La Bugia Perfetta. Блейк Пирс

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La Bugia Perfetta - Блейк Пирс


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essere un uomo che aveva subito due pugnalate solo due mesi prima, sempre ad opera di suo padre (sembrava che ultimamente tutte le persone che conosceva venissero assalite e ferite da suo padre), Hernandez sembrava piuttosto in forma.

      L’avambraccio sinistro non era neanche più fasciato. L’altra ferita era sul lato sinistro dell’addome. Ma dato che l’agente ora era in piedi e stava ridendo, era probabile che neanche quella gli desse più tanto disturbo.

      Mentre Decker la accompagnava verso di lui, Jessie si sentì perplessa per il suo attuale sentimento di irritazione nel vedere Hernandez in atteggiamento così scherzoso. Avrebbe dovuto essere felice di non vederlo depresso perché il suo matrimonio era andato in pezzi e perché era stato quasi ucciso. Ma se stava così bene, perché non l’aveva contattata più di quelle due volte molto sbrigative negli ultimi due mesi?

      Lei si era sforzata molto di più per contattarlo e raramente lo aveva sentito fare lo stesso. Aveva pensato che la cosa fosse dovuta alla sua difficile situazione, e aveva deciso di lasciargli spazio perché si riprendesse. Ma per come lo vedeva ora, tutto sembrava essere al profumo di rose.

      “È bello vedere la Sezione Speciale Omicidi così di buon umore in una mattinata così bella,” tuonò Decker, facendo sobbalzare i cinque uomini e la donna che facevano parte dell’unità. Il detective Alan Trembley, distratto come sempre, lasciò addirittura cadere la sua brioche.

      La Sezione Speciale Omicidi era una divisione a cui venivano assegnati casi di alto profilo, spesso con intenso scrutinio mediatico. Ciò significava un sacco di omicidi con molteplici vittime, oppure casi di omicidi seriali. Era un compito prestigioso e Hernandez era considerato il migliore della squadra.

      “Ma guarda chi è tornata,” disse con entusiasmo il detective Callum Reid. “Non sapevo che tornavi oggi. Ora finalmente è tornata un po’ di classe qua dentro.”

      “Sai,” disse Jessie, decidendo di accogliere l’allegria del gruppo, “potresti avere classe anche tu, Reid, se non ne mollassi una ogni dieci secondi. Non è così difficile.”

      Tutti scoppiarono a ridere.

      “È divertente perché è vero,” disse Trembley allegramente, i riccioli biondi e selvaggi che rimbalzavano mentre rideva. Si tirò su gli occhiali sul naso, cosa che faceva di continuo, dato che gli scivolavano sempre giù.

      “Come ti senti, Jessie?” chiese Hernandez quando le risate si furono placate.

      “Sto recuperando,” disse lei, cercando di non suonare fredda. “Pare che tu stia alla grande.”

      “Ci sono quasi,” disse lui. “Ho ancora qualche dolorino, ma come continuo a dire al capitano qui, se mi lasciasse giocare un po’, potrei davvero fare la differenza. Sono stanco di stare in panchina, coach.”

      “È sempre la stessa storia, Hernandez,” disse Decker con il suo tono scontroso, chiaramente stufo della consueta analogia con la squadra di calcio. “Hunt, ti do qualche minuto per sistemarti. Poi daremo un’occhiata al tuo lavoro. Ho un bel mucchio di casi di omicidio irrisolti che potrebbero avere bisogno di un occhio fresco. Magari il punto di vista di una profiler potrebbe dare uno scossone alla situazione. Mi aspetto che tutti voi mi diate aggiornamenti sui vostri casi tra cinque minuti nel mio ufficio. A quanto pare avete tempo libero.”

      Si diresse verso il suo ufficio, brontolando fra sé e sé. I componenti del team misero insieme le loro cartelle mentre Hernandez si lasciava cadere sulla sedia di fronte a Jessie.

      “Tu non hai niente di cui fare rapporto?” gli chiese lei.

      “Non ho ancora nessun caso mio. Ho passato tutto il tempo a dare aggiornamenti a questa gente. Magari adesso che sei tornata possiamo metterci in squadra per convincere Decker a mandarci fuori a seguire qualcosa. Noi due insieme facciamo quasi una persona sana.”

      “Sono contenta che tu sia di così buon umore,” disse Jessie, cercando disperatamente di non dire di più, ma fallendo clamorosamente. “Mi avrebbe fatto piacere se mi avessi detto prima che stavi tanto bene. Me ne sono stata alla larga perché pensavo che stessi sistemando le tue cose.”

      Il sorriso di Hernandez sfumò mentre capiva pian piano quello che gli stava dicendo. Parve soppesare il modo in cui rispondere. Mentre aspettava la sua risposta e nonostante la sua irritazione, Jessie non poté fare a meno di ammettere che quell’uomo si era davvero mantenuto bene, pur avendo dovuto gestire un divorzio e delle brutte ferite.

      Sembrava tutto d’un pezzo. Non c’era un ciuffo di capelli neri fuori posto. Gli occhi castani erano limpidi e concentrati. E in qualche modo, nonostante le ferite, era riuscito a tenersi in forma. Poteva aver perso qualche chilo, probabilmente per la difficoltà a mangiare dopo che lo stomaco gli era stato aperto a metà. Ma all’età di trentun anni, aveva ancora l’aspetto tonico di uno che si allenava molto spesso.

      “Sì, a proposito di questo,” iniziò a dire, risvegliandola dalle sue considerazioni. “Volevo chiamarti, ma il fatto è che sono successe delle cose e non ero sicuro di come parlartene.”

      “Che genere di cose?” gli chiese lei nervosamente. Non le piaceva la direzione che il discorso stava prendendo.

      Hernandez abbassò lo sguardo, come se stesse decidendo come affrontare al meglio quello che era evidentemente un argomento delicato. Dopo cinque minuti buoni, risollevò lo sguardo su di lei. Proprio mentre stava per aprire bocca, Decker uscì di scatto dall’ufficio.

      “Abbiamo una sparatoria a opera di una gang nella Westlake Nord,” gridò. “La scena è ancora attiva. Ci sono già quattro morti e un numero indefinito di feriti. Mi servono SWAT, HSS e unità gang subito sul posto. Tutto l’equipaggio a bordo, gente!”

      CAPITOLO TRE

      Subito tutti si misero in moto nella centrale. Molti si diressero verso il centro per l’attrezzatura tattica, dove presero dell’artiglieria pesante e giubbotti anti-proiettile. Jessie ed Hernandez si scambiarono uno sguardo, insicuri sul da farsi. Lui fece per alzarsi dalla sedia, quando Decker lo fermò.

      “Non ci pensi neanche, Hernandez. Non pensi di potersi nemmeno solo avvicinare a questa faccenda.”

      Hernandez si lasciò ricadere sulla sedia. Sia lui che Jessie osservarono la frenesia della stazione con effettiva gelosia. Dopo pochi minuti, le cose si calmarono e la gente rimasta nella centrale tornò al proprio lavoro. Prima di quel turbinare di attività, nella centrale c’erano state con tutta probabilità una cinquantina di persone. Ora sembrava una città fantasma. Inclusi Hernandez e Jessie, c’erano meno di dieci persone in tutto.

      Improvvisamente Jessie sentì un forte tonfo. Si voltò e vide che il capitano Decker aveva lasciato cadere sulla sua scrivania una dozzina di spesse cartelle.

      “Questi sono i casi che voglio farle revisionare,” disse. “Avevo sperato di potervi dare un occhio insieme a lei, ma ovviamente sarò piuttosto impegnato nelle prossime ore.”

      “Aggiornamenti sulla sparatoria?” gli chiese Jessie.

      “La sparatoria è terminata. Si sono sparpagliati tutti non appena sono arrivate le nostre pattuglie. Siamo saliti a sei morti, tutti di gang rivali. Un’altra dozzina circa sono feriti. Abbiamo una trentina di agenti e una dozzina di detective che stanno rastrellando la zona. Senza parlare della SWAT.”

      “E io?” chiese Hernandez. “Come posso essere di aiuto, capitano?”

      “Può dare un’occhiata ai casi dei suoi colleghi fino a che non tornano. Sono certo che lo apprezzeranno molto. Ora devo tornare a questa cosa delle gang.”

      Rientrò di corsa nel suo ufficio, lasciandoli soli con le loro montagne di carte.

      “Secondo me sta facendo lo stronzo apposta,” mormorò Hernandez.

      “Vuoi finire di dirmi quello che mi stavi raccontando prima?” chiese Jessie, chiedendosi se non stesse forse tirando troppo.

      “Non ora,” rispose


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