Persecuzione. Блейк Пирс

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Persecuzione - Блейк Пирс


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quanto fosse davvero sincero. Per chi era davvero turbato Ryan, per Riley o per se stesso?

      Odiava dubitare di lui in quel modo, ma non riusciva a farne a meno. Durante il breve periodo che avevano trascorso insieme come coppia, la donna aveva imparato con sgomento che Ryan aveva un lato egoistico. E lui aveva tantissime ragioni egoistiche per odiare ciò che lei stava facendo in quei giorni. Odiava anche solo il fatto che facesse la pendolare fino a Quantico ogni giorno. Lo privava dell’utilizzo della sua preziosa Ford Mustang e lo costringeva a usare il trasporto pubblico, per andare al lavoro, nel suo studio legale, ogni giorno. Non le aveva nascosto il fatto di trovarlo umiliante.

      Ryan le strinse la mano e disse: “Forse dovresti solo pensare a un cambiamento. Possiamo vivere con il mio stipendio. Abbiamo anche un conto di risparmio. Anche se tu stessi a casa, e so che non vuoi farlo, potrei sempre mantenere entrambi. Potrei persino programmare un trasloco in una casa più bella nell’immediato futuro. Non devi farlo … per noi.”

      Riley non rispose.

      Ryan riprese: “Forse, dovresti parlarne con il tuo consulente.”

      Riley sussultò bruscamente. Si pentì di detto a Ryan di dover fare almeno una sessione di terapia. Dopo che lei e Crivaro erano tornati a Quantico, l’Agente Speciale Capo Erik Lehl, le aveva detto che la consulenza era obbligatoria, avendo lei ucciso per la prima volta.

      Non aveva ancora preso un appuntamento.

      Ryan insistette: “Riley, sono preoccupato. Che cosa farai? Che cosa faremo?”

      Riley si stupì, accorgendosi di essere spazientita.

      Disse: “Ryan, dobbiamo davvero parlarne adesso?”

      Sembrando umiliato, Ryan diede un colpetto alla sua mano e disse: “No, certo che no. Vado a preparare la cena.”

      “No, ci penso io” Riley rispose.

      “Non essere ridicola” Ryan esclamò. “Devi prenderla con calma. Mi occuperò io di tutto. Vuoi che ti prepari un drink?”

      Riley annuì, e Ryan andò in cucina. Alcuni istanti dopo, tornò con un bicchiere di bourbon e ghiaccio e lo appoggiò sul tavolino da caffè di fronte a Riley. Poi, tornò in cucina e si mise a trafficare, iniziando a preparare la cena.

      Riley avrebbe voluto che lui l’avesse lasciata cucinare quella sera. Aveva bisogno di qualcosa, qualunque cosa, da fare per tenersi occupata. Temeva davvero che il giorno dopo non avrebbe avuto alcunché da fare.

      Mentre era seduta da sola sul divano, bevendo il bourbon, si sentì sopraffatta dalle emozioni. Prima di rendersene conto, stava singhiozzando. Provò a farlo silenziosamente, così che Ryan non la sentisse e tornasse e provasse a confortarla.

      Non desiderava essere confortata.

      Voleva soltanto piangere.

      Durante il viaggio di ritorno a Quantico, l’Agente Crivaro le aveva continuato a ripetere che le avrebbe fatto bene piangere.

      “Coraggio, sfogati” aveva continuato a ripeterle.

      Ma, in qualche modo, non era riuscita a farlo, almeno non fino a quel momento. Era bello poter lasciar sfogare i suoi sentimenti dopo una giornata lunga ed orribile. Pianse e pianse, finché non esaurì le lacrime.

      Quando finalmente le lacrime cessarono, Riley immaginò che sarebbe stato meglio andare al bagno a lavarsi il viso, così che Ryan non la vedesse in quelle condizioni. Ma, prima che potesse alzarsi dal divano, il telefono della linea fissa dell’appartamento squillò.

      Sentì Ryan gridare: “Rispondo io.”

      “No, ci penso io” replicò lei con lo stesso tono.

      Era più vicina al telefono di quanto fosse il fidanzato. E persino un compito banale come rispondere al telefono la faceva sentire bene, sebbene non pensasse che la chiamata provenisse da qualcuno con cui avrebbe voluto parlare.

      Quando alzò la cornetta, sentì una voce familiare.

      “Ehi, ragazzina. Come stai?”

      L’umore di Riley migliorò improvvisamente, appena riconobbe quella voce. Si trattava della sua compagna di stanza all’Accademia, Francine Dow.

      “Frankie!” balbettò con sorpresa. “È … è bello sentirti!”

      Riley non vedeva Frankie da quando si erano diplomate a dicembre, ed avevano soltanto parlato al telefono un paio di volte. Dopo il diploma, Frankie era stata assegnata come agente alla sede di Washington D.C. dell’FBI.

      Con una voce colma di preoccupazione, Frankie la incoraggiò: “Dai, parla con me.”

      Riley era stupita.

      Balbettò: “Vuoi dire … sai …?”

      “Sì, so che cos’è successo. E non ci crederai mai, se ti dico come l’ho scoperto. Ho ricevuto una chiamata dall’Agente Speciale Jake Crivaro in persona. Ha detto che era preoccupato per te. E che potresti aver avuto bisogno di parlare con un’amica.”

      Riley sorrise, sentendo una nota di stupore nella voce di Frankie. Sebbene Riley non se ne fosse resa conto, quando l’Agente Crivaro aveva dimostrato il primo interesse per le capacità uniche di lei, nel tempo aveva appreso che il suo mentore era una sorta di leggenda vivente nell’FBI. Frankie non sembrava riuscire a smettere di meravigliarsi del fatto che ora Riley fosse la sua partner fissa.

      Ricevere una telefonata da lui deve aver lasciato Frankie a bocca aperta, fu il pensiero di Riley.

      Frankie disse: “Allora, come stai?”

      “Non bene” Riley rispose con un sospiro. “Immagino che avessi sempre saputo … che avrei dovuto fare una cosa del genere prima o poi. Ma non sapevo quanto ci sarei stata male.”

      “Beh, mi chiedevo se forse ti piacerebbe se ci vedessimo e tu potessi sfogarti un po’” Frankie propose.

      Riley fu presa da un senso di gratitudine.

      “Oh, sarebbe meraviglioso, Frankie” rispose. “Domani ho il giorno libero. Ti va di pranzare insieme?”

      “Sembra grandioso”.

      Si accordarono e chiusero la telefonata. Riley rimase a fissare il telefono nella sua mano. Solo in quel momento si stava rendendo conto di una cosa.

      L’Agente Crivaro ha contattato Frankie.

      L’ha chiamata per me.

      Era una cosa sorprendente e incredibilmente premurosa da fare, e Riley si sentì profondamente commossa dalla preoccupazione del suo mentore. E andare a pranzo con Frankie l’indomani le dava qualcosa da attendere, dopo una giornata talmente terribile.

      Sentendosi improvvisamente molto meglio, Riley entrò in cucina.

      Pensò. Aiuterò Ryan con la cena, che gli piaccia o no.

      Quel giorno era stato peggiore di quanto avesse mai immaginato. Ma aveva degli amici che l’avrebbero aiutata a venirne fuori. Forse l’indomani sarebbe stato più facile. Dopotutto, che tipo di incubo sarebbe stato peggiore di quello che aveva appena affrontato?

      CAPITOLO TRE

      Il giorno seguente, prima delle dodici, Riley uscì per aspettare che Frankie passasse a prenderla per andare a pranzo. Si ritrovò a chiedersi se sarebbe davvero stata in grado di parlare con la sua amica d’Accademia di quello che si era verificato il giorno precedente. Ryan era andato al lavoro come al solito, cogliendo con gioia l’opportunità di guidare la loro auto per una volta. Perciò, Riley aveva dormito fino a tardi, trascorrendo una mattina rilassandosi.

      Presto Frankie arrivò nel suo hatchback malconcio, e Riley ci saltò dentro. Si rese conto del fatto che i lineamenti rossastri e i capelli color ruggine dell’amica erano una vista piacevole. Si disse che questo sarebbe stato senz’altro un giorno migliore.

      Frankie guidò fino al loro ristorante preferito per il pranzo a Washington D.C., Tiffin’s


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