Orlando Furioso. Lodovico Ariosto

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Orlando Furioso - Lodovico Ariosto


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sia.

      Carlo di qua di là non sta mai fermo:

      va soccorrendo, e fa per tutto schermo.

104

      Siede Parigi in una gran pianura,

      ne l'ombilico a Francia, anzi nel core;

      gli passa la riviera entro le mura,

      e corre, ed esce in altra parte fuore.

      Ma fa un'isola prima, e v'assicura

      de la città una parte, e la migliore;

      l'altre due (ch'in tre parti è la gran terra)

      di fuor la fossa, e dentro il fiume serra.

105

      Alla città, che molte miglia gira,

      da molte parti si può dar battaglia:

      ma perché sol da un canto assalir mira,

      né volentier l'esercito sbarraglia,

      oltre il fiume Agramante si ritira

      verso ponente, acciò che quindi assaglia;

      però che né cittade né campagna

      ha dietro, se non sua, fin alla Spagna.

106

      Dovunque intorno il gran muro circonda,

      gran munizioni avea già Carlo fatte,

      fortificando d'argine ogni sponda

      con scannafossi dentro e case matte;

      onde entra ne la terra, onde esce l'onda,

      grossissime catene aveva tratte;

      ma fece, più ch'altrove, provedere

      là dove avea più causa di temere.

107

      Con occhi d'Argo il figlio di Pipino

      previde ove assalir dovea Agramante;

      e non fece disegno il Saracino,

      a cui non fosse riparato inante.

      Con Ferraù, Isoliero, Serpentino,

      Grandonio, Falsirone e Balugante,

      e con ciò che di Spagna avea menato,

      restò Marsilio alla campagna armato.

108

      Sobrin gli era a man manca in ripa a Senna,

      con Pulian, con Dardinel d'Almonte,

      col re d'Oran, ch'esser gigante accenna,

      lungo sei braccia dai piedi alla fronte.

      Deh perché a muover men son io la penna,

      che quelle genti a muover l'arme pronte?

      che 'l re di Sarza, pien d'ira e di sdegno,

      grida e bestemmia e non può star più a segno.

109

      Come assalire o vasi pastorali,

      o le dolci reliquie de' convivi

      soglion con rauco suon di stridule ali

      le impronte mosche a' caldi giorni estivi;

      come li storni a rosseggianti pali

      vanno de mature uve: così quivi,

      empiendo il ciel di grida e di rumori,

      veniano a dare il fiero assalto i Mori.

110

      L'esercito cristian sopra le mura

      con lance, spade e scure e pietre e fuoco

      difende la città senza paura,

      e il barbarico orgoglio estima poco;

      e dove Morte uno ed un altro fura,

      non è chi per viltà ricusi il loco.

      Tornano i Saracin giù ne le fosse

      a furia di ferite e di percosse.

111

      Non ferro solamente vi s'adopra,

      ma grossi massi, e merli integri e saldi,

      e muri dispiccati con molt'opra,

      tetti di torri, e gran pezzi di spaldi.

      L'acque bollenti che vengon di sopra,

      portano a' Mori insupportabil caldi;

      e male a questa pioggia si resiste,

      ch'entra per gli elmi, e fa acciecar le viste.

112

      E questa più nocea che 'l ferro quasi:

      or che de' far la nebbia di calcine?

      or che doveano far li ardenti vasi

      con olio e zolfo e peci e trementine?

      I cerchi in munizion non son rimasi,

      che d'ogn'intorno hanno di fiamma il crine:

      questi, scagliati per diverse bande,

      mettono a' Saracini aspre ghirlande.

113

      Intanto il re di Sarza avea cacciato

      sotto le mura la schiera seconda,

      da Buraldo, da Ormida accompagnato,

      quel Garamante, e questo di Marmonda.

      Clarindo e Soridan gli sono allato,

      né par che 'l re di Setta si nasconda;

      segue il re di Marocco e quel di Cosca,

      ciascun perché il valor suo si conosca.

114

      Ne la bandiera, ch'è tutta vermiglia,

      Rodomonte di Sarza il leon spiega,

      che la feroce bocca ad una briglia

      che gli pon la sua donna, aprir non niega.

      Al leon sé medesimo assimiglia;

      e per la donna che lo frena e lega,

      la bella Doralice ha figurata,

      figlia di Stordilan re di Granata:

115

      quella che tolto avea, come io narrava,

      re Mandricardo, e dissi dove e a cui.

      Era costei che Rodomonte amava

      più che 'l suo regno e più che gli occhi sui;

      e cortesia e valor per lei mostrava,

      non già sapendo ch'era in forza altrui:

      se saputo l'avesse, allora allora

      fatto avria quel che fe' quel giorno ancora.

116

      Sono appoggiate a un tempo mille scale,

      che non han men di dua per ogni grado.

      Spinge il secondo quel ch'inanzi sale;

      che 'l terzo lui montar fa suo mal grado.

      Chi per virtù, chi per paura vale:

      convien ch'ognun per forza entri nel guado;

      che qualunche s'adagia, il re d'Algiere,

      Rodomonte crudele, uccide o fere.

117

      Ognun dunque si sforza di salire

      tra il fuoco e le ruine in su le mura.

      Ma tutti gli altri guardano, se aprire

      veggiano passo ove sia poca cura:

      sol Rodomonte sprezza di venire,

      se non dove la via meno è sicura.

      Dove nel caso disperato e rio

      gli altri fan voti, egli bestemmia Dio.

118

      Armato era


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