Gioia!. Annie Vivanti

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Gioia! - Annie Vivanti


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Urlai, strillai, diedi dei calci nella porta e nel muro, corsi in su e in giù, aprii e richiusi una porticina in fondo su cui spiccavano due lettere maiuscole dell'alfabeto inglese....

      Un altro fischio, un rintocco di campana, un rullìo: il treno usciva dalla stazione – andava a Ginevra senza di me! La festa del fidanzamento avrebbe luogo senza la fidanzata.

      Colla calma della completa stupefazione sedetti sull'unica seggiola – quella della custode – e cercai di riordinare i miei pensieri sconvolti. Non c'era più treno per Ginevra fino alle 2 del mattino. Viceversa c'era un treno proveniente da Ginevra alle 23,28. Pensai: Lucien prenderà quel treno e verrà a cercarmi. Chiederà, cercherà; interrogherà il bigliettario, il capostazione.... Il bigliettario non mi aveva veduta, poichè avevo preso il biglietto direttamente da Glion; ma il capostazione, sì. Durante quei pochi minuti in cui avevo girato per la stazione prima di venir qui, l'avevo scorto col suo berretto rosso; ed anch'egli mi aveva veduta. Era un capostazione giovane, con baffetti biondi.... e se li era arricciati, guardandomi. Sì, sì! il capostazione direbbe a Lucien d'avermi veduta; mi cercherebbero, mi troverebbero, mi salverebbero!

      Ma erano le 19,10. Come far passare le ore fino alle 23,28? Non avevo altra occupazione che di lucidarmi le unghie; non avevo altro da guardare che il lavabo di marmo, la saponetta rosa, l'asciugamano e la tavola; non avevo altro da leggere che le due lettere maiuscole sulla porticina in fondo.

      Mi chiusi nei miei pensieri. Pensai a Lucien, al mio avvenire con lui.... pensai al pranzo di famiglia.... agli alberi di Natale accesi per il mondo....

      E lentamente – oh! come lentamente! – le ore passarono. Ogni tanto emettevo qualche strillo per il caso che qualcuno potesse udire. Ma la mia voce in quel silenzio mi gelava il sangue. Cominciai ad aver paura, a guardarmi attorno; mi pareva di veder muovere delle ombre negli angoli della stanza.

      Allora provai a dire tutte le preghiere che sapevo; poi tutte le poesie che ricordavo. Cominciai con «Napoléon écolier».

      «À genoux, à genoux au milieu de la classe,

      L'enfant mutin,

      Dont l'esprit est de feu pour l'algèbre, et de glace

      Pour le latin!…».

      Ma il terrore mi riprese, mi agghiacciò. Il cuore mi batteva così forte che pensai: «Adesso morirò di sincope. Mi troveranno domani, giorno di Natale, seduta qui, morta – tragica e ridicola in questa esecrabile «Toilette».

      Le 22. Le 22 e un quarto. Le 22 e mezzo. Le 23. A momenti sarebbe arrivato il treno da Ginevra.... e Lucien! Questo pensiero mi agitò tanto che mi misi a gridare e non smisi più; gridai, gridai frenetica e forsennata, e i corridoi vuoti echeggiarono dei miei urli stridenti.

      Un passo! Sì, era un passo. Smisi di strillare un attimo per ascoltarlo, poi ripresi più forte. Il passo si fermò; indi riprese, affrettandosi, avvicinandosi: e una voce chiamò:

      – Allò! allò! Dove siete?

      – Qui! qui! qui! – e lo stridìo della mia voce si ripercuoteva in tutti gli angoli.

      – Ma dove?

      – Qui! Toilette pour Dames! Luxe! Cinquante centimes! – ululai. E caddi, quasi svenuta, sulla seggiola.

      Dopo molto lavorìo colla maniglia la porta si aprì, e il mio salvatore apparve sulla soglia. Era il capostazione.

      Mi guardò stupefatto. – Mais qu'est-ce qui arrive?

      – Qu'est-ce qui arrive? Qu'est-ce qui arrive? – feci io, balzandogli incontro come una Furia. – Arrive che io dovevo essere a Ginevra per il mio pranzo di fidanzamento e che sono qui, da quattro ore, a strillare, a soffocare, a spasimare....

      – Oh! che disastro! – esclamò il capostazione; ma mi parve di scorgere sotto ai suoi baffi biondi tremolare un sorriso represso. Questo m'infuriò.

      – È iniquo – gridai, – è infame. Farò un processo, a voi, alla Compagnia, alla Direzione, alla Federazione. Sì, vi processerò; perchè non avete il diritto di rinchiudere una creatura in questo posto immondo la notte della Vigilia di Natale....

      E il mio pianto sgorgò.

      – Creda, sono desolato, – diss'egli; – ma non capisco.... – e tenendo la porta aperta girò due o tre volte la maniglia e poi la chiave ch'era al di fuori. – La serratura funziona perfettamente.

      – Già – esclamai sarcastica. – Perfettamente! Difatti.... – E con un riso di scherno gli volsi le spalle.

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