Fuorigioco. Sawyer Bennett

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Fuorigioco - Sawyer Bennett


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da dark, e indossa una minigonna scozzese rosso scuro e nera ed un top nero scollato. Ha completato il look con dei leggings con dei teschi, e degli anfibi.

      “Senti chi parla, tesoro! Hai proprio abbracciato il tuo lato bizzarro tra quei capelli e la ferraglia in faccia.”

      Rido mentre indosso gli orecchini, scuotendo la testa. Mi avvicino alla sua faccia, scuotendo le mie ciocche color lavanda. “Mmmh mmmh. Il mio look è pura arte.” Guardandola scherzosamente con espressione di disgusto, sogghigno. “Tu invece hai un pessimo gusto.”

      “Puttana.”

      “Sgualdrina.”

      “Baldracca.”

      “Povera vittima.”

      “Torta alle fragole.”

      Scoppiamo entrambe a ridere. Cerchiamo sempre di gareggiare quando ci insultiamo, per vedere chi riesce a fare ridere l’altra per prima. Questa volta è un pareggio.

      Mi siedo sul bordo del letto per mettermi le scarpe.

      Paula si avvicina e si siede accanto a me. “Allora, che programmi hai per domani?”

      Mi sfugge inavvertitamente un sospiro. “Domani sarà una giornata piuttosto piena. Avrò due lezioni la mattina e le ripetizioni a pranzo. Poi ho promesso ad Ann che l’avrei sostituita al diner per qualche ora, dato che deve andare ad un incontro scolastico per il figlio. Infine dovrò passare qualche ora al rifugio per senzatetto.”

      Wow, che vita frenetica.

      Paula si alza e si mette le mani sui fianchi. Mi fissa senza dire una parola.

      “Perché mi stai guardando così?”

      “Niente.”

      “Oh no, non ci pensare nemmeno. Non fare la mammina con me.”

      “Dai, Danny. Ti stai sfinendo così. Mi preoccupo solo per te.”

      Mi alzo dal letto e abbraccio Paula. “So che ti preoccupi per me, ma so prendermi cura di me stessa.”

      Lei ricambia con un grande abbraccio. “Lo so, tesoro. Questo però non impedisce che io mi preoccupi.”

      La abbraccio di nuovo e poi mi allontano prima di iniziare a balbettare come un’idiota. Paula è l’unica persona al mondo che tiene a me. Beh, a parte Sarge, anche se non lo vedo molto spesso.

      “Sto bene,” la rassicuro. “E comunque tutto questo durerà ancora poco, no?”

      “Certo, piccola. Ancora poco.” Il tono sembra rassicurante, ma si capisce che pensa che io sia destinata alla servitù eterna.

break2

      Sono le tre del pomeriggio e sono stravolta. Dopo essere uscita dal lavoro alle 7 stamattina, ho avuto giusto il tempo di farmi una doccia veloce prima di andare a lezione. Dopo un’ora terribile passata a dare ripetizioni di Storia e Cultura Occidentale ad un calciatore — che era più interessato a palpeggiarmi che allo studio — ora sono da Sally per terminare il turno di Ann. Dopo due tazze di caffè mi sento leggermente meglio. Fortunatamente per me il locale è deserto per ora. Mi chino sul bancone per consultare gli annunci in cerca di qualche impiego per il weekend: se riuscissi a trovare qualche casa da pulire durante il weekend, questo mi aiuterebbe a ripagare i miei debiti.

      Il tintinnio del campanello segnala che è arrivato un nuovo cliente. Alzo la testa, piegando il giornale a metà e mi fermo. È Mr. Cinquanta Dollari di Mancia. E mi rendo conto che non avevo esagerato con l’immaginazione. È davvero sexy come lo ricordavo. Indossa una t-shirt grigia madida di sudore ed un paio di pantaloncini da corsa blu navy. Sembra avere un po’ il fiatone, quindi immagino abbia appena finito di correre.

      “Siediti dove preferisci,” gli dico.

      Lui si avvicina al bancone, mantenendo il contatto visivo. È passato di qui sicuramente per vedere me. Ho capito le sue intenzioni guardando quei suoi occhi color whiskey.

      Lo fisso affascinata mentre si passa una mano tra i capelli umidi per scostarli dalla fronte. Sono castano scuro ed ondulati, ed al limite della lunghezza per il gusto di una madre. Secondo me sono perfetti. Peccato che non abbia il tempo e la voglia di agire di conseguenza.

      Si siede su uno sgabello di fronte a me, rivolgendomi un sorrisone. “Hai messo in imbarazzo qualcun altro con la filosofia ultimamente?”

      Scoppio a ridere ed iniziò a scuotere la testa. “No. Non oggi, perlomeno.”

      “Beh, stavo correndo e ti ho vista qui. Ho pensato di fare un salto per ringraziarti.”

      Aggrotto le sopracciglia. “Ringraziarmi?”

      “Esatto. Quei venti secondi passati ad umiliare Angeline con la tua conoscenza filosofica sono stati i più divertenti da secoli.”

      Non è molto femminile, ma non riesco ad evitare di grugnire per tutta risposta. “Beh, allora devi vivere proprio una vita monotona.”

      “Sono Ryan Burnham, a proposito.” Mi porge la mano e gliela stringo. La sua mano è calda e molto più grande della mia. Sento i calli sui palmi e sulle dita.

      “Danny Cross. Felice di fare la tua conoscenza…ufficialmente.”

      Mi lascia la mano. “Idem.”

      Il punto della mano in cui mi ha toccata formicola, e cerco immediatamente di scacciare questi pensieri. Non è il caso di sbavare per un ragazzo, soprattutto uno che è chiaramente fuori dal mio livello sociale. Ho troppo cose importanti in ballo in questo momento, o così sembro ripetermi spesso ultimamente.

      “Allora, Danny.” inizia. Mi fissa con espressione divertita, e un pizzico di curiosità. “Sei chiaramente una ragazza molto intelligente. Frequenti la Northeastern? L’altra notte ho notato che indossavi una t-shirt della scuola.”

      Ha notato e si ricorda la maglietta che indossavo l’altra notte? Nemmeno io me lo ricordavo, e vederlo ricordare quel dettaglio mi rende felice per qualche motivo.

      “Ho iniziato lo scorso autunno, ma al momento frequento solo due corsi.”

      “Solo due corsi e sai chi sono Occam e Descartes?” Si vede che è scettico.

      “Ho frequentato un’altra scuola prima della Northeastern. Tecnicamente sarei al terzo anno.”

      “Dove andavi a scuola?”

      “Non ha importanza.” Schivo la domanda, decidendo di essere evasiva. Non capisco perché, ma credo di voler vedere quanto gli interessi davvero. È un gioco un po’ malato che faccio con me stessa perché so che questa cosa non ha futuro.

      “Perché non mi vuoi dire il nome?” Mi fissa sorridendo in maniera enigmatica.

      “Perché sei così curioso?”

      “Perché sei così sfuggente?”

      Decido che è necessario cambiare discorso. “Vuoi ordinare qualcosa? Devo ricominciare a lavorare.”

      Ryan osserva il diner vuoto, poi riporta lo sguardo su di me. Aggrotta le sopracciglia. È affascinante ed irritante al tempo stesso. Attendo pazientemente una sua risposta.

      Quando capisce che la palla è in campo, lancia un’occhiata al suo orologio e si alza dallo sgabello. “In realtà devo proprio andare. Mi vedo con alcuni amici in palestra.”

      Non dico nulla —gli sorrido semplicemente con gentilezza—ma in realtà sono un po’ delusa che se ne vada così presto. Mi guarda come se volesse dire qualcos’altro, ma è titubante. E non appena mi rendo conto che sta temporeggiando, si china sul bancone avvicinandosi di più a me. “Danny…posso invitarti a cena stasera? Mi piacerebbe davvero poterti conoscere meglio.”

      Ah, accidenti. Perché questo ragazzo così deliziosamente sexy e totalmente affascinante deve proprio chiedermi di uscire? Il nostro flirtare scherzoso mi stava divertendo,


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