La Casa Perfetta. Блейк Пирс

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La Casa Perfetta - Блейк Пирс


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la madre della bambina, abbandonando quest’ultima a morte certa. Dato che Bruce stava nell’FBI, l’abbinamento era sembrato logico agli US Marshals che avevano inserito Jessie nel programma protezione testimoni. Sulla carta, era tutto molto sensato.

      Lei cacciò dalla testa quel pensiero e digitò il numero.

      “Ciao pa’,” disse. “Come va?”

      “Ok,” rispose lui. “Ma’ sta pisolando. Vuoi richiamare più tardi?”

      “No. Possiamo parlare noi. Farò due chiacchiere con lei stasera o un altro giorno. Come vanno le cose lì?”

      Quattro mesi prima sarebbe stata riluttante a parlargli senza la madre lì presente. Bruce Hunt era un uomo difficile da avvicinare, e neanche Jessie era particolarmente coccolona. I ricordi della sua infanzia con lui erano un miscuglio di gioia e frustrazione. C’erano state settimane bianche sugli sci, campeggio e camminate in montagna, e vacanze di famiglia in Messico, a neanche un centinaio di chilometri da casa.

      Ma c’erano anche stati confronti farciti di grida, soprattutto quando lei era entrata nell’adolescenza. Bruce era un uomo che apprezzava la disciplina. Jessie, con anni di dolore represso per aver perso sua madre, il proprio nome e la propria dimora in un colpo solo, tendeva a volte ad esagerare. Durante gli anni trascorsi alla USC e anche dopo, probabilmente avevano parlato in tutto una ventina di volte. E anche le visite erano state rare.

      Ma recentemente il ritorno del cancro di ma’ li aveva costretti a parlare senza intermediari. E il ghiaccio si era in qualche modo spezzato. Lui era addirittura venuto a Los Angeles per aiutarla a riprendersi dopo la ferita all’addome causatale dall’aggressione ad opera di Kyle lo scorso autunno.

      “Qui è tutto tranquillo,” le disse, rispondendo alla sua domanda. “Ma’ ha fatto un’altra sessione di chemio ieri, motivo per cui ora sta recuperando. Se si sente meglio, potremmo uscire per cena più tardi.”

      “Con tutta la squadra di poliziotti?” chiese lei con tono scherzoso. Pochi mesi prima i suoi genitori si erano trasferiti da casa loro a una struttura abitativa popolata per lo più da pensionati del dipartimento di polizia di Las Cruces, del Dipartimento dello Sceriffo e dell’FBI.

      “No, solo noi due. Stavo pensando a una cenetta a lume di candela. Ma in un posto dove sia possibile metterle affianco un secchio in caso le venga da vomitare.”

      “Sei veramente un romanticone, pa’.”

      “Ci provo. E a te come va? Mi pare di capire che hai passato l’addestramento dell’FBI.”

      “Cosa te lo fa capire?”

      “Perché sapevi che te l’avrei chiesto, e non mi avresti chiamato se non ci fossero state buone notizie in merito.”

      Questa Jessie doveva concedergliela. Per essere un vecchio lupo, era ancora piuttosto sveglio.

      “Sono passata,” gli confermò. “Ora sono di nuovo a Los Angeles. Ricomincio a lavorare domani e sto… svolgendo delle commissioni.”

      Non voleva preoccuparlo con la sua attuale reale destinazione.

      “Mi pare di cattivo auspicio. Perché ho la sensazione che tu non stia facendo la spesa?”

      “Non intendevo farla apparire così. Mi sa che sono solo ancora frastornata dal viaggio. Sono quasi arrivata,” mentì. “Meglio che chiami di nuovo stasera o aspetto domani? Non voglio rovinare la tua seducente cena con secchio del vomito al seguito.”

      “Magari domani,” le consigliò lui.

      “Ok, di’ ciao a ma’. Vi voglio bene.”

      “Anch’io ti voglio bene,” le disse, e riagganciò.

      Jessie cercò di concentrarsi sulla strada. Il traffico stava peggiorando e il tragitto verso la struttura del DNR, che richiedeva generalmente circa tre quarti d’ora, le lasciava ancora una buona mezz’ora di guida.

      Il DNR, acronimo di Divisione Non Riabilitativa, era una speciale unità isolata affiliata all’Ospedale di Stato-Metropolitano di Norwalk. L’ospedale principale era la sede di una vasta gamma di esecutori malati di mente, ritenuti incapaci di essere detenuti in una prigione convenzionale.

      Ma l’annesso del DNR, sconosciuto al pubblico e quasi alla maggior parte del personale della polizia e dei medici addetti alla salute mentale, ricopriva un ruolo più clandestino. Era progettato per ospitare un massimo di dieci malviventi tenendoli isolati dalla rete. In questo momento c’erano solo cinque persone trattenute lì, tutti uomini, tutti stupratori o assassini seriali. Uno di loro era Bolton Crutchfield.

      La mente di Jessie andò con il ricordo all’occasione più recente in cui era stata lì a fargli visita. Era stato il loro ultimo incontro prima di partire per l’Accademia Nazionale, anche se non gliel’aveva detto. Jessie aveva fatto visita a Crutchfield regolarmente dall’ultimo autunno, quando aveva ottenuto il permesso di interrogarlo come parte del suo tirocinio di laurea specialistica. Secondo il personale lì presente, quasi nessun medico o ricercatore era mai riuscito a parlargli. Ma per motivi che non le erano stati chiari se non verso la fine, lui aveva acconsentito a parlarle.

      Nel corso delle ultime settimane avevano raggiunto una sorta di accordo. Lui avrebbe discusso i particolari dei suoi crimini, inclusi metodi e moventi, se lei avesse condiviso con lui alcuni dettagli della propria vita. Inizialmente era sembrato un baratto onesto. Dopotutto l’obiettivo di Jessie era diventare una profiler criminale specializzandosi nei serial killer. Averne uno propenso a discutere dei dettagli di ciò che aveva fatto poteva rivelarsi un tesoro senza prezzo.

      E si era poi presentato anche un vantaggio aggiunto. Crutchfield aveva un’abilità alla Sherlock Holmes nel dedurre le informazioni, anche se si trovava chiuso a chiave nella cella di un ospedale psichiatrico. Era riuscito a cogliere dettagli della vita di Jessie solo guardandola in faccia.

      Aveva usato quella sua abilità, insieme alle informazioni sul caso che lei aveva condiviso, per darle indizi su diversi crimini, incluso l’assassinio di una ricca filantropa di Hancock Park. Le aveva anche messo la pulce nell’orecchio che il suo stesso marito potesse non essere affidabile come sembrava.

      Sfortunatamente per lei, le sue abilità deduttive lavoravano anche contro di lei. Il motivo per cui aveva voluto inizialmente incontrare Crutchfield era che aveva notato come avesse modellato i suoi omicidi su quelli di suo padre, il leggendario serial killer Xander Thurman, mai catturato. Ma Thurman aveva commesso i suoi crimini nelle campagne del Missouri oltre vent’anni prima. Sembrava una scelta oscura e fatta a caso per un killer con pianta stabile nella California meridionale.

      Ma era venuto fuori che Bolton era un grande ammiratore di suo padre. E quando Jessie aveva iniziato a fargli domande sul suo interesse per quei vecchi omicidi, non gli ci era voluto molto per mettere insieme i pezzi del puzzle e capire che la giovane donna che aveva davanti era personalmente collegata a Thurman. Alla fine aveva ammesso di sapere che lei era sua figlia. E le aveva anche rivelato un tassello in più: due anni prima aveva incontrato suo padre.

      Con voce gioiosa l’aveva informata che suo padre era entrato nella struttura sotto le mentite spoglie di un medico ed era riuscito ad avere una lunga conversazione con il prigioniero. A quanto pareva stava cercando sua figlia, che aveva cambiato nome e che era stata inserita nel Programma Protezione Testimoni dopo l’uccisone della madre. L’uomo sospettava che un giorno lei sarebbe andata a trovare Crutchfield, dato che i loro crimini erano simili. Thurman voleva che Crutchfield gli facesse sapere se lei si sarebbe fatta viva, fornendogli poi nome e luogo in cui si trovava.

      Da quel momento in poi la loro relazione aveva avuto una disparità che l’aveva messa incredibilmente a disagio. Crutchfield le forniva ancora informazioni sui suoi crimini e dettagli sugli altri. Ma entrambi sapevano che era lui ad avere tutte le carte in mano.

      Sapeva il suo nuovo nome. Sapeva che aspetto aveva. Conosceva la città in cui viveva. A un certo punto era venuta a sapere che aveva addirittura scoperto che abitava nell’appartamento dell’amica Lacy. E a quanto pareva, nonostante fosse incarcerato in una struttura ipoteticamente


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