ironico Autore dell'opera intitolata Ordres Monastiques, che pone in ridicolo la folle scrupolosità de' conventi moderni, sembra, che non sappia, che gli antichi erano ugualmente assurdi.
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Due gran Maestri della scienza ecclesiastica, il P. Tommassino (Discipl. de l'Eglis. Tom. III. p. 1090, 1139) ed il P. Mabillon (Etudes Monastiq. Tom. I. p. 116, 155) hanno seriamente esaminato il lavoro manuale dei Monaci, che il primo risguarda come un merito, ed il secondo come un dovere.
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Il Mabillon (Erud. Monast. Tom. I. pag. 47, 55) ha raccolto molti curiosi fatti per provare i lavori letterari de' suoi predecessori, sì in Oriente, che in Occidente. Si copiavano libri negli antichi Monasteri d'Egitto (Cassiano Instit. l. IV c. 12), e da' Discepoli di S. Martino (Sulp. Sever. in vit. Martin. c. 7. p. 473). Cassiodoro ha dato gran materia per gli studi de' Monaci: e noi non ci scandalizzeremo, se la loro penna talvolta da Grisostomo ed Agostino, passò ad Omero e Virgilio.
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Il Tommassino (Discipl. de l'Eglis. Tom. III. p. 118, 145, 146, 171, 179) ha esaminato le vicende delle leggi civili, canoniche e comuni. La moderna Francia conferma la morte, che i Monaci si son dati da loro stessi, e giustamente li priva d'ogni diritto d'eredità.
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Vedi Girolamo Tom. 1. p. 576, 183. Il Monaco Pambo diede questa sublime risposta a Melania, che desiderava di specificare il valore del suo dono: «L'offri tu a me, o a Dio? Se a Dio, quello, che sospende le montagne in una bilancia, non ha bisogno d'essere informato del peso del tuo dono». (Pallad. Hist. Lausiac. c. 10. in vit. Patr. l. VIII. p. 715).
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Το πολυ μερος της ω̃κειωσαντο, προφασει των μεταδιδοναι παντα πτωχοις, παντας (ωσοιπειν) πταχους καταστησαντες. Zosimo L. V. p. 325. Pure la ricchezza de' Monaci orientali fu di gran lunga oltrepassata dalla principesca grandezza de' Benedettini.
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Il sesto Concilio generale (il Quinisesto in Trullo Can. 47. ap. Beverid. Tom. 1. p. 213) proibisce alle donne di passar la notte in un Monastero di maschi, e agli uomini in uno di femmine. Il settimo Concilio generale (il Niceno II. Can. 20. ap. Bevereg. Tom. I. p. 325) vieta i Monasteri doppi, o promiscui di ambidue i sessi; ma si rileva da Balsamone, che tal proibizione non fu efficace. Sopra i piaceri, e le spese irregolari del Clero, e de' Monaci, vedi Tommassin. Tom. III. p. 1334, 1368.
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Io ho udito, o letto in qualche luogo questa sincera confessione d'un Abbate Benedettino: «Il mio voto di povertà mi ha dato centomila scudi l'anno; il mio voto di ubbidienza mi ha inalzato al grado di Principe Sovrano.» Mi son dimenticato delle conseguenze del suo voto di castità.
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Pior, Monaco Egiziano, permise alla sua sorella di vederlo; ma durante la visita tenne sempre gli occhi chiusi. Vedi vit. Patr. l. III, p. 504. Potrebbero addursi molti altri simili esempi.
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Gli articoli 7, 8, 29, 30, 31, 34, 57, 60, 86 e 95 della regola di Pacomio impongono le leggi più intollerabili di silenzio e di mortificazione.
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Le preghiere diurne e notturne de' Monaci vengono lungamente discusse da Cassiano ne' libri terzo e quarto delle sue Instituzioni; ed egli costantemente preferisce la liturgia, che un Angelo avea dettata a' Monasteri di Tabenna.
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Cassiano descrive per propria esperienza l'acedia o torpidezza di spirito e di corpo, a cui trovavasi esposto un Monaco, allorchè sospirava