Il Fiume Di Gennaio. Enrico Tasca

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Il Fiume Di Gennaio - Enrico Tasca


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      Federico aveva tentato di spiegare che Milano aveva sì un brutto clima ma, pur non essendo sfacciatamente appariscente come Rio, aveva una bellezza nascosta, che bisognava imparare a scoprire. Bastava guardare nei cortili, alzare lo sguardo verso i giardini pensili, entrare nelle chiese, apprezzare gli aspetti culturali e la gente "col coeur en man". A Luma la cultura interessava poco e di gente con il cuore in mano non ne aveva mai incontrata, ma soprattutto sentiva la mancanza del sole, del mare e dell'allegria della sua città natale. Inoltre non si dava pace per aver lasciato lo studio di avvocati dove, appena laureata, aveva iniziato a far pratica. A Milano non avrebbe certo potuto fare l'avvocato, troppo diverse le leggi e poi la sua laurea non era riconosciuta in Italia.

      I primi screzi erano iniziati quando Luma si era resa conto di non poter contare a Milano su una donna di servizio fissa, come si usava in Brasile, ma di doversi sobbarcare tutte le incombenze della casa. Quando poi la bambina aveva cominciato ad andare all'asilo si era sentita sempre più sola, si annoiava a non far nulla tutto il giorno e non era riuscita a farsi delle amiche nuove. Federico lavorava molto e spesso non riusciva a pranzare a casa o tornava tardi la sera. Lui aveva anche pensato di ritrasferirsi a Rio, ma il rischio di un nuovo fallimento era troppo grande. Come avrebbe potuto ricominciare, senza soldi e con il suo nome nella lista nera delle banche? Milano era la città dove aveva vissuto prima di partire per il Brasile, dove aveva fatto l'Università senza riuscire a finirla e dove aveva i contatti giusti e il lavoro stava ingranando. Era riuscito ad accedere al tempio della pubblicità, dove circolava parecchio denaro. Ci voleva solo pazienza e tenacia, due doti che non gli mancavano.

      Resta il fatto che a un certo punto, per motivi che ancora oggi faceva fatica a capire, sua moglie era tornata in Brasile con la bambina e lui non aveva fatto niente per fermarla. Avrebbe potuto rivolgersi ad un avvocato, per cercare almeno di avere la custodia della figlia, ma vi rinunciò. Era talmente sotto choc che sembrava quasi non importargli più niente di nulla. Passò il più brutto periodo della sua vita, anche perché era molto innamorato di Luma e l'idea di averla persa lo faceva uscire di senno. Era molto affezionato anche alla piccola Olga, alla quale, le sere in cui riusciva a tornare a casa non troppo tardi, era solito raccontare storie fantastiche, dopo averla messa a letto.

      Cadde in depressione e gli amici più cari cominciavano a preoccuparsi seriamente per la sua salute mentale. Per fortuna il suo amore per la fotografia lo salvò. Piano piano riuscì a uscire dal tunnel, a ritrovare il suo equilibrio di sempre. Alcune sue foto piacquero molto, fece delle mostre e vinse dei premi, insomma la tanto agognata scalata al successo divenne ben presto una realtà.

      Luma, dopo essere tornata a Rio, aveva ripreso il suo lavoro presso lo stesso studio di avvocati nel quale aveva fatto il praticantato ed aveva divorziato da Federico che non si era opposto. Dopo parecchi anni aveva incontrato un imprenditore edile pieno di soldi, Agostinho detto Ago, che le aveva fatto una corte spietata per mesi. Alla fine si erano sposati ed erano andati a vivere a Leblon con Olga e una ragazza che il neo marito aveva avuto da una precedente relazione. Queste cose Federico le aveva sapute dalla figlia, perché con la madre parlava assai poco e quasi sempre di cose pratiche, come la scuola di Olga, le vacanze di Olga, il dentista di Olga, i corsi di inglese di Olga e così via.

      Dopo anni, sempre da Olga, aveva saputo che Luma si era separata anche dal secondo marito e che madre e figlia erano andate a vivere in un appartamento in affitto a Ipanema.

       Anche Estela amava il mare, ma più che il mare le piacevano i "dané", come aveva imparato a dire in milanese. Il suo era un mestiere che non durava molto, e voleva mettere da parte abbastanza soldi da poter tornare magari a Rio e mettere su un negozio di abbigliamento o qualcosa di simile. L'unico ostacolo a questo progetto era il suo ragazzo, Dado. Gli voleva bene, ma non avrebbe rinunciato ai suoi sogni per causa sua. Se le voleva altrettanto bene avrebbe potuto seguirla in Brasile. L’aveva conosciuto tramite Teo, e se ne era subito invaghita, forse perché sentiva il disperato bisogno di un uomo o forse perché aveva visto in quel bel giovanotto, elegante e gentile, la possibilità di avere un futuro in Italia. Si era quindi attaccata a lui come un naufrago ad una tavola di legno. Avevano cominciato a uscire insieme e Dado, che lavorava nel settore, le aveva anche dato una grossa mano e l'aveva introdotta negli ambienti giusti della moda e della pubblicità. La loro era una relazione atipica, spesso Dado spariva senza dare spiegazioni, ma al tempo stesso era geloso e tempestava Estela di domande, ad esempio quando le capitava di dover andare a cena con qualcuno per lavoro. Un giorno lei lo aveva affrontato a muso duro gridandogli che un rapporto per funzionare doveva anche essere basato sulla fiducia e che se lui non aveva fiducia in lei, come lei l'aveva in lui, allora sarebbe stato meglio andare ognuno per la sua strada. Se Dado pensava che bastasse esser bravi a letto per tenersi una donna allora non aveva capito niente della vita.

      Quella sfuriata sembrò funzionare, almeno per un po'. Il loro rapporto assunse una piega diversa dai primi tempi, lui diventò più aperto e si concessero reciprocamente una maggiore libertà.

       Beatriz si sentiva un po' annoiata. Le sue vacanze non erano state granché. La madre abitava a São Paulo, in un elegante quartiere residenziale dove Beatriz aveva trascorso la sua infanzia e la sua adolescenza. Aveva fatto gli studi in una scuola italiana, il Colégio Dante Alighieri, situato a pochi metri dalla Avenida Paulista, la via più importante di São Paulo, inaugurata alla fine dell' 800, la prima strada asfaltata della città. Era stata voluta fortemente dai produttori di caffè che l'avevano arricchita costruendo ai lati ville sontuose, poi demolite per far posto ai grattacieli.

      Aveva anche iniziato a studiare all'Università, ma il mondo le era poi crollato addosso con la morte del padre, avvenuta a seguito di una rapina nella banca dove lavorava come funzionario, e da quel momento nulla sarebbe più stato come prima. Dopo parecchi anni la madre si era risposata con uno di Curitiba, un certo Juscelino, nome voluto dal padre in onore del Presidente Juscelino Kubitschek, creatore di Brasilia, e da cui aveva avuto un altro figlio, Thiago, un ragazzo superficiale e presuntuoso che Beatriz non sopportava, anche se era il suo fratellastro.

      La ragazza non andava molto d'accordo neppure con il patrigno, un personaggio cinico e secondo lei anche un po' imbroglione, che non parlava d'altro che di soldi. L'atmosfera in casa diventava sempre più pesante. Quindi dopo essere stata assunta dalla banca dove aveva lavorato il padre, era andata a vivere per conto suo, dividendo un piccolo appartamento con un'amica.

      Comunque voleva molto bene alla madre e capiva che quelle sue visite annuali le facevano un gran piacere e quindi soffriva in silenzio. Sempre per amore filiale non aveva neppure fatto storie circa il fatto che la madre vivesse con la nuova famiglia nell'appartamento di sua proprietà. Il padre, anni prima di morire, quando era stato operato all'esofago, aveva infatti scritto di suo pugno un testamento nel quale lasciava alla figlia la proprietà del suo unico bene, l'appartamento di Via Rocha Azevedo, ed alla moglie l'usufrutto. Ma questa era un'altra storia.

      Beatriz non aveva trovato un volo diretto da São Paulo e aveva quindi dovuto fare scalo a Rio, città che detestava per la sua superficialità. Le piaceva fare un paragone tra le città italiane e quelle brasiliane: São Paulo come Milano, Rio come Roma e Bahia come Napoli, ma era solo un gioco. Si trattava di due universi totalmente differenti.

       Federico si divertiva ad osservare la gente. I ritratti erano una delle sue passioni fotografiche e con gli anni si era convinto di riuscire a capire cosa si celava dietro la maschera che indossiamo dalla nascita. Non era semplice. Alle volte feroci assassini avevano l'aspetto di bravi ragazzi e brutti ceffi si rivelavano poi buoni come il pane. Ma gli occhi erano rivelatori dell'animo, difficile mascherare l'emotività, i sentimenti. Per passare il tempo quindi Federico si divertiva ad osservare la gente. Avevano annunciato un leggero ritardo nel volo ed il viaggio era lungo. Era rilassato o forse rassegnato a lunghe attese, ma tanto aveva davanti un lungo weekend per riposarsi. A Milano nessuno lo stava aspettando. Aveva avuto una compagna per qualche tempo, ma poi era tutto finito.

      Dopo Luma non aveva più voluto risposarsi e in fondo stare solo non gli dispiaceva affatto. Non disdegnava peraltro avventure occasionali, talvolta anche con le sue modelle, alla faccia dell'etica professionale. Non era uno psichiatra che andava a letto con la sua paziente!


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