Dedicato A Sara. Marco Fogliani

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Dedicato A Sara - Marco Fogliani


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raccontato tutto alla sorella, e magari alla mamma. Aveva atteso quel bacio più che altro con tanta curiosità, per tanti che ne aveva visti in televisione, per sapere quello che avrebbe provato. Una curiosità pericolosa, pensò lui quando lo venne a sapere: perché in seguito lo venne a sapere, tra di loro non c'erano segreti. La stessa curiosità infantile che aveva su tante altre cose viste in televisione, riguado all'amore tra l'uomo e la donna e … la nascita dei bimbi.

      Rimasero ancora un po' insieme in macchina, in silenzio, mano nella mano. Pensosi, sorridenti, guardandosi negli occhi sognanti. Poi lei, col dito del suo guanto, disegnò sul vetro appannato davanti a sé un grande cuore, e dentro le loro iniziali, S ed M.

      Marco pensava a tutt'altro qualche sera dopo, accompagnando sua madre da qualche parte, non ricordo bene dove. La macchina era la stessa, quella pensata e comprata per Sara; per la sua principessa si trasformava in carrozza, ma normalmente era una normale utilitaria.

      Il tempo e le faccende della settimana avevano momentaneamente relegato il ricordo di qualche sera prima nella cassaforte dei fatti indimenticabili e più preziosi della sua vita.

      “E questo cos'è?”, se ne uscì a un tratto la mamma che fino a un attimo prima aveva parlato di tutt'altro, di vestiti eleganti e di occasioni importanti.

      “Cosa?”, chiese Marco che, guardando da quella parte verso la strada, non aveva notato nulla di particolare.

      “Questo. S ed M, dentro a un cuore”.

      Era più che evidente a tutti e due che cosa fosse.

      Lui rimase sbalordito. Sul vetro non vedeva e non aveva visto niente da quella sera, ma sua mamma non era un'indovina. Aveva scassinato la cassaforte segreta dei suoi ricordi più belli, anzi lui si era dimenticato di chiuderla, e ora si sentiva come se fosse stato derubato. Perché, a differenza di Sara, era troppo geloso di quel ricordo, e non avrebbe voluto dividerlo con nessuno, neanche con la mamma.

      “S sta per Sara”, spiegò ciò che era più che ovvio.

      Fermandosi al primo semaforo rosso, si spostò verso il punto di vista di sua madre. In effetti, da una certa angolazione e con una certa luce, il cuore e le iniziali si vedevano ancora.

      “ Adesso lo cancello”, pensò. “ O forse no. E' bellissimo, è meraviglioso, e forse sarebbe giusto che tutti lo vedano”.

      La macchina sarebbe stata lavata, poi venduta e rottamata. Le vicende della vita, alcune molto tristi, avrebbero separato per sempre i destini di quei due innamorati. Altri amori; magari anche figli. Ma quel cuore con le loro iniziali, indelebile (così come il loro primo bacio, e tutto ciò che la memoria avrebbe salvato di una interminabile serie di bei ricordi vissuti insieme), non sarebbe stato mai più cancellato, per tutta la loro vita.

      LE CARTOLINE DI CLARA

      Ritenevo il mio amico una persona a posto, diciamo quasi normale. Uno comunque con cui poter trascorrere piacevolmente una piccola vacanza di relax e spensieratezza. Anche lui “single”, passione per il tennis ed il mangiar bene e altri interessi simili ai miei: devo dire che la vacanza era riuscita bene.

      Curiosando tra le cartoline che stava per spedire - poche, così come le mie - ho scoperto inaspettatamente che oltre a quella per la sua mamma, che mi aveva fatto firmare, ce n’era un’altra strana di cui non mi aveva detto niente. La mandava a casa sua ma ad una ragazza, ed in essa si era firmato con un altro nome. Da lui, neo-ingegnere, mi sarei aspettato qualche stranezza magari di tipo tecnologico: non avevo considerato che anche questa categoria di persone, come noi mortali, ha un cuore e può andare in tilt per piccoli problemi sentimentali.

      Lì per lì non gli ho detto nulla per non fargli scoprire quanto mi fossi impicciato degli affari suoi: ma durante il viaggio di ritorno, rilassati e di buon umore, non sono riuscito a frenare la mia curiosità e ho cercato una conferma alle mie ipotesi.

      “Dimmi un poco, ma tu sei fidanzato, o convivi?”

      “Nessuna delle due”, mi ha risposto.

      “Allora abiti con una sorella?”

      “Ma che ti salta in mente?”

      “Sai, ho visto la cartolina che ti sei mandato al tuo indirizzo.” Pensavo che l’avesse mandata per gelosia, o per scoprire qualche tresca, di cui gli mancava una prova certa, da parte della sua ragazza o forse di sua sorella. Da come si era messo a ridere ho capito di essere molto fuori strada. Allora con molta tranquillità ha iniziato a raccontarmi la storia delle cartoline di Clara.

       Sai, quando ho comprato la casa vicino a Tivoli ne ero molto soddisfatto. Una villa, per meglio dire. Un po’ fuori mano, anche se qualche volta al giorno, a orari fissi, servita da un piccolo vecchio autobus di linea. Non poteva essere che piccolo, per potersi disimpegnare in quella tortuosa stradina di campagna, e visto che i passeggeri erano sempre così pochi.

       Tra tante belle ville immerse nella natura, soprattutto tra gli olivi, la mia si distingueva per un qualcosa di indefinibile che la rendeva di gran lunga la più desiderabile. Forse la sua posizione dominante, da cui si spaziava con lo sguardo per tutta la piccola valle; o forse la maestosità e floridezza del vialetto d’ingresso. A maggio era più bello che mai, pieno di fiori colorati che in altri mesi non sospetti nemmeno. Vedendo quella fioritura mi ero ripromesso di curarli e starci dietro: e l’ho fatto con piacere, distogliendo dal tennis un po’ del mio tempo libero.

      

       Il postino passava una volta a settimana, in genere il sabato mattina. Una qualche volta avrei voluto chiedergli un’informazione, ma evidentemente era sempre troppo presto per me. Certo che il mio non era un proposito molto fermo, sia perché si trattava comunque di una faccenda di secondaria importanza, sia perché nei fine settimana avevo sempre avuto l’abitudine di poltrire liberamente. E questa mia inclinazione, favorita dall’aria fine e dall’allegro cinguettare degli uccelli, si era ulteriormente accentuata da quando abitavo in quella villa.

       Volevo chiedergli di una cartolina che mi era arrivata, destinata ad una persona che chiaramente non ero né io né, per quanto mi pareva di ricordare, nessuno della famiglia che prima abitava lì. Ma d’altronde cosa poteva saperne il postino? (Se anche si impicciasse della posta che consegna non lo verrebbe certo a dire a me). Avrei dovuto chiederlo all’ex proprietario. Ma già una volta, incontrandolo, mi l'ero lasciata sfuggire l'opportunità di parlagliene. Quando però di cartolina ne arrivò un’altra, sempre al mio indirizzo e per la stessa persona, ho pensato che valesse la pena fargli una telefonata.

      

      “ Mi scusi se la disturbo, dottor Beltrami: ma il nome di Clara Bagnucci, a lei, dice qualcosa?”

      “ Clara Bagnucci? Ah, si, ha ragione: avrei dovuto avvertirla. Immagino che abbia ricevuto qualche cartolina per lei da parte di Aristide.”

      “ Infatti. Lei sa di chi si tratta?”

      “ Si, certamente. I Bagnucci abitavano in quella casa prima di me: anzi, penso che siano stati loro a farla costruire. Gran brave persone, in verità, anche se un po’ sfortunate. Ma dopo che i due figli maggiori si sono sposati la casa è diventata troppo grande per loro, e poi troppo fuori mano visto che ormai non guidavano più. Così si sono trasferiti in paese. Se vuole posso darle l’indirizzo, non le sarà difficile trovarli: li conoscono tutti. Forse ho anche il numero di telefono.”

       L’idea di fare da postino supplementare per questa Clara non mi attirava affatto. Avrei potuto farlo fare a qualche ragazzetto dietro compenso,


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