Se lei sapesse . Блейк Пирс

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Se lei sapesse  - Блейк Пирс


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suoi pensieri, e sul fatto che se anche aveva fatto un casino, la vita in qualche modo finiva sempre col sembrare ciclica nella sua natura.

      ***

      Non ebbe un’ondata emotiva quando varcò i portoni principali per entrare nell’ampio atrio del quartier generale dell’FBI. Era almeno molto consapevole di non sentirsi più parte di quel luogo – come una donna che torna in visita alla sua vecchia scuola superiore per scoprire che i corridoi adesso la facevano sentire triste invece che nostalgica.

      Il senso di familiarità aiutava, però. Nonostante si sentisse fuori posto, le pareva anche di non essere stata via per così tanto tempo. Percorse l’atrio, fece il check-in in reception, e andò agli ascensori come se fosse stata lì solo la settimana precedente. Persino gli spazi chiusi dell’ascensore erano di conforto mentre la portavano su all’ufficio dell’assistente direttore Duran.

      Quando uscì dall’ascensore ed entrò nella sala d’attesa di Duran, vide la stessa receptionist che poco più di un anno prima sedeva alla stessa scrivania. Non si erano mai date del tu, ma la receptionist si alzò dalla scrivania e corse ad abbracciarla.

      «Kate! È così bello vederti!»

      Fortunatamente, il nome della receptionist le tornò alla mente proprio al momento giusto. «Anche per me, Dana» disse Kate.

      «Non pensavo che te la saresti cavata bene con la pensione» scherzò Dana.

      «Sì, è una bella noia.»

      «Be’, entra pure» disse Dana. «Ti sta aspettando.»

      Kate bussò alla porta chiusa dell’ufficio. Scoprì che persino la risposta piuttosto burbera che sentì dall’altro lato la fece sentire a suo agio.

      «È aperto» disse la voce dell’assistente direttore Vince Duran.

      Kate aprì la porta ed entrò. Si era preparata per vedere Duran ed era assolutamente pronta. Quel che non si aspettava, comunque, era il viso del suo vecchio partner. Logan Nash le sorrise subito, alzandosi da una delle sedie di fronte alla scrivania di Duran.

      Duran parve distogliere lo sguardo per un attimo per permettere la riunione. Kate e Logan Nash si incontrarono alle sedie destinate ai visitatori con un abbraccio amichevole. Aveva lavorato con Logan per gli ultimi otto anni della sua carriera. Lui aveva dieci anni meno di lei, ma era sulla buona strada per costruirsi una carriera illustre quando lei aveva lasciato il lavoro.

      «È bello vederti, Kate» le disse piano all’orecchio mentre si abbracciavano.

      «Anche per me» disse lei. Il cuore le si gonfiò e lentamente, quasi fastidiosamente, capì che a prescindere da come provasse a raccontarsela quella parte della sua vita nell’ultimo anno le era mancata moltissimo.

      Quando l’abbraccio si sciolse, presero entrambi goffamente posto di fronte a Duran. Durante il tempo che avevano trascorso insieme come partner, erano stati seduti in quello stesso posto numerose volte. Ma mai per questioni disciplinari.

      Vince Duran fece un respiro molto profondo ed esalò in un sospiro. Kate non riusciva ancora a capire quanto fosse arrabbiato.

      «Dunque, non meniamo il can per l’aia» disse Duran. «Kate, lo sai perché sei qui. E ho assicurato al capo Budd che avrei gestito la situazione in modo molto efficiente. Lui è parso d’accordo con la cosa e io sono alquanto certo che tutta la disavventura in cui hai lanciato un sospetto dal suo porticato d’ingresso verrà messa sotto al tappeto. Quello che vorrei sapere, però, è come sei arrivata sul portico di quel poveretto.»

      Kate sapeva che la conversazione severa che si era aspettata non ci sarebbe stata. Duran era un mostro di uomo, grossomodo centootto chili di cui la maggior parte non erano che muscoli. Aveva trascorso del tempo in Afghanistan quando aveva vent’anni e anche se lei non aveva mai saputo tutto quello che aveva fatto lì, i pettegolezzi dilagavano. Aveva visto e fatto cose brutte, e spesso ne mostrava le rughe in viso. Però oggi pareva di buon umore. Si chiese se non fosse perché non le stava più parlando come a una persona che lavorava sotto di lui. Sembrava più che stesse rivedendo una vecchia amica.

      Ciò le rese facile dirgli dell’assassinio di Julie Hicks – la figlia della sua buona amica Deb Meade. Spiegò nei dettagli della visita alla casa dei Meade e di quanto i coniugi fossero sembrati sicuri. Poi ripeté la scena sul portico di Neilbolt, spiegando come avesse cominciato con il difendersi per poi in verità aver spinto le cose forse un po’ troppo in là.

      In qualche occasione ottenne una risatina da Logan. Duran, nel frattempo, rimaneva più che altro privo di espressione. Quando ebbe finito aspettò la sua reazione, e rimase confusa quando tutto ciò che ottenne da lui fu una stretta di spalle.

      «Senti… per quanto mi riguarda» disse, «non è un problema. Per quanto tu potresti aver ficcato il naso in affari che non ti riguardavano, quel tizio non aveva ragione di metterti le mani addosso – soprattutto dopo che gli hai detto di essere un’ex agente dell’FBI. È stato stupido da parte sua. L’unica cosa per cui solleverei un sopracciglio è il fatto che gli hai messo le manette.»

      «Come ho detto… mi sono fatta un po’ prendere.»

      «Tu?» chiese Logan con finta sorpresa. «No!»

      «Che cosa sai del caso?» chiese Duran.

      «Solo che è stata uccisa a casa sua mentre il marito era via per lavoro. L’ex fidanzato era l’unica vera pista e i poliziotti lo hanno rilasciato in un modo piuttosto rapido. Dopo però ho scoperto che ha un alibi di ferro.»

      «Nient’altro?» chiese Duran.

      «Niente di cui abbia sentito.»

      Duran fece un cenno di assenso e poi riuscì a esibire un sorriso cordiale. «Allora, oltre a lanciare uomini fatti giù dai portici come va con la pensione?»

      «È un inferno» ammise. «Le prime settimane sono state bellissime, però mi sono stancata presto. Mi manca il lavoro. Sono finita col leggere una quantità esorbitante di libri su crimini veri. Guardo fin troppi programmi gialli su Biography Channel.»

      «Rimarresti sorpresa da quanto spesso lo sento dire da agenti nei primi sei-dodici mesi dalla pensione. Alcuni chiamano implorando per avere un qualche tipo di lavoro. Qualsiasi cosa abbiamo. Persino scartoffie di schifose intercettazioni.»

      Kate non disse nulla ma annuì per indicare che riusciva a identificarsi.

      «Eppure tu non hai chiamato» disse Duran. «A essere sincero, mi aspettavo che lo facessi. Non pensavo che riuscissi a mollare tutto così facilmente. E questo piccolo incidente mi dà ragione.»

      «Con tutto il dovuto rispetto» disse Kate, «mi hai fatto venire qui per darmi un buffetto sulla guancia o per sbattermi in faccia che non riesco a superare il mio vecchio lavoro?»

      «Nessuna delle due» disse Duran. «Ieri stavo esaminando i tuoi documenti dopo la telefonata da Richmond. Ho notato che ti è stato chiesto di testimoniare a un’udienza per la condizionale. Giusto?»

      «Sì. Per il caso Mueller. Duplice omicidio.»

      «È la prima volta che vieni contattata per il lavoro da quando sei andata in pensione?»

      «No» disse, piuttosto sicura che lui la risposta la conoscesse già. «Un paio di mesi dopo la pensione mi ha chiamata l’assistente di un agente per farmi delle domande su un caso irrisolto al quale l’ultima volta ho lavorato nel 2005. E alcuni degli analisti mi hanno contattata qualche volta per la metodologia che ho seguito in casi più vecchi.»

      Duran annuì e si posò un po’ contro lo schienale della sedia. «Dovresti anche sapere che alcuni dei nostri istruttori all’accademia stanno usando alcuni dei tuoi studi dei primi casi come esempio nei programmi di studio. Hai lasciato un segno qui all’agenzia, agente Wise. E, onestamente, io speravo che saresti stata uno degli agenti che si mettono a chiamare per vedere che cosa possono fare per aiutare anche dopo la pensione.»

      «Stai dicendo che vuoi che mi metta a dare la mia assistenza in alcuni casi, allora?» chiese


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