Mai Sfidare Il Cuore. Amy Blankenship
Читать онлайн книгу.nascondeva bene la propria invidia per Toya e per l’amore che Kyoko provava per lui. Era rimasto con il gruppo solo per starle accanto, per proteggerla… ma lei aveva occhi soltanto per Toya.
Shinbe serrò le mascelle, avrebbe dovuto comportarsi come gli altri due fratelli, Kyou e Kotaro, che si erano separati dal gruppo per combattere Hyakuhei da soli. Ma sapeva che doveva rimanere per tenere Kyoko al sicuro. Era uno dei suoi guardiani e lei ne aveva bisogno. Anche Kyou e Kotaro la proteggevano da lontano.
Shinbe sapeva di aver celato molto bene la propria attrazione per Kyoko. Ci aveva lavorato su parecchio, anche correndo dietro alle altre ragazze… soprattutto quando Kyoko era nei paraggi, così non avrebbe mai scoperto il suo segreto. Tutti pensavano che lui amasse le donne in generale, non sapevano che il suo cuore apparteneva soltanto alla sacerdotessa.
Di solito sceglieva sempre Suki, perché sapeva che lo avrebbe schiaffeggiato e il dolore lo avrebbe aiutato a dimenticare. Era un codardo quando si trattava di confessare a Kyoko i suoi veri sentimenti.
Ultimamente le cose stavano peggiorando, gli riusciva sempre più difficile nasconderli. Kyoko si fidava di lui, gli sorrideva, gli parlava, confidandogli spesso i propri sentimenti quando lui la vedeva turbata per il comportamento immaturo di Toya. Tutto questo lo stava distruggendo poco a poco.
Senza rendersi conto di dove stesse andando, Shinbe alzò lo sguardo e sospirò. Era arrivato al giardino del santuario, si era avvicinato alla statua senza neanche accorgersene. Kyoko non avrebbe attraversato il portale del tempo a tarda notte… quindi perché era arrivato fin lì?
Fissò la statua e i suoi occhi riflessero la luce della luna. Decise che quel posto andava bene per dormire… era “sicuro” come qualunque altro posto in un mondo pieno di demoni.
Distese la coperta sull’erba soffice senza dare importanza al misterioso bagliore che lo circondava, attribuendolo inconsciamente alla luce della luna. Si sdraiò e chiuse gli occhi, aspettando i sogni che sarebbero arrivati presto come sempre. Lo perseguitavano, facendogli desiderare che lei lo vedesse non come un guardiano o un amico… ma come un uomo.
Kyoko gemette, resistendo all’impulso di dare una testata al muro. La sua coscienza iniziava a dare i numeri e lei era abbastanza alticcia da iniziare a fare lo stesso. Non era sua intenzione ubriacarsi con Tasuki e i suoi amici del college, era stato un errore. Era andata alla festa di Halloween come aveva promesso, sapendo che non avrebbe bevuto. Certo che no! Non aveva mai bevuto.
Ringhiò e alzò lo sguardo al cielo… come poteva sapere che tutta quella macedonia di frutta era rimasta a macerare nell’alcol per giorni? Aveva pensato che fosse pompelmo e ne aveva mangiato parecchio, prima che iniziasse ad avvertire gli effetti dell’alcol.
Kyoko inciampò da sola e si raddrizzò subito per non cadere. «Che pasticcio.» mormorò, sapendo che nessuno poteva sentirla. Era in ritardo e sapeva che avrebbe dovuto affrontare Toya. Il pensiero che lui la rimproverasse gridando le fece venire già il mal di testa.
«Benvenuta all’inferno.» borbottò, calciando un sasso.
Sperava con tutta se stessa che Toya avrebbe aspettato fino al mattino, prima di andare a prenderla di persona. O, meglio ancora, che avrebbe aspettato il suo ritorno senza fare niente. Ubriaca com’era, non era lucida e non voleva litigare con lui, ma non voleva neanche tornare a casa. Sua madre l’avrebbe rimproverata per una settimana intera se avesse scoperto che era ubriaca, nonostante si fosse trattato di un incidente.
Kyoko si sforzò di camminare dritta e, alla fine, individuò il santuario dietro casa sua. Chiuse un occhio per mettere meglio a fuoco e ridacchiò, poi pensò: «Oddio, sono ubriaca sul serio.». Scrollando le spalle, fece l’unica cosa che sapeva fare.
Entrò nel santuario e si appoggiò alla statua, sperando di arrivare sana e salva nell’altra dimensione prima di svenire.
Shinbe stava vivendo il suo ennesimo sogno erotico in cui Kyoko era sotto di lui e continuava a gridare il suo nome, gridando mentre lui la faceva sua e cancellava Toya dalla sua mente.
Si svegliò di soprassalto… con il corpo madido di sudore. Respirando a fatica, gli sembrava di vivere ancora quel sogno, in cui lei ricambiava il suo amore. Le sue grida gli risuonavano ancora nelle orecchie. Il cuore gli batteva forte, premendogli contro le costole al ritmo con cui lui si spingeva in lei nel sogno.
Shinbe si mise a sedere e si portò le mani sul viso. Incapace di trattenersi, gridò nel silenzio della notte, sfogando tutto il dolore e la rabbia per quell’ingiustizia. Lui voleva soltanto amarla e la cosa lo stava divorando lentamente.
Sentendo un rumore di rami spezzati, abbassò subito le mani. Con i suoi occhi color ametista scrutò l’area e incrociò lo sguardo scioccato di Kyoko. La sua mente sembrò andare al rallentatore.
“No, non può essere… non adesso.” pensò. Lei aveva gli occhi spalancati e una mano sulla bocca, aveva sentito il suo grido. “Ti prego… vattene.” la implorò mentalmente, “Non puoi stare qui, non adesso, è troppo pericoloso… io sono pericoloso.”.
Shinbe la guardò mentre abbassava la mano, continuando a fissarlo con aria preoccupata. Poi la vide avvicinarsi barcollando e si chiese se fosse reale o se stesse ancora sognando.
Kyoko stava cercando di capire se aveva preso la direzione giusta per l’accampamento, quando aveva sentito un grido disumano non molto distante. Si era concentrata per capire da dove provenisse, il cuore le batteva ancora forte per lo spavento. Poi aveva visto Shinbe sdraiato lì, su una coperta, tutto solo. Doveva essere stato lui a gridare.
Lei voleva sapere cos’era successo… qualcuno era stato ucciso? Doveva essere così, per costringere un guardiano così tranquillo e affettuoso a gridare in quel modo. Kyoko cercò di tenere le gambe dritte mentre gli si avvicinava.
Shinbe gemette quando lei fece ciò che non doveva fare… gli s’inginocchiò accanto e allungò una mano per toccarlo.
«Shinbe, che succede? Qualcuno è stato ferito?».
Lui percepiva la paura nella sua voce, pensava che fosse successo qualcosa di brutto. Gli venne quasi da ridere ma si trattenne, lei non conosceva il suo segreto. Era ancora al sicuro, poteva ancora nasconderle il proprio cuore.
Un’altra ondata di vertigini travolse Kyoko, facendole perdere l’equilibrio mentre s’inginocchiava. Si era chinata troppo in avanti e gli era caduta addosso. Soffocando una risatina, si ricordò che qualcosa non andava e cercò di concentrarsi. Le sembrava quasi di essere in un sogno…
Shinbe aveva il petto nudo, i suoi muscoli erano tesi. Non lo aveva mai visto a torso nudo e rimase meravigliata. Arrossì, sapendo che non avrebbe dovuto pensare quelle cose… lui era un suo guardiano e un amico.
Cercando di smaltire la sbornia, Kyoko scosse la testa, ma la cosa non la aiutò. Guardò Shinbe negli occhi, non si era mosso di un centimetro e non le aveva ancora detto cos’era successo. Pregò che lo facesse, perché l’espressione sul suo volto stava iniziando a farla preoccupare.
Il corpo di Shinbe tremava mentre cercava di non toccare Kyoko. Qualcosa di più potente sembrava istigarlo, esortandolo ad allungare la mano per prendere ciò che voleva di più al mondo. Stava andando tutto così bene, ma poi lei era arrivata e gli era caduta addosso. Shinbe sapeva che i propri occhi dovevano esserle sembrati pieni di dolore, portandola a chiedersi cosa fosse successo.
C’era qualcosa che non andava e lui non riuscì a trattenere ciò che sembrava finire fuori controllo.
«Non ce la faccio più.», la sua voce era rotta per la forza delle sue emozioni. Con quelle parole stava cercando di avvertirla, di dirle di andarsene e tornare dall’altra parte del portale del tempo, dove sarebbe stata al sicuro. E di non tornare indietro finché lui non sarebbe riuscito a riprendere il controllo, continuando a nascondere il proprio segreto. Tutti i suoi sensi cercavano di avvertirlo del pericolo, ma la sua mente non riusciva a controllare quel desiderio così intenso.
Kyoko rimase sorpresa per quelle parole così sofferenti, e si rattristò. Tutti lo ritenevano il più equilibrato del gruppo, il collante che lo teneva unito. Persino lei adorava percepire la sua calma, il suo umorismo e la