Orlando Furioso. Lodovico Ariosto

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Orlando Furioso - Lodovico Ariosto


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d'amar lei, quando non t'era aperta

      la fraude sua: or è da odiar ben forte,

      poi che con gli occhi tuoi tu vedi certa,

      quanto sia meretrice, e di che sorte.

      Serbi quest'arme che volti in te stesso,

      a far dinanzi al re tal fallo espresso. —

55

      Quando si vede Ariodante giunto

      sopra il fratel, la dura impresa lascia;

      ma la sua intenzion da quel ch'assunto

      avea già di morir, poco s'accascia.

      Quindi si leva, e porta non che punto,

      ma trapassato il cor d'estrema ambascia;

      pur finge col fratel, che quel furore

      non abbia più, che dianzi avea nel core.

56

      Il seguente matin, senza far motto

      al suo fratello o ad altri, in via si messe

      da la mortal disperazion condotto;

      né di lui per più dì fu chi sapesse.

      Fuor che 'l duca e il fratello, ogn'altro indotto

      era chi mosso al dipartir l'avesse.

      Ne la casa del re di lui diversi

      ragionamenti e in tutta Scozia fersi.

57

      In capo d'otto o di più giorni in corte

      venne inanzi a Ginevra un viandante,

      e novelle arrecò di mala sorte:

      che s'era in mar summerso Ariodante

      di volontaria sua libera morte,

      non per colpa di borea o di levante.

      D'un sasso che sul mar sporgea molt'alto

      avea col capo in giù preso un gran salto.

58

      Colui dicea: – Pria che venisse a questo,

      a me che a caso riscontrò per via,

      disse: – Vien meco, acciò che manifesto

      per te a Ginevra il mio successo sia;

      e dille poi, che la cagion del resto

      che tu vedrai di me, ch'or ora fia,

      è stato sol perc'ho troppo veduto:

      felice, se senza occhi io fussi suto! —

59

      Eramo a caso sopra Capobasso,

      che verso Irlanda alquanto sporge in mare.

      Così dicendo, di cima d'un sasso

      lo vidi a capo in giù sott'acqua andare.

      Io lo lasciai nel mare, ed a gran passo

      ti son venuto la nuova a portare. —

      Ginevra, sbigottita e in viso smorta,

      rimase a quello annunzio mezza morta.

60

      Oh Dio, che disse e fece, poi che sola

      si ritrovò nel suo fidato letto!

      percosse il seno, e si stracciò la stola,

      e fece all'aureo crin danno e dispetto;

      ripetendo sovente la parola

      ch'Ariodante avea in estremo detto:

      che la cagion del suo caso empio e tristo

      tutta venìa per aver troppo visto.

61

      Il rumor scorse di costui per tutto,

      che per dolor s'avea dato la morte.

      Di questo il re non tenne il viso asciutto,

      né cavallier né donna de la corte.

      Di tutti il suo fratel mostrò più lutto;

      e si sommerse nel dolor sì forte,

      ch'ad esempio di lui, contra se stesso

      voltò quasi la man per irgli appresso.

62

      E molte volte ripetendo seco,

      che fu Ginevra che 'l fratel gli estinse,

      e che non fu se non quell'atto bieco

      che di lei vide, ch'a morir lo spinse;

      di voler vendicarsene sì cieco

      venne, e sì l'ira e sì il dolor lo vinse,

      che di perder la grazia vilipese,

      ed aver l'odio del re e del paese.

63

      E inanzi al re, quando era più di gente

      la sala piena, se ne venne, e disse:

      – Sappi, signor, che di levar la mente

      al mio fratel, sì ch'a morir ne gisse,

      stata è la figlia tua sola nocente;

      ch'a lui tanto dolor l'alma trafisse

      d'aver veduta lei poco pudica,

      che più che vita ebbe la morte amica.

64

      Erane amante, e perché le sue voglie

      disoneste non fur, nol vo' coprire:

      per virtù meritarla aver per moglie

      da te sperava e per fedel servire;

      ma mentre il lasso ad odorar le foglie

      stava lontano, altrui vide salire,

      salir su l'arbor riserbato, e tutto

      essergli tolto il disiato frutto. —

65

      E seguitò, come egli avea veduto

      venir Ginevra sul verrone, e come

      mandò la scala, onde era a lei venuto

      un drudo suo, di chi egli non sa il nome,

      che s'avea, per non esser conosciuto,

      cambiati i panni e nascose le chiome.

      Soggiunse che con l'arme egli volea

      provar tutto esser ver ciò che dicea.

66

      Tu puoi pensar se 'l padre addolorato

      riman, quando accusar sente la figlia;

      sì perché ode di lei quel che pensato

      mai non avrebbe, e n'ha gran maraviglia;

      sì perché sa che fia necessitato

      (se la difesa alcun guerrier non piglia,

      il qual Lurcanio possa far mentire)

      di condannarla e di farla morire.

67

      Io non credo, signor, che ti sia nuova

      la legge nostra che condanna a morte

      ogni donna e donzella, che si pruova

      di sé far copia altrui ch'al suo consorte.

      Morta ne vien, s'in un mese non truova

      in sua difesa un cavallier sì forte,

      che contra il falso accusator sostegna

      che sia innocente e di morire indegna.

68

      Ha fatto il re bandir, per liberarla

      (che pur gli par ch'a torto sia accusata),

      che vuol per moglie e con gran dote darla

      a chi torrà l'infamia che l'è data.

      Chi per lei


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