Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 12. Edward Gibbon

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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 12 - Edward Gibbon


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Latini raccontano brevemente la perdita di Costantinopoli la cui conquista è stata in modo più soddisfacente descritta dai Greci, vale a dire da Acropolita (c. 85), da Pachimero (l. II, c. 26-27), da Niceforo Gregoras (lib. IV, c. 1, 2). V. Ducange, Hist. C. P., l. V, c. 19-27.

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V. i tre ultimi libri (l. V-VIII) e le tavole genealogiche del Ducange. Nell'anno 1382, l'Imperatore titolare di Costantinopoli era Giacomo di Bangs Duca di Andria, nel regno di Napoli, figlio di Margherita, figlia di Catterina di Valois, figlia questa di un'altra Catterina, che avea per padre Filippo figlio di Baldovino II (Ducange, l. VIII, c. 37,38). Ignorasi se egli abbia lasciato posterità.

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Abulfeda che vide l'ultimo periodo delle Crociate, parla del regno de' Franchi e di quello de' Negri, come di cose sconosciute egualmente (Proleg. ad geogr.). Se questo principe della Sorìa non avesse disdegnata la lingua latina, sarebbesi procurati facilmente libri ed interpreti.

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I Maomettani così chiamarono, e chiamano i Cristiani cattolici a cagione del culto che prestano alle Immagini, perchè non sanno, che quelli non prestano culto alle Immagini, che riferendosi agli esemplari di esse. (Nota di N. N.)

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L'Uezio nell'opera De interpretatione et de claris interpretibus (p. 131-135) dà una contezza succinta e superficiale di queste traduzioni dal latino in greco. Massimo Planude, frate di Costantinopoli (A. D. 1327-1353), ha tradotti i Comentarj di Cesare, il Sogno di Scipione, le Metamorfosi e le Eroidi d'Ovidio (Fabricius, Bibl. graec., t. X, pag. 533).

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È certo, che il Simbolo, ossia professione di Fede d'Atanasio, era riconosciuto a Roma, ed approvato, perchè egli già comprende gli stessi sentimenti, più sviluppati, che sono nel Credo ec. del Concilio di Nicea, dei quali il Papa Silvestro, ch'ebbe i suoi procuratori a quel Concilio, ed i di lui successori, furono sempre sostenitori contro gli Ariani, e contro i Semiariani. Sappiamo per altro da tutti gli Storici ecclesiastici, che alcuni anni dopo, il Papa legittimo Liberio, stanco dell'esilio e dolente della perdita della luminosa Sede Romana, cui l'aveva condannato l'Imperatore Costanzo figlio di Costantino, sostenitore degli Ariani contro gli Atanasiani, ossia Cattolici, sottoscrisse una formula di Fede Ariana, contraria a quella del Concilio di Nicea, non ammettendo il consubstantialem, scritto nel Credimus ec., di Nicea, e che il frutto ne fu il ricuperare il ricchissimo, e potente Vescovato di Roma: ma sappiamo altresì, che poscia fu egli dolente del suo fallo nella materia dogmatica, e ritornò a credere la divinità di Gesù Cristo, ammettendo la parola consubstantialem; siccome era stata dichiarata dal Concilio di Nicea nel Credimus ec. coll'espressione Jesum Christum Filium ejus consubstantialem Patri. Il fumoso Osio Vescovo di Cordova presidente del Concilio di Nicea, principale sostenitore della divinità di Gesù Cristo, e dell'espressione, consubstantialem Patri che la significava, e confidente di Costantino che fu con pompa imperiale, e con soldatesche al Concilio stesso, sottoscrisse pure la formula Ariana, negante la divinità di Cristo, sotto lo stesso Imperatore Costanzo, per evitare l'esilio, e per conservare l'immense ricchezze procacciatesi col favore dell'antecessore Imperator Costantino. Liberio cedette alle insinuazioni, e agli argomenti di due Vescovi Ariani, Arsacio e Valente: abbiamo già le lettere e le risposte. Vedi Lebbe, Collectio Conciliorum. (Nota di N. N.).


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