La Fossa Di Oxana. Charley Brindley

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La Fossa Di Oxana - Charley Brindley


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si svuotò di ogni emozione e il suo braccio alzato vacillò.

      “Ha detto loro di andare all’Agenzia di Paddington e farsi assumere a tempo determinato. E lo hanno fatto.” Tosh unì le mani, mettendo gli indici sotto il mento. “Ho chiamato l’agenzia, ho chiesto loro tre persone a tempo determinato e indovini chi ci hanno inviato?”

      Allargò le mani, con i palmi verso l’alto, come se ciò spiegasse in che modo tutto fosse successo. In realtà, quando aveva chiamato l’Agenzia Paddington, le sorelle Bravant avevano già in programma di presentarsi per lavorare in un’altra compagnia. Ha quindi dovuto scavare nella spazzatura della signora Applegate del giorno prima per salvare le loro domande di lavoro e curricula. Lì, scoprì che una delle sorelle aveva inserito il suo numero di cellulare al posto del numero di casa. Ha chiamato e le ha convinte a venire a lavorare per lui.

      “Ha firmato un contratto con me,” la signora Applegate si fermò per abbassare la voce ed il braccio, “per assumere del personale al posto suo. Non è forse così?”

      “Sì, certo.”

      “Allora perché cerca di aggirare il mio lavoro?”

      “Oh, ma non lo sto–”

      “Le ho mandate via, poi Lei ha agito alle mie alle mie spalle e ha assunto quelle tre piccolo sgualdrine, e–” A quanto pare, lo vide teso, anche se la sua unica reazione fu di sollevare il mento e guardarlo dall’alto in basso. “Bene, se sono così brave, possono fare loro i colloqui e assumere il personale. Ma Lei, signore,” spinse il dito sul suo desktop, accanto al suo bombardiere B-17, “ha un contratto valido e vincolante con me. È bloccato con me fino alla fine del mese.” Prese un respiro. “Che lo voglia o meno.”

      “Come sempre, ha ragione,” le disse Tosh, poi allungò la mano per salvare il modellino dell’aereo dalla sua mano. “Lei ed io abbiamo un contratto che mi chiede di pagarle una certa somma di denaro per i suoi servizi alla fine del mese.” Tosh poteva sentire la sua pressione aumentare. “È corretto?”

      Lei annuì.

      “Bene, allora,” aprì il cassetto centrale della scrivania e afferrò un libretto degli assegni, “a quanto ammonterebbe l’importo?” Posò la penna su un assegno in bianco.

      “Cinquemila dollari,” Il sibilo delle sue parole sembrava il respiro di un serpente.

      Nel frattempo che Tosh scriveva, poteva quasi sentire i suoi occhi seguire ogni tratto della penna. Alla fine, scrisse l’ultimo giorno del mese nel campo della data, strappò l’assegno dal blocco e glielo porse.

      “Arrivederci, signora Applegate.”

      Prese l’assegno e lo studiò per un momento. Dopo averlo degnato di uno sguardo gelido, afferrò la borsa e si precipitò fuori dall’ufficio.

      Cinque secondi dopo che la porta di Tosh sbatté, sentì la porta esterna sbattere ancora più forte, scuotendo la foto di Annibale e uno dei suoi elefanti che aveva appeso al muro. Si girò verso il computer, sollevato per aver finito la sua traversia con la signora Applegate. Quando il computer si accese, andò sul sito web della Echo Forests per vedere se Quinn avesse pubblicato le foto satellitari di quella mattina dell’Amazzonia.

      Sentì bussare leggermente alla sua porta.

      “Oh Dio,” sussurrò, “è tornata.” Gli ci vollero alcuni istanti per riordinare tutto sulla sua scrivania, aspettando che lei entrasse nel frattanto. Quando sentì di nuovo il delicato colpetto, urlò: “Entri!”

      La porta si aprì cigolando e le tre sorelle Bravant entrarono nel suo ufficio. Si allinearono vicino alla porta aperta.

      Indossavano abbinate gonne gialle, con camicette bianche con arricciature sul davanti. Gli orli dei loro vestiti arrivavano appena sopra le ginocchia.

      Tosh ammorbidì la sua espressione. “Scusatemi, pensavo fosse qualcun altro.”

      Si alzò e indicò il lato vicino la finestra del suo grande ufficio, dove un nuovo divano e tre sedie imbottite erano posizionate attorno a un tavolino da caffè in palissandro lucido. Non si sedettero sul divano, come si era aspettato, scelsero invece le sedie. Si sedette ad un’estremità del divano, si appoggiò allo schienale ed incrociò le gambe.

      “Signor Scarborough, cosa è successo?” chiese una di loro.

      “La signora Applegate non lavorerà più con noi.”

      “Oh, no. Non volevamo che venisse licenziata.”

      “Non l’ho licenziata. Avevamo un contratto. Ho risolto il contratto.”

      “È cosa corretta?”

      Tosh guardò colei che aveva posto la domanda. “Le ho pagato il dovuto fino alla fine del mese.”

      “Ma–” iniziò un’altra sorella.

      “Cosa ha fatto?” la terza la interruppe piuttosto bruscamente.

      “L’ho pagata.”

      “Quanto?”

      “Cinquemila.”

      “Sta scherzando, vero? Ha buttato via cinquemila dollari dall’azienda solo per soddisfare il suo compiaciuto senso di vanità?”

      “Non sono vanitoso, e nonerano i soldi dell’azienda.”

      “Ambra,” intervenne la sorella seduta più vicina a Tosh, “smettila.”

      Questa era la prima volta che Tosh aveva sentito chiaramente un determinato nome appartenente a una particolare sorella delle tre.

      Ambra guardò sua sorella, poi di nuovo Tosh.

      “Ascoltate, signorine. Prima di fare un altro passo in qualunque direzione stiamo andando insieme...” Guardò Ambra ma parlò a tutte loro. “Non sono il signor Scarborough. Sono Tosh o Kennitosh e non posso rivolgermi a ciascuna di voi come ‘Signorina Bravant’ per tutto il tempo.” Si rivolse ad Ambra. “Si chiama Ambra?”

      Gli diede una risposta brusca. “Sì.”

      “E lei?” chiese alla prossima.

      “Madeleine.”

      “Madeleine,” ripeté il suo nome.

      “Dominique,” la terza offrì prima che lui avesse la possibilità di chiederlo. La donna sorrise.

      “Dominique,” disse, ricambiando il sorriso. Conosciuta anche come signorina Diplomazia. “Ora, Ambra.” La guardò, ancora incerto se fosse signorina Prudenza oppure Impudenza. “Sì, ho dato alla signora Applegate cinquemila dollari, ma non erano soldi dell’azienda. Provenivano dal mio conto corrente personale.”

      “Qual è la differenza?” Domandò Ambra. “Sono cinquemila dollari sprecati.”

      Buongiorno, signorina Impudenza.

      “Sarei comunque stato obbligato a pagarla alla fine del mese, che rimanesse o meno.”

      Signorina Prudenza, ora la bella e gentile Madeleine, fedele al suo vecchio nome, rimase fuori dalla controversia.

      “Sì,” rispose Ambra, “ma avremmo potuto ottenere da lei trenta giorni di lavoro per i cinquemila dollari. Si rende conto di quanto avrebbe aiutato quel denaro per fornire un sistema informatico a questo posto?”

      “Ambra, per favore,” intervenne Dominique.

      Tosh alzò la mano verso Dominique. “Continui,” disse ad Ambra.

      “Quel denaro avrebbe permesso di acquistare almeno tre computer, forse quattro. Quindi quello che ha fatto licenziando la signora Applegate – con cui, tra l’altro, avremmo potuto lavorare per trenta giorni – è di lasciarci senza computer. Questo è quello che ha fatto.” Lo lasciò aspettare un momento prima di aggiungere: “Signor Scarborough.”

      Tosh deglutì a fatica mentre le parole della donna affondavano i loro artigli. Sì,


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