Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 11. Edward Gibbon

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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 11 - Edward Gibbon


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ma egli si anima poi quando gli accade il descriver battaglie. Due delle sue comparazioni, tratte dalla caccia del falco e della negromanzia, servono ad indicare i costumi dei suoi tempi.

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Il signor di Saint-Marc (t. II, p. 200-204) cita le lamentanze, o le censure che sulla condotta del Pontefice vennero fatte in allora da rispettabili personaggi. Avendo Pietro Damiano, l'oracolo di quella età, ricusato ai Papi il diritto di far la guerra, il cardinale Baronio (Annal. eccles. A. D. 1053, n. 10-17) rimanda l'eremita al suo posto (Lugens eremi incola) sostenendo con calore le prerogative delle due spade di S. Pietro[*].

* Si sa qual uso siasi sempre fatto ne' secoli passati di quell'espressione dell'Evangelo: ecce duo gladii hic, asserendo la Corte romana, e sostenendo i Teologi di quella Chiesa, che una delle due spade era la figura della forza delle scomuniche e dell'autorità spirituale del Papa, e l'altra della sua autorità nelle cose temporali. Quanto al Cardinal Baronio sanno gl'illuminati ingegni, ch'egli ne' suoi Annali ecclesiastici spesse volte eccede in favorire la Corte di Roma, e che quell'Opera corretta dal dottissimo Pagi, e nell'istoria, e nella cronologia, e ne' ragionamenti, acquistò maggior pregio dalla critica di lui, che dall'autore, che ebbe il merito d'aver ordinato gli Annali, ma non discernimento nel trattare la materia, e ne' giudizj. (Nota di N. N.)

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Il Giannone (Istor. civ. di Napoli, t. II, p. 37-49-57-66) discute con eguale abilità e come giureconsulto, e come antiquario, l'origine e la natura delle investiture pontificie: ma fa vani sforzi per conciliare insieme i doveri di patriota e di cattolico, e colla futile distinzione, Ecclesia romana non dedit, sed accepit, si sottrae alla necessità di una confessione sincera, ma pericolosa.

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Le particolarità che riguardano la nascita, l'indole e le prime imprese di Guiscardo, trovansi in Gioffredo Malaterra (l. I, c. 3, 4-11-16, 17, 18-38, 39, 40), in Guglielmo Pugliese (l. II, pag. 260-262), in Guglielmo Gemeticense, o di Jumièges (l. XI, c. 30, p. 663, 664, ediz. di Camden), in Anna Comnena (Alexiade, l. I, p. 23, 27, l. VI, p. 165, 166) colle note del Ducange (Not. in Alex. p. 230-232-320), che ha raccolte tutte le Cronache latine e francesi, e nuovi schiarimenti ne ha tratti.

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Ο δε Ρομπερτος (parola corotta alla Greca) ουτος ην Νορμαννος το γενος, την τυχην ασημος… e altrove εξ αφανους πανυ τυχης περιφανης, Romperto (parola corrotta alla greca invece di Roberto) era Normanno di nazione, ignobile di nascita… e altrove divenuto illustre dopo una nascita affatto oscura, e in un altro luogo (l. IV, p. 84) απο εουχατης πενιας και τυχης αφανους da una estrema miseria a da oscura nascita. Anna Comnena era nata per vero dir nella porpora; non così il padre suo di privata condizione, illustre bensì, ma innalzato dal merito solamente.

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Il Giannone (t. II, p. 2), dimenticando i suoi autori originali, per far derivare Guiscardo da una schiatta principesca, si fida alla testimonianza d'Inveges, frate agostiniano di Palermo, che vivea nell'ultimo secolo. Questi due autori prolungano la successione dei Duchi, fino a Guglielmo II il Bastardo o il Conquistatore, che credevasi (comunemente si tiene) il padre di Tancredi di Altavilla. Questo errore è maiuscolo, ed eccita tanta maggior maraviglia, che allor quando il figlio di Tancredi guerreggiava nella Puglia, Guglielmo II non avea più di tre anni (A. D. 1037).

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Il giudizio del Ducange è giusto e moderato: «Certe humilis fuit ac tenuis Roberti familia, si ducalem et regium spectemus apicem, ad quem postea pervenit; quae honesta tamen et, prater nobilium vulgarium statum et conditionem, illustris habita est, quae nec humi reperet, nec altum quid tumeret». (Guglielmo di Malmsb. De gest. Anglorum, l. III, p. 107, Not. ad Alexiad., p. 230).

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Citerò alcuni de' migliori versi del Pugliese (lib. II, pag. 270),

Pugnat utraque manu, nec lancea cassa, nec ensisCassus erat, quocunque manu deducere vellet.Ter dejectus equo, ter viribus ipse resumptisMajor in arma redit: stimulos furor ipse ministrat.Ut leo cum frendens, etc.· · · · · · · · · · · · · ·Nullus in hoc bello, sicuti post bella probatum est,Victor vel victus, tam magnos edidit ictus.

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Gli autori e gli editori normanni che meglio conoscevano la loro lingua, traduceano la parola Guiscardo o Wiscard nell'altra Callidus, uomo scaltrito ed astuto. La radice Wise è famigliare agli orecchi inglesi, e l'antico vocabolo Wiseacre offre all'incirca lo stesso significato, e la medesima desinenza. Την χυχην πανουργοτατος esprime assai bene il soprannome e l'indole di Roberto.

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La storia del modo onde Roberto Guiscardo si procacciò il titolo di Duca è un argomento assai intralciato ed oscuro. Seguendo le giudiziose osservazioni del Giannone, del Muratori e del Saint-Marc, ho procurato narrarla nella maniera più coerente e meno inverisimile.

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Il Baronio (Annal. ecclesiast. A. D. 1059, n. 69) ha pubblicato l'Atto originale, ch'ei dice aver copiato dal Liber censuum, manoscritto del Vaticano. Ciò nondimeno il Muratori ha pubblicato (Antiq. med. aevi; t. V, p. 851-908) un Liber censuum, ove un tale atto non trovasi; e i nomi di Vaticano e Cardinale destano egualmente i sospetti d'un protestante e d'un filosofo.

204

V. la vita di Guiscardo nel II e III libro del Pugliese, nel I e II di Gioffredo Malaterra.

205

Il Giannone (vol. II della sua Istoria civile l. IX, X, XI, e l. XVII, p. 460-470) narra con imparzialità le conquiste di Roberto Guiscardo e di Ruggero I, l'esenzione di Benevento, e delle dodici province del regno. Questa ripartizione però accadde soltanto sotto il regno di Federico II.

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Il Giannone (t. II, p. 119-127), il Muratori (Antiq. medii aevi, t. III, Dissert. 44, p. 935, 936), il Tiraboschi (Istor. della letteratura ital.) ne hanno offerto uno specchio storico de' medici della Scuola Salernitana. Quanto al giudicare la teorica e la pratica della lor medicina, è tal bisogna che ai nostri medici sol s'appartiene.

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L'instancabile Enrico Brenckmann ha aggiunte sul finire della sua Historia Pandectarum (Trajecti ad Rhenum, 1722, in 4.), due dissertazioni, De Repubblica amalphitana e Da Amalphi a Pisanis direpta, fondate sulla testimonianza di cenquaranta scrittori; ma poi ha dimenticati i due importanti passi dell'ambasceria di Luitprando (A. D. 959), ove s'instituisce un parallelo fra il commercio e la navigazione di Amalfi e di Venezia.

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Urbs Latii non est hac delitiosior urbe,Frugibus, arboribus vinoque redundat; et undeNon tibi poma, nuces, non pulchra palatia desunt,Non species muliebris, abest probitasque virorum.Guglielmus Appulus, l. III, p. 267.

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Il Muratori pretende che i versi di cui parlasi, sieno stati composti dopo l'anno 1066, epoca della morte di Odoardo il Confessore, rex Anglorum, al quale sono indiritti. Le opinioni intorno a ciò, o piuttosto gli sbagli del Pasquier (Recherches de la France, l. VII, c. 2), e del Ducange (Gloss. lat.) non indeboliscono in modo alcuno le prove del Muratori. Già nel settimo secolo, era conosciuta l'usanza de' versi rimati; usanza tolta alle lingue nortiche ed orientali (Muratori, Antiquit., t. III; Dissertat., n. 40, p. 686-708).

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Esattissima ed assai poetica è la descrizione di Amalfi fatta da Guglielmo Pugliese (l. III, p. 267) co' seguenti versi, il terzo de' quali sembra alla bussola riferirsi:

Nulla magis locuples
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