La Vicina Perfetta. Блейк Пирс

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La Vicina Perfetta - Блейк Пирс


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“Ma vale per le scuole per ‘ragazzi normali’ e non per i licei dove ci sono studenti che ‘affrontano estreme difficoltà emotive e psicologiche’. E poi sarebbe comunque tra un altro mese. Per favore, non schiacciare il mio spirito già di per sé fragile.”

      “Scusa,” disse Jessie.

      “E la tua giornata?” chiese Ryan a Jessie, cambiando rapidamente argomento.

      “Sarebbe potuta andare meglio,” ammise lei. “Dolan mi ha detto che non sono riusciti a inchiodare Kyle. È stato praticamente un chierichetto da quando è uscito. Stanno considerando di ritirare la sorveglianza.”

      “Che schifo.”

      “Davvero,” confermò lei. “Quasi quanto essere tenuta da parte dal mio compagno e dal mio mentore professionale quando cerco di avere dettagli sul caso a cui stanno lavorando, perché sono preoccupati che mi metta a sbavare davanti a loro.”

      “Uh-oh.”

      “Uh-oh cosa?” gli chiese.

      “Uh-oh, Garland mi aveva avvisato che saresti arrivata a chiedermi informazioni perché lui non ne aveva condivise.”

      “Ah sì?” insistette lei. “Ti ha dato dei consigli su come gestirmi?”

      “Ha detto di restare forte e di non lasciarmi intimidire dal tuo feroce interrogatorio.”

      Jessie sorrise malevola.

      “Come pensi che te la caverai?”

      “Sono sicuro di potercela fare,” le disse, camminando verso la camera da letto. “Ma prima vado a farmi una doccia.”

      “Sai che le tattiche di stallo funzionano solo fino a un certo punto,” gli gridò mentre scompariva alla vista senza rispondere.

      Jessie fissò la porta, chiedendosi se avrebbe potuto bruciarla con la sola intensità del suo sguardo.

      “Ehm,” mormorò Hannah titubante. “Odio infierire quando sei già così infervorata, ma l’agnello che volevo fare arrosto ha un odore strano. Penso che dovremo buttarlo via, il che significa che non ci sono programmi per la cena.”

      Jessie sentì le spalle che si afflosciavano involontariamente. Questa giornata stava finendo male come era cominciata.

      “Ho il piano di riserva,” disse alla fine.

      “Ti prego, non dirmi che intendi provare a cucinare qualcosa,” disse Hannah con tono sinceramente preoccupato.

      “Sai, sono riuscita a mettere la cena in tavola quasi tutte le sere per anni prima che tu venissi a vivere qui. Abbia un minimo di fede.”

      “Quasi tutte le sere?” ripeté Hannah.

      “Certe sere non avevo così tanta fame,” disse Jessie sulla difensiva.

      “Giusto,” rispose Hannah, poco convinta. “Ordini una pizza, vero?”

      Jessie sentì una fitta di vergogna al sentire quelle parole.

      “Sì, ordino la pizza.”

      CAPITOLO SETTE

      Quando Garland fu arrivato in cima alla collina, il sole era già tramontato.

      Mentre percorreva la strada ormai familiare fino a Manhattan Beach, poteva ancora vedere l’oceano dove le onde si infrangevano in prossimità della spiaggia. Ma non aveva proprio la stessa maestosità della sera precedente, quando il crepuscolo stava solo iniziando a calare.

      Si disse che non aveva importanza, che era tornato qui per la seconda sera di seguito per un’indagine, non per il panorama. Ma non ne era del tutto convinto neppure lui. Sì, qualcosa nella scena del crimine gli stava rodendo dentro. Però la verità era anche che stava cercando una scusa per fare due passi lungo le ventilate strade della spiaggia per surfisti, con i loro ristorantini con veranda e i negozi per la degustazione vini.

      Trovò un parcheggio vicino alla strada principale e scese dall’auto, percorrendo la Highland Avenue fino alla stazione di polizia. Strada facendo, poté sentire un odore che assomigliava a costolette arrosto provenire a un ristorantino all’angolo. Passò accanto a una bancarella con stampe neozelandesi e indiane e resistette all’impulso di mettersi a curiosare.

      Andò invece dritto fino al quartiere della centrale, dove diede il proprio nome al sergente al banco. L’agente Timms della sera precedente uscì dall’ufficio e gli diede la chiave della casa di Charles e Gail Bloom, dove Priscilla era morta.

      “Posso venire con lei, se vuole,” si offrì il giovane agente. “Ho il turno di notte e qui le cose sono piuttosto tranquille.”

      “Grazie,” rispose Garland. “Ma a volte mi piace stare da solo sulla scena, senza nessuna distrazione. Trovo che mi sia di aiuto per scoprire cose che prima mi sarebbero potute sfuggire. Ma prometto di restituire la chiave tra poche ore.”

      Dopo aver lasciato la centrale, Garland passeggiò casualmente scendendo il ripido viale pedonale che conduceva alla Strand. A quell’ora, quasi le nove di sera, era per lo più tranquillo. C’era qualcuno che faceva jogging e alcune persone che portavano fuori il cane per l’ultima uscita prima della notte. In effetti dovette aggirare la scia di urina lasciata da un canide particolarmente negligente.

      Percorse lentamente l’ultimo isolato fino alla casa dei Bloom, ascoltando il rumore delle onde e il richiamo dei gabbiani. Sapeva che una volta entrato in quella casa, il suo cervello sarebbe partito in quarta e tutti i piccoli piaceri che ora stava apprezzando sarebbero stati immediatamente dimenticati. Stava solo tentando di ritardare l’inevitabile.

      Quando arrivò, scivolò sotto al nastro di delimitazione della polizia, assicurandosi di restare nell’ombra in modo che il recente vedovo Garth Barton non lo vedesse se per caso stesse guardando fuori dalla finestra. Solo perché era stato scagionato, non voleva dire che quell’uomo non fosse uno stronzo. Garland era felice che fosse la polizia del posto a farsi venire il mal di testa trattando con lui.

      Aprì la porta ed entrò. La casa era buia, anche se ancora si vedeva il segno del gesso a indicare dove si era trovato il corpo di Priscilla Barton. Guardando quel punto, ricordò la conversazione che il detective Hernandez aveva detto di aver avuto quella mattina con i proprietari.

      Era sorprendente che neanche la notizia di una donna morta nel loro foyer bastava a farli tornare dalla loro vacanza. Purtroppo, con loro e il marito della vittima eliminati dall’elenco dei sospettati, attualmente stavano sbattendo contro un muro. Ecco perché era venuto qui: per trovare un nuovo punto di vista.

      Fece un giro di perlustrazione al piano terra prima di salire di sopra, motivo principale per cui era tornato. C’era qualcosa che lo aveva preoccupato per tutto il giorno, ma non aveva capito cosa fosse fino a che non si era trovato in auto, diretto verso casa. Quando si era reso conto di cosa fosse, era ormai quasi rincasato. Invece di continuare, aveva girato la macchina verso sud per tornare alla villa dei Bloom. Strada facendo aveva chiamato il Dipartimento di Polizia di Manhattan Beach per dire loro che intendeva dare un’altra occhiata alla scena, e loro gli avevano assicurato che alla centrale avrebbe trovato la chiave ad aspettarlo.

      In cima alle scale, accese la sua piccola torcia e imboccò il corridoio fino alla camera matrimoniale. Dopo essersi permesso un momento per osservare la grande stanza con il letto a baldacchino, si spostò verso quello che immaginò essere il comò di Gail Bloom. Anche se si sentiva un po’ un pervertito, si infilò i guanti e aprì il primo cassetto, che ipotizzò contenere la biancheria intima della donna. A volte il lavoro richiedeva azioni insolite.

      Spostò il fascio di luce della torcia verso il cassetto e rovistò delicatamente tra la biancheria della donna. Dopo un’attenta ispezione, tirò fuori il telefono per controllare di nuovo quella che sembrava essere l’arma del delitto usata su Priscilla Barton: una calza. La marca, chiama Only the Best, era molto costosa, come aveva appreso facendo delle ricerche online.

      Ma guardando nel cassetto di Gail Bloom, non trovò nessun paio di calze di quella marca, né altre calze in generale, tra l’altro. E quindi non ne vide neppure nessuna di spaiata, né nel cassetto, né sopra al comò. Si accucciò a terra per vedere se fosse magari


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