Orlando Furioso. Lodovico Ariosto

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Orlando Furioso - Lodovico Ariosto


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veloce pensier fa parte assai.

      Or quinci or quindi il volta, or lo rassume

      tutto in un loco, e non l'afferma mai:

      qual d'acqua chiara il tremolante lume,

      dal sol percossa o da' notturni rai,

      per gli ampli tetti va con lungo salto

      a destra ed a sinistra, e basso ed alto.

      72

      La donna sua, che gli ritorna a mente,

      anzi che mai non era indi partita,

      gli raccende nel core e fa più ardente

      la fiamma che nel dì parea sopita.

      Costei venuta seco era in Ponente

      fin dal Cataio; e qui l'avea smarrita,

      né ritrovato poi vestigio d'ella

      che Carlo rotto fu presso a Bordella.

      73

      Di questo Orlando avea gran doglia, e seco

      indarno a sua sciocchezza ripensava.

      — Cor mio (dicea), come vilmente teco

      mi son portato! ohimè, quanto mi grava

      che potendoti aver notte e dì meco,

      quando la tua bontà non mel negava,

      t'abbia lasciato in man di Namo porre,

      per non sapermi a tanta ingiuria opporre!

      74

      Non aveva ragione io di scusarme?

      e Carlo non m'avria forse disdetto:

      se pur disdetto, e chi potea sforzarme?

      chi ti mi volea torre al mio dispetto?

      non poteva io venir più tosto all'arme?

      lasciar più tosto trarmi il cor del petto?

      Ma né Carlo né tutta la sua gente

      di tormiti per forza era possente.

      75

      Almen l'avesse posta in guardia buona

      dentro a Parigi o in qualche rocca forte.

      Che l'abbia data a Namo mi consona,

      sol perché a perder l'abbia a questa sorte.

      Chi la dovea guardar meglio persona

      di me? ch'io dovea farlo fino a morte;

      guardarla più che 'l cor, che gli occhi miei:

      e dovea e potea farlo, e pur nol fei.

      76

      Deh, dove senza me, dolce mia vita,

      rimasa sei sì giovane e sì bella?

      come, poi che la luce è dipartita,

      riman tra' boschi la smarrita agnella,

      che dal pastor sperando esser udita,

      si va lagnando in questa parte e in quella;

      tanto che 'l lupo l'ode da lontano,

      e 'l misero pastor ne piagne invano.

      77

      Dove, speranza mia, dove ora sei?

      vai tu soletta forse ancor errando?

      o pur t'hanno trovata i lupi rei

      senza la guardia del tuo fido Orlando?

      e il fior ch'in ciel potea pormi fra i dei,

      il fior ch'intatto io mi venìa serbando

      per non turbarti, ohimè! l'animo casto,

      ohimè! per forza avranno colto e guasto.

      78

      Oh infelice! oh misero! che voglio

      se non morir, se 'l mio bel fior colto hanno?

      O sommo Dio, fammi sentir cordoglio

      prima d'ogn'altro, che di questo danno.

      Se questo è ver, con le mie man mi toglio

      la vita, e l'alma disperata danno. —

      Così, piangendo forte e sospirando,

      seco dicea l'addolorato Orlando.

      79

      Già in ogni parte gli animanti lassi

      davan riposo ai travagliati spirti,

      chi su le piume, e chi sui duri sassi,

      e chi su l'erbe, e chi su faggi o mirti:

      tu le palpebre, Orlando, a pena abbassi,

      punto da' tuoi pensieri acuti ed irti;

      né quel sì breve e fuggitivo sonno

      godere in pace anco lasciar ti ponno.

      80

      Parea ad Orlando, s'una verde riva

      d'odoriferi fior tutta dipinta,

      mirare il bello avorio, e la nativa

      purpura ch'avea Amor di sua man tinta,

      e le due chiare stelle onde nutriva

      ne le reti d'Amor l'anima avinta:

      io parlo de' begli occhi e del bel volto,

      che gli hanno il cor di mezzo il petto tolto.

      81

      Sentia il maggior piacer, la maggior festa

      che sentir possa alcun felice amante:

      ma ecco intanto uscire una tempesta

      che struggea i fior, ed abbattea le piante:

      non se ne suol veder simile a questa,

      quando giostra aquilone, austro e levante.

      Parea che per trovar qualche coperto,

      andasse errando invan per un deserto.

      82

      Intanto l'infelice (e non sa come)

      perde la donna sua per l'aer fosco;

      onde di qua e di là del suo bel nome

      fa risonare ogni campagna e bosco.

      E mentre dice indarno: — Misero me!

      chi ha cangiata mia dolcezza in tosco? —

      ode la donna sua che gli domanda,

      piangendo, aiuto, e se gli raccomanda.

      83

      Onde par ch'esca il grido, va veloce,

      e quinci e quindi s'affatica assai.

      Oh quanto è il suo dolore aspro ed atroce,

      che non può rivedere i dolci rai!

      Ecco ch'altronde ode da un'altra voce:

      — Non sperar più gioirne in terra mai. —

      A questo orribil grido risvegliossi,

      e tutto pien di lacrime trovossi.

      84

      Senza pensar che sian l'immagin false

      quando per tema o per disio si sogna,

      de la donzella per modo gli calse,

      che stimò giunta a danno od a vergogna,

      che fulminando fuor del letto salse.

      Di piastra e maglia, quanto gli bisogna,


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