Gli Esclusi. Owen Jones

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Gli Esclusi - Owen Jones


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né avrebbe mai più viaggiato. Per questo, lui e sua moglie erano contenti di aver avuto solo due figli. Li amava entrambi in ugual modo e voleva il meglio per loro, ma era anche contento che avessero lasciato la scuola, così potevano lavorare a tempo pieno nella fattoria, aiutando la madre a coltivare erbe e verdure, e a mantenere tre maiali e qualche dozzina di galline.

      Heng pensava a quanto avrebbe potuto espandere la fattoria con un aiuto ulteriore. Magari avrebbero potuto gestire un’altra dozzina di galline, qualche maiale in più e un campo di granturco.

      Si risvegliò da questo sogno a occhi aperti: “E se fosse grave, Mad? Non l’ho detto a nessuno prima, ma sono svenuto due volte questa settimana e ci sono andato vicino altre tre”.

      “Perché non me lo hai detto?”

      “Beh, sai, non volevo farti preoccupare e, comunque, non potevi farci niente, no?”

      “No, non personalmente, ma ti avrei portato prima da tua zia e forse avrei cercato di trascinarti da un dottore”.

      “Ah, mi conosci, Mad. Ti avrei detto, ‘Aspettiamo di sapere cosa dice Zia Da prima di spendere tutti quei soldi’. Ammetto di sentirmi un po’ strano a volte e sono un po’ spaventato da quello che potrebbe dirmi la zietta domani”.

      “Sì, anche io. Ti senti davvero così male?”

      “Ogni tanto, ma il fatto è che non ho alcuna energia. Ero solito correre e saltare con le capre, ma adesso mi sento stanco anche solo a guardarle!

      “C’è qualcosa, ne sono sicuro”.

      “Senti, Paw”, disse, chiamandolo con il nomignolo meno fantasioso che potesse trovare, in quanto significava ‘papà’ in thailandese, “i ragazzi sono al cancello. Vuoi includerli in tutto questo proprio ora?”

      “No, hai ragione, non c’è motivo di farli preoccupare adesso, ma penso che Zia Da mi manderà a chiamare domani nel tardo pomeriggio, quindi di’ loro che faremo una riunione di famiglia all’ora del tè e dovranno esserci.

      “Ora penso che andrò a letto, mi sento di nuovo stanco. Lo sputacchio della zia mi ha tirato su per un po’, ma l’effetto è esaurito. Di’ ai ragazzi che sto bene, ma chiedi a Den se può portare le capre fuori al posto mio domani, va bene? Non c’è bisogno che le porti lontano, basta giù al fiume, così possono mangiare l’erba e bere … Non gli farà male per un giorno o due.

      “E poi, quando hai dieci minuti, potresti farmi un po’ di quel tuo tè speciale, per favore? Quello con lo zenzero, l’anice e il resto … mi tirerà su di morale ... Oh, e qualche seme di melone o di girasole … Magari puoi chiedere a Din di raccoglierli per me?”

      “Che ne dici della zuppa? È la tua preferita …”

      “Sì, va bene, ma se mi sono addormentato lasciala sul tavolo, la berrò fredda più tardi.

      “Ciao, ragazzi, vado a letto presto stasera, ma non voglio che vi preoccupiate, sto bene. Vostra madre vi darà più dettagli. Ho preso solo qualche tipo di infezione, penso. Buonanotte a tutti”.

      “Buonanotte, Paw”, risposero, osservandolo ansiosamente. Poi si guardarono l’uno con l’altro; Din sembrava alquanto preoccupata.

      Appena il Signor Lee si distese nella tranquilla oscurità, sentì le tempie pulsare ancora più forte, come quando un dente cariato sembra fare più male la notte nel letto, ma era così spossato che si addormentò prima che gli furono portati il tè, la zuppa e i semi.

      Fuori, seduti attorno al tavolo nella penombra, il resto della famigliola discuteva sottovoce il malanno di Heng, anche se nessuno avrebbe potuto sentirli se avessero parlato a voce alta.

      “Paw morirà, mamma?”, chiese Din quasi in lacrime.

      “No, mia cara, certo che no”, ripose, “almeno … non credo”.

      1 2. IL DILEMMA DELLA FAMIGLIA LEE

      Secondo il perfetto stile contadino, i componenti della famiglia Lee dormivano tutti insieme nell’unica stanza all’interno della casa: madre e padre avevano un materasso doppio, i ragazzi ne avevano uno singolo per ciascuno e ogni letto era protetto da una zanzariera. Quando si svegliarono, si alzarono in punta di piedi per non disturbare Heng.

      Sapevano che c’era qualcosa che non andava, perché solitamente lui era il primo ad alzarsi e uscire, persino nei giorni più freddi. I tre scrutarono preoccupati attraverso la zanzariera il viso pallido cadaverico del capo famiglia, finché Wan disse ai figli di uscire.

      “Din, fammi un favore, tesoro. Non mi piace l’aspetto di tuo padre, perciò, fatti una doccia veloce e va’ a sentire se Zia Da sa dirci qualcosa, lo faresti? Brava ragazza. Se non è ancora pronta e siamo in anticipo, chiedile se può fare uno sforzo speciale per il suo nipote preferito, prima che sia troppo tardi, d’accordo?”

      Din scoppiò a piangere e corse a farsi la doccia. “Scusa, amore, non volevo turbarti!”, le gridò Wan.

      Quando, quindici minuti dopo, arrivò dalla sua prozia, la vecchietta era sveglia e vestita, e sedeva al grosso tavolo davanti alla casa, mangiando una zuppa di riso.

      “Buongiorno a te, Din, è bello vederti. Vuoi una tazza di zuppa? È deliziosa”. Da adorava i pronipoti, specialmente Din, ma non appena Din riferì ciò che aveva chiesto Wan, disse che sua madre chiedeva molto per una diagnosi di questo tipo fatta in sole ventiquattr’ore.

      “Quella donna! D’accordo, vediamo cosa possiamo fare … Il tuo Paw ha una brutta cera, vero?”

      “Sì, Zia Da, è bianco come un cadavere, ma non pensiamo che sia morto ancora … La mamma stava per pungerlo con uno spillo per vedere se reagiva, ma io non ho aspettato. Non voglio che Paw muoia, Zia Da, salvalo, per favore!”

      “Farò quello che posso, figliola, ma quando Buddha chiama, non esiste nessuno al mondo che possa dire ‘No’, ma vedremo cosa possiamo fare. Vieni con me”.

      Da le fece strada all’intero del santuario, accese una candela e chiuse la porta dietro di sé. Sperava che Din mostrasse interesse in quelle ‘antiche usanze’ mentre era ancora abbastanza giovane da poterle insegnare, perché sapeva che un giorno o l’altro avrebbe avuto bisogno di un successore se il lavoro fosse rimasto all’interno della famiglia Lee.

      Indicò il materassino dell’Indagatore sul pavimento dove Din si sedette, dopo di che cominciò a camminare intorno alla capanna mormorando preghiere e incantesimi, e accendendo qualche altra candela, per poi sedersi di fronte a Din, la quale fissava le sue mani intrecciate sul grembo.

      Da guardò sua nipote e sentì un leggero tremore correre lungo il corpo, fissò a sua volta le sue mani intrecciate per qualche secondo, poi alzò lo sguardo verso Din.

      “Sei venuta qui cercando consigli riguardanti qualcun altro? Per favore, fa la tua domanda”, disse Da, ma con una voce rimbombante, oscura e profonda che nessuno aveva mai sentito al di fuori della capanna.

      Questa trasformazione spaventò Din, come accadeva sempre quando sua zia andava in trance e permetteva a un’altra entità di prendere il controllo del suo corpo. Non era tanto il suo volto che cambiava, ma tutto il suo corpo mutava leggermente, come quando un attore o un imitatore modificava i propri atteggiamenti per calarsi nei vari personaggi; però era molto più di questo: sembrava che l’interno di Da fosse stato sostituito con quello di qualcun altro, così che apparisse diversa sia nell’aspetto che nel suono della voce.

      Din guardò la vecchia Sciamana, che non era più sua zia.

      “Sciamana, mio padre è molto malato. Ho bisogno di sapere qual è la causa e cosa possiamo fare”.

      “Sì, tuo padre, quello che chiami ‘Paw’”.

      L’entità, che in quel momento sembrava essere un uomo, mise una mano in ognuno dei fagotti che Heng aveva lasciato il giorno prima e fece chiudere gli occhi alla zia. Ci fu quella che a Din sembrò una lunga pausa e un silenzio così profondo che avrebbe giurato di sentire le formiche camminare sul duro


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