Brani inediti dei Promessi Sposi. Opere di Alessando Manzoni vol. 2 parte 2. Alessandro Manzoni

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Brani inediti dei Promessi Sposi. Opere di Alessando Manzoni vol. 2 parte 2 - Alessandro Manzoni


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Cardinale s'informò da lui e da qualche altro prete su lo stato delle cose per rapporto a Lucia, e potè esser certo che ogni pericolo era cessato per lei, giacchè il suo gran nimico e gli scherani di questo se n'erano iti con la coda tra le gambe, e quand'anche fossero stati sfrontati a segno di rimanere, i difensori di Lucia sarebbero stati dieci volte in numero più del bisogno. Quando ebbe questa certezza, Federigo ordinò che l'indomani di buon mattino la sua lettiga andasse a prendere Lucia e la madre, e impose all'ajutante di camera che si portassero provvigioni di vitto alla casetta delle donne, perchè le poverette e Lucia principalmente non provasse quei mancamenti e quei disagj che le avrebbero renduti increscevoli i primi momenti del ritorno, e prolungato in certo modo il sentimento amaro dell'assenza.

      All'indomani, alzatosi al solito di buon mattino, attese il Cardinale alle consuete operazioni, s'intrattenne alquanto col Conte del Sagrato, il quale non aveva mancato di venire a quella stazione della visita, come negli altri giorni, poscia andò nella chiesa, come era uso. Le funzioni non erano ancora terminate, che Lucia giunse con Agnese alla soglia della casetta paterna. Agnese aveva parlato per tutta la strada; la sua gioja, pel ritorno trionfale, la gioja di ricondurre salva a casa la figlia da tanti pericoli, la gioja d'esser divenuta conoscenza di Monsignore illustrissimo, l'aspettazione dell'accoglimento che le farebbero i parenti, i conoscenti, tutti i paesani erano sentimenti espansivi e distinti che si prestavano assai bene alla sua loquacità naturale. Ma i sentimenti di Lucia erano misti, intralciati, ripugnanti: erano di quelli sui quali la mente s'appoggia con una insistenza dolorosa per distinguerli e per assoggettarli; di quei sentimenti che non cercano di esser comunicati, nè trovano ancora la parola che li rappresenti. Rivedeva ella la sua casa, quella dove aveva passati tanti anni tranquilli, che aveva tanto desiderato e sì poco sperato di rivedere, ma quella casa che non era stata per lei un asilo, quella casa dove aveva data una promessa che non credeva di poter più attenere, dove aveva tante volte fantasticato un avvenire, divenuto ora impossibile. Era terribilmente in forse di Fermo: Agnese non le aveva potuto dire se non quello ch'ella stessa sapeva confusamente; che Fermo, cioè, dopo il tumulto di Milano del giorno di San Martino, aveva dovuto fuggire dalla città e uscire dallo Stato per porsi in salvo. E quand'anche Fermo fosse tornato tranquillamente, le ansietà di Lucia si sarebbero cangiate, ma non avrebbero cessato, perchè ella non poteva più esser sua. Tremava ancora nel pensiero che Fermo potesse essere informato del suo ratto, della sua prigionia, e non sapesse esattamente com'ella aveva fuggito ogni pericolo; la poveretta, mentre aveva rinunziato a Fermo, avrebbe voluto ch'egli sapesse ch'ella era in tutta degna di lui. Avrebbe voluto che Fermo fosse informato del voto ch'ella aveva fatto, senza ch'ella glielo dicesse, che egli l'approvasse con dolore, che non pensasse mai ad altra, nè più a lei, o per meglio dire, giacchè questa non era l'idea precisa di Lucia, avrebbe voluto che Fermo facesse tutti i giorni una risoluzione di non più pensare a lei; che si fosse ben ricordato che era suo dovere di dimenticarla. L'assenza del Padre Cristoforo accresceva ed esacerbava tutti questi cordoglj: le mancava l'ajuto e il consiglio; quegli a cui ella confidava anche i mezzi pensieri, quegli le cui parole la rendevano sempre più tranquilla e più conscia di sè stessa. Quanto a Don Rodrigo, egli era messo, almeno per qualche tempo, fuori del caso di far paura, e la rimembranza di quest'uomo, trista certo e orrenda per Lucia, non accresceva però le sue inquietudini. Pensava però che Don Rodrigo sarebbe tornato e rimasto e che il Cardinale non avrebbe potuto sempre aver l'occhio sopra di lei per difenderla, e da questo pensiero deduceva la necessità di trovare qualche dimora più sicura, e sperava che il Cardinale stesso ne avrebbe tolto l'incarico.

      Così, dopo d'avere abbracciata la zia, che l'accolse piangendo, Lucia la lasciò con Agnese, che se ne impadronì per raccontarle tante tante cose, e si ritirò nella sua stanza. Ivi, dopo d'aver ringraziato Dio dell'averla ricondotta quivi, oltre e contra la speranza, si mise a rivisitare tutte le sue masserizie, come per provare se potesse ricominciare la sua vita passata; ma non v'era oggetto nella casa, non v'era angolo al quale non fossero associate idee divenute dolorose e ripugnanti. Lucia prese come macchinalmente il suo arcolajo e sedette a dipanare la matassa di seta che aveva lasciata a mezzo quando Fermo venne a pigliarla per la spedizione del matrimonio clandestino.

      Dopo pochi momenti ecco giungere Perpetua affannata a dire che Monsignore, tornato di chiesa, aveva chiesto se Lucia era arrivata, e che udendo di sì, aveva ordinato che fosse tosto chiamata. Il signor Curato poi, aggiunse Perpetua sottovoce, mi ha imposto di dirvi, o Lucia, che vi ricordiate del parere che vi ha dato a Chiuso: ehm? sapete? di non dir nulla di quel tale affare; Agnese, m'intendete? del matrimonio, guardatevi dal parlarne, perchè, perchè i Cardinali passano e i curati restano. Le due donne si guatarono in viso, come per dire l'una all'altra: ora mò? non siamo più in tempo. Ma Agnese, fatta una faccia tosta, disse a Lucia: certo non bisogna dir nulla; e mettendo la bocca all'orecchio di Lucia continuò: del matrimonio clandestino. Guaj, vedi, è un guajo grosso. Lucia con queste due ingiunzioni, l'una delle quali era ineseguibile, e l'altra poteva dipendere dalle domande che il Cardinale le avrebbe fatte, s'incamminò, tutta pensierosa e agitata, con le due donne, alla casa del curato. Per la via incontrarono la folla, che uscita dalla chiesa si diffondeva nel contorno; e Lucia fu accolta con acclamazioni86, e fermata ad ogni passo da saluti, fra i quali, vergognosa, con gli occhi bassi e gonfj, entrò nella casa parrocchiale, e fu tosto condotta nella stanza dov'era Federigo, il quale la ricevè con le solite precauzioni.

      Dopo alcune inchieste cortesi sul suo viaggio, sul piacere ch'ella aveva provato nel rivedere la sua casa, Federigo la interrogò di nuovo sull'affare del matrimonio. Lucia dovette rispondere e raccontò tutta la faccenda fino al clandestino, dove si fermò come un cavallo che ha veduto un'ombra, e ristà con una sosta improvvisa e singolare, che non è quella solita d'allora che è giunto al termine del suo viaggio. Federigo, che s'avvide di qualche cosa, domandò a Lucia che risoluzione avesse presa ella, sua madre, lo sposo quando si videro chiusa la via a quella unione che desideravano e che chiedevano legittimamente. Agnese udendo questo, cominciò a far certi visacci a Lucia, cercando di non lasciarli scorgere al Cardinale (cosa non molto facile), e questi visacci volevano dire: rispondi: niente, abbiamo aspettato con pazienza. Lucia stava interdetta: Federigo, che vedeva tutto – l'avrebbe veduto un cieco nato – disse ad Agnese, con un contegno tranquillo e serio: Perchè non lasciate esser sincera la vostra figlia? e volto a Lucia: parlate liberamente, continuò: Dio vi ha assistita: dategli gloria con dire la verità. Lucia allora spiattellò tutta la storia del clandestino, e la narrazione divenne allora liscia, verisimile e ben congegnata.

      – Avete confessata una colpa, disse tranquillamente Federigo: Dio ve la perdoni e… a chi v'ha dato una tentazione così forte di commetterla. Ma d'ora in poi, buona figliuola, e voi, buona donna, non fate più di quelle cose che non raccontereste volentieri.

      Quindi passò a chiedere a Lucia dove fosse Fermo; che ora il matrimonio poteva e doveva esser tosto conchiuso.

      Questo era un punto ancor più rematico. Le dirò io… cominciava Agnese, ma il Cardinale le diede un'occhiata, la quale significava, ch'egli sperava la verità più da Lucia che da lei, onde Agnese ammutì; e Lucia singhiozzando, rispose: Fermo, povero giovane, non è qui; s'è trovato in quei garbugli di Milano e ha dovuto fuggire; ma son certa ch'egli non ha fatto male, perchè era un giovane di timor di Dio.

      – Ma che ha fatto in quel giorno? chiese ancora il Cardinale: quale è la sua colpa?

      – Non ne sappiamo di più, rispose Lucia.

      Il Cardinale, giacchè altri non v'era a cui domandare, si volse ad Agnese, la quale, rianimata, disse: Se volessi potrei inventare una storia per contentare Vossignoria illustrissima, ma sono incapace d'ingannare una gran persona, come Ella è; e non sappiamo proprio niente di più.

      – Dio buono! disse il Cardinale: insidie, colpe, sciagure, incertezze, ecco il mondo dei grandi e dei piccioli. Ma voi, disse a Lucia, che pensate adunque di fare intanto?

      – Io, rispose Lucia, io vedo che il Signore ha deciso altrimenti di me, che non mi vuole in quello stato, e ho messo il mio cuore in pace. E se trovassi dove vivere tranquillamente, fuor d'ogni pericolo; se potessi esser ricevuta conversa in un monastero… consecrarmi a Dio…

      – Oh che furia! sclamò Agnese.

      – Voi vi siete promessa, buona giovane, disse Federigo: vi siete allora risoluta a promettere senza riflessione, leggermente?

      – Questo


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<p>86</p>

Lascerei queste righe, per dare maggiore brevità, e perchè queste acclamazioni sono cosa troppo simile alle altre in cui Lucia fu nominata plaudendo al Cardinale. [Postilla del Visconti].