Svolte Nel Tempo. Guido Pagliarino

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Svolte Nel Tempo - Guido Pagliarino


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e, fra intimi, li si parlava ancora, così come un tempo era stato per i dialetti.

      Come l’equipaggio e gli studiosi della 22 avrebbero meglio capito di lì a poco, alcunché di storicamente terribile era accaduto e li aspettava giù a terra, qualcosa che stava per sconvolgere le loro attese contente e che già aveva annullato, come se mai ci fosse stata, quella buona vita di cui, per ottant’anni, avevano goduto l’Europa e molti altri Paesi, e alla quale anche il resto della Terra era ormai prossimo grazie a un patto fra tutti gli Stati del mondo, stipulato nel 2120, che aveva portato, sull'esempio di precedenti casi storici zonali,28 a un mercato internazionale interamente senza dogane, considerato da tutti un primo abbozzo di unione politica mondiale: sull’esperienza storica non s’intendeva creare, come seconda fase, una moneta unica senz’aver prima unito il mondo politicamente e costituito, parallelamente, un istituto d’emissione centrale globale dotato di pieni poteri monetari; era stata infatti appresa l’amara lezione dell’Europa dei primi anni 2000 in cui l’euro aveva preceduto l’unione politica con gravi danni per molti Stati aderenti, bisognosi a un certo punto di maggior moneta senza che potesse venir loro in soccorso un autonomo Istituto d’emissione europeo, situazione per la quale l’unione stessa aveva rischiato, per un certo tempo, di sfasciarsi, fino a quando non era prevalsa, alla buon’ora, la ragione ed era sorta la Confederazione29 politica europea con la propria Banca Centrale d’emissione. Peraltro la storia della Terra era stata particolarmente sofferta già dapprima della crisi europea, della sua conclusione e del prospero e pacifico ottantennio che ne era seguìto: nel ’900 il mondo era passato per due guerre mondiali tremende, con decine di milioni di morti, e attraverso diversi conflitti locali, e una volta vinta la belva nazifascista, era transitata drammaticamente per la cosiddetta guerra fredda fra Occidente e Unione Sovietica; poi la Storia era passata, quasi ovunque nel mondo, per la liberatoria morte dell'altra dittatura politica, il comunismo; però, s’era pure scontrata col capitalismo esasperato e il concomitante tracollo della spiritualità. Finalmente, dalla metà del XXI secolo c’era stata la risalita conclusa con la conquista d’una condizione pacifica e prospera nemmeno immaginabile nei secoli precedenti.

      Tale condizione benigna era svanita ed era in atto un’Alter Storia. Vigeva egualmente la pace mondiale, ma illiberale, basata, come ignoravano per il momento gl’imbarcati sul sigaro 22, sopra una seconda guerra mondiale alternativa, combattuta con bombe disgregatrici e vinta dalla Germania nazista: si trattava d'una pace che, parafrasando un antico detto latino,30 in realtà era solo un deserto dell’anima, che aveva comportato la scomparsa d'intere etnie, definite razze come quelle dei cani: l’ebraica dapprima, annientata, e poi la nera africana ridotta interamente in schiavitù e messa al lavoro in modo talmente disumano da provocarne la quasi estinzione. Solo i popoli delle cosiddette “razza gialla” e “razza araba” erano stati rispettati, in quanto pseudo studi antropologici avevano dichiarato trattarsi di parallele genti derivate da una divisione evolutiva della stirpe indo-ariana, avvenuta duecentomila anni prima; in realtà i motivi erano stati pratici: da una parte non sarebbe stato quasi certamente possibile, alla relativamente poco numerosa “razza” ariana che aveva conquistato il mondo, sterminare del tutto l’enorme popolazione di pelle gialla; dall’altra, nel ’900 gli arabi erano stati, come i nazisti, strenui avversari degli ebrei, anzi erano stati alleati della Germania nella guerra di spie degli anni ’30, e questo aveva loro guadagnato la magnanimità di Hitler, anche se sarebbe stato assai difficile per gli antropologi nazisti giustificare la discriminazione, avendo gli ebrei e gli arabi la stessa origine semita.

      I consumati addetti alle comunicazioni della nave 22, senza scomporsi sebbene, come tutti, con l’animo in tumulto, e senza bisogno di riceverne l’ordine dalla comandante avevano inserito, prima d’esprimere una sola parola, uno dei traduttori automatici di bordo, ch’erano operanti in entrambe le direzioni, e con la scusa che le parole non erano arrivate chiaramente, avevano chiesto suo tramite di ripetere. La comunicazione da Roma era giunta di nuovo, espressa in inglese internazionale attraverso il computer traslatore: si trattava di ordinarie disposizioni di servizio da parte degli addetti al traffico astro portuale. Erano state eseguite dalla cronoastronave alla lettera; ma se la disciplina del personale di bordo, appresa nelle accademie per ufficiali o per sottufficiali del Corpo Astronautico, aveva evitato intoppi e forse guai, i cuori di tutti restavano in burrasca.

      La comandante aveva fatto riprendere, dalle videocamere del sigaro 22, immagini ravvicinate della Terra lungo l’orbita su cui il vascello rivoluzionava, evitando di lanciare satelliti esploratori su altre orbite per non insospettire qualcuno a terra, ché il fatto non sarebbe stato conforme alla prassi di rientro.

      Dopo aver riflettuto ed essersi consultata col primo ufficiale capitano Marius Blanchin, un parigino trentenne alto un metro e novanta, magro, di pelo rosso e occhi verdi ereditati dalla madre irlandese, Margherita aveva deciso di scendere personalmente all’astroporto per un’ispezione diretta, nell'intento di comprendere un po’ meglio la situazione prima d’assumere altre iniziative. Poiché non conosceva il tedesco, pur avendo un traduttore inserito nel proprio micropersonal aveva chiesto a Valerio Faro d'accompagnarla, dato ch'egli comprendeva e parlava quella lingua fluentemente avendola studiata a fondo, a suo tempo, per la sua tesi di laurea in Storia delle Dottrine Economiche e Sociali incentrata su opere del tedesco Karl Marx, e avendola usata per successive ricerche storiche: Margherita riteneva a ragione che, nel caso fosse stato necessario esprimersi in tedesco faccia a faccia con qualcuno, sarebbe stato opportuno che un buon conoscitore della lingua parlasse direttamente, senza tramiti strumentali, così da ridurre il rischio d’essere scoperti.

      Intanto, usando uno dei traduttori automatici di bordo, la comandante aveva chiesto in tedesco a Roma l’autorizzazione a prendere terra con un disco-navetta. Era stata concessa senza difficoltà. In Margherita s'era rafforzata l'idea, che già l’aveva toccata constatando che non erano venuti intoppi da terra, che la loro missione fosse stata tranquillamente a conoscenza del Comando dell’astroporto.

      Un certo Paul Ricoeur, soldato del plotone di fanteria d’Astromarina ch’era dislocato sulla nave con compiti di protezione, aveva preso posto sul disco assieme alla comandante, a Valerio Faro e alla sergente pilota Jolanda Castro Rabal. Ciascuno dei quattro aveva con sé un paralizzatore individuale.

      Giunti a terra avevano visto, gelando, che sull’asta svettante sulla torre dell’astroporto di Roma campeggiava la bandiera della Germania nazista invece del solito stendardo turchino con stelle dorate disposte in cerchio degli Stati Confederati d’Europa.

      La comandante aveva ordinato alla pilota: “Jolanda, rimani nel disco, stai in preaccensione e sii pronta a decollare”, quindi era sbarcata cogli altri. Erano entrati nell’edificio dell’astroporto. Qui il trio aveva potuto incrociare diversi simboli nazisti; tra l’altro s’era imbattuto in un gran bassorilievo commemorativo esaltante 'Adolf Hitler I, Duce e Imperatore della Terra e Conquistatore della Luna'; e udendo le persone incontrate parlare tra loro in tedesco e vedendo alcune di esse salutarsi, come nel III Reich, col braccio teso, i tre avevano verificato senza possibilità di dubbio di trovarsi in una società politicamente diversissima dalla loro, in cui non aveva luogo la vivida democrazia che avevano lasciato alla loro partenza, ma era il nazismo a dominare.

      Mentre il gruppetto tornava sui propri passi, Margherita aveva sussurrato, esitante, ai due compagni: “Potrebbe trattarsi d’un guaio scatenato da noi stessi per un malfunzionamento del congegno Cronos”.

      Non appena a bordo della navetta, aveva ordinato alla pilota il ritorno sulla nave.

      Nei pochi minuti necessari a raggiungere il vascello, il pensiero di tutti era andato alle rispettive famiglie; s’erano chiesti se i loro cari li avrebbero riconosciuti e se, addirittura, in questo mondo essi ci fossero: Margherita aveva lasciato sulla nostra Terra padre, madre e la sorella più giovane, anch’ella ingegnere ma civile e titolare di studio professionale, Valerio la mamma, un fratello coniugato e due


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