La Tragedia Dei Trastulli. Guido Pagliarino
Читать онлайн книгу.la pratica distrattamente. M’era saltato agli occhi che la famiglia abitava all’indirizzo del mio amico e che si chiamava Trastulli, e m’era dunque tornato alla mente quel Natale del 1961 in cui l’avevamo incontrata al ristorante.
FOTOGRAFIA FUORI TESTO
Vecchio centralino e sala operativa della Questura anni ‘50-60 del XX secolo, Archivio fotografico della Polizia di Stato
Circa quattro giorni e mezzo dopo la denuncia di sparizione, verso il mezzodì di giovedì 23 luglio 1964, la salma del geometra Trastulli era stata ritrovata nel Po da una nostra pattuglia, grazie a una segnalazione anonima, forse d’un pescatore di fiume o d’un canottiere, inviata da una cabina telefonica stradale: il corpo, vestito con gli stessi abiti coi quali l’uomo era scomparso, emergeva frammezzo a ceppaie d’alberelli protesi compatti, a pelo d’acqua, fra i ponti Franco Balbis e Principessa Isabella.
L’affogamento avrebbe potuto esser avvenuto fra quelle frasche o, diversamente, era possibile che l’uomo fosse finito in acqua più a monte e, essendo annegato, il corpo fosse stato trasportato a valle dalla corrente, infrascandosi poi nella fitta ceppaia.
Per il medico legale la morte era occorsa alla sera o nelle iniziali ore della notte del 18 luglio, circa 110-115 ore prima del ritrovamento del cadavere, come aveva scritto nella sua relazione. Il decesso era sicuramente avvenuto per annegamento e l’analisi del liquido nei polmoni aveva accertato acqua impura di fiume con tracce delle varie sostanze chimiche presenti in quel Po torinese ch’era stato limpido e colmo di pesci fin al boom economico, poi aveva cominciato a inquinarsi a causa di scarichi industriali e, attraverso gli sbocchi delle fogne, delle più varie sostanze nocive, come, per esempio, i residui di lavaggio dei detersivi per lavatrice. Nessun affogamento altrove, dunque, da parte d’un eventuale assassino, in acqua potabile di lavabo o vasca da bagno gettando poi il morto nel Po per farlo credere affogato in Po. La necroscopia aveva anche verificato non esserci indizi d’aggressione: nessuna ferita d’arma da fuoco o da taglio né ematomi, solo qualche graffiatura a corpo morto, non improbabilmente per urti e strusci contro rametti e semigalleggianti portati dalla corrente.
“Vittorio,” avevo detto all’amico appellandolo col tu, essendo in ufficio solo noi due, “penserei che, come risulta dal verbale di denuncia, essendo il geometra non solo anziano ma, in quei giorni, pure fiacco, se lo si fosse aggredito non sarebbe stato necessario usargli violenza, sarebbe bastato intimargli di tacere sotto la minaccia di un’arma, imbavagliarlo perché non gridasse, portarlo con un furgoncino o nel bagagliaio d’un’auto sin a fiume, tirarlo fuori, prenderlo di peso, leggero com’era, spostarlo a fiume, mettergli la testa in acqua sin all’affogamento e farne scivolare dentro la salma: solo al calar del buio, ovviamente, dato che in questo mese c’è ancora luce fin a tardi, diciamo attorno alle 21 o un po’ dopo, tenendolo prima celato, legato e imbavagliato, in qualche luogo chiuso.”
“A meno d’andare in una delle zone del Po cui è possibile accedere con l’auto e che sia ben riparata da vegetazione verso terra e verso fiume, proprio come il posto dove la salma è stata ritrovata in una ceppaia”, aveva puntualizzato Vittorio.
“Già.”
“Comunque, non l’avrebbero fatto per rapina, semmai per vendetta o per un qualche interesse diverso dalla rapina; e avrebbero dovuto essere in più d’uno per minacciarlo, legarlo e imbavagliarlo eccetera.”
“Va bene, ma perché non per rapina?”
“Ran, il Po scorre troppo lontano dal suo appartamento, che come sai è in via Cernaia, e lui aveva detto ai suoi di voler fare, al suo solito, una passeggiatina prima di cena, non una marcia ultra chilometrica, a parte che per il suo fisico deboluccio non ne sarebbe stato, forse, nemmeno in grado. Dunque avrebbero dovuto rapinarlo nei paraggi di casa, ma in tale caso, se fossero giunti a ucciderlo, l’avrebbero fatto nel solito modo di quei delinquenti, una coltellata o una botta tremenda, non in modo macchinoso trasportandolo fin a Po per poi affogarcelo.”
“Logico.”
“Già; e nemmeno penso, sempre per l’assai poco verosimile passeggiata ultra chilometrica sin al fiume, che il geometra fosse caduto in acqua da solo, causa un passo malfermo, passeggiando lungopò30 . No, lui non c’era andato, a Po, o quanto meno, non a piedi; per come lo conoscevo io, era uomo di carattere; tuttavia, e poniamola come ipotesi teorica, se avesse voluto suicidarsi, sarebbe giunto al fiume sopra un taxi o un tram o un autobus. Potremmo supporre con verosimiglianza un suicidio solo qualora ne trovassimo una causa potente, come una tremenda depressione nervosa; un semplice momento di sconforto non l’avrebbe portato a tanto, lo conoscevo abbastanza da poterlo supporre; e secondo quanto hanno detto moglie e figli nell’esposto… ecco, ti leggo le loro parole precise: Era agitato e si sentiva debole: siamo inquieti, ebbene, Ran, secondo tali parole non soffriva d’una profonda prostrazione psichica, era solamente nervoso e stanco; e cause di suicidio diverse da un gigantesco esaurimento nervoso non vedrei.”
“Certamente non cause economiche, infatti dal verbale risulta che la ditta di famiglia è prospera nonostante la crisi.”
“No, Ran, proprio prospera non è più, per la crisi hanno qualche grana, ma ascoltando i loro discorsi attraverso la maledetta parete, non m’era mai parso si trattasse di problemi colossali. Tieni peraltro conto che non è affatto strano che ci abbiano dichiarato che gli affari vanno a gonfie vele, anzi è cosa del tutto normale: gl’imprenditori, anche quando incontrino difficoltà, si guardano bene dal farne mostra, si fingono floridi sempre, e non solo coi fornitori e con le banche ma con tutti, al fine della propria buona fama presso la clientela. Quanto all’armonia in famiglia, quella non c’è da sempre, i Trastulli questionavano fra loro anche in passato, per motivi di lavoro, quando il loro negozio era pieno di gente. Mai udito nulla di tragico, solo le solite diatribe e accuse di non enorme importanza; ad esempio, solo un paio di settimane fa, avevo sentito il figlio più giovane accusare madre e fratello d’aver venduto un frigorifero carissimo a un nullatenente che abita in zona ed è notoriamente un nullafacente che, secondo Clemente, le avrebbe fatte finire sicuramente in protesto; e di seguito, l’avevo udito imputare al padre d’essersene rimasto inerte invece di bloccare l’iniziativa. La mamma, in risposta, oltre a negare d’aver sbagliato, aveva rinfacciato a Clemente d’essere sempre stato affettuoso col padre soltanto mentre, con lei e l’altro figlio, no, perché era perfido; il maggiore le aveva fatto eco con Hai ragione, mamma. Da parte sua la nuora francese s’era dichiarata molto infastidita dai litigi e da un marito non abbastanza indipendente dalla madre e aveva minacciato di prendersi le figlie e tornarsene con loro in patria dai propri genitori, che sarebbero ricchissimi stando a quanto aveva detto. Le bimbe, poverine, mute e taceva pure il geometra, ma questo non significa che fosse esaurito, poteva essersi chiuso nel mutismo perché indispettito.”
“Ho capito, Ah, senti! me n’ero dimenticato di riferirti che il Pitrini m’aveva detto, consegnandomi il verbale di denuncia della scomparsa del Trastulli, che sua moglie e i suoi figli gli erano apparsi non granché tesi.”
“Hm… mah! Forse hanno un carattere molto forte, però questo non significa che non gli volessero bene. No, non mi pare molto importante, comunque lo tengo presente. Caro Ran, sai che ti dico? Che al contrario, io non nascondo per nulla che mi dispiace moltissimo che il Trastulli sia morto. Lo conoscevo quale persona, intelligente, mite e idealista. La società perde con lui un uomo di valore.”
Il commissario capo Vittorio D’Aiazzo aveva assegnato l’indagine sul Trastulli al vice commissario Aldo Moreno che, sin da fine dicembre ‘61, su istanza dell’amico al vice questore comandante della nostra sezione, aveva avuto la direzione dell’unità operativa