Luna Calante. Ines Johnson

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Luna Calante - Ines Johnson


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      Copyright © 2018, Ines Johnson. Tutti i diritti riservati.

      Tutti I diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta, immagazzinata in un sistema di raccolta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, di fotocopiatura, di registrazione o altro, senza previa autorizzazione dell'autore.

      Prodotto negli Stati Uniti D’America

      Prima edizione Gennaio 2018

      Indice

       Capitolo 1

       Capitolo 2

       Capitolo 3

       Capitolo 4

       Capitolo 5

       Capitolo 6

       Capitolo 7

       Capitolo 8

       Capitolo 9

       Capitolo 10

       Capitolo 11

       Capitolo 12

       Capitolo 13

       Capitolo 14

       Capitolo 15

       Capitolo 16

       Capitolo 17

       Capitolo 18

       Capitolo 19

      Capitolo Uno

      Rhetta prese la saliera e ne pulì la parte superiore. Le dava fastidio che alcuni dei cristalli che erano stati esposti alla contaminazione e ai germi vari dell'aria finissero nuovamente nel contenitore. Tuttavia, sapeva che non avrebbe aggiunto sale al suo pasto. Mise da parte il condimento per assicurarsi che anche il suo compagno non lo facesse. Prese la pepiera. Anch'essa aveva dei residui incrostati sui fori in cima. Li spinse via come aveva fatto con il sale. A catturare la sua attenzione furono, poi, i tovaglioli. La piega del suo era sbagliata. Era piegato per la larghezza, invece che per la lunghezza. Tutti sapevano che i tovaglioli dovevano essere piegati dal lato lungo per permettere a qualsiasi residuo di avere più spazio fino alla cucitura. Onestamente, il personale di quella struttura non aveva alcuna formazione a riguardo?

      Rhetta si guardò intorno, chiedendosi chi fosse di turno quella sera. Anche se quello era uno dei suoi ristoranti preferiti, il servizio non era un granché. Sapeva che se Sarah fosse stata di turno a lavoro, tutto sarebbe stato in ordine. Il disastro dei condimenti e dei tovaglioli le disse che doveva essere la serata libera della donna. Probabilmente era Lance che lavorava, quella sera.

      Dal suo posto all'angolo del ristorante, vide la testa riccioluta di Lance piegata su un tavolo ad ascoltare un altro gruppo di ospiti. Il suo sorriso affascinante sviava l’attenzione dai suoi gesti lenti. Lo osservò grattarsi la testa e poi proseguì a riempire i bicchieri d'acqua dei commensali, con il rischio che qualcuno dei suoi capelli cadesse nel bicchiere di uno degli ospiti.

      A Rhetta si strinse lo stomaco e distolse lo sguardo da quella scena. Prese in mano il suo tovagliolo e stirò le pieghe in modo coretto. Poi raccolse quello del suo compagno e iniziò lo stesso procedimento.

      "Rhetta?" disse Jordan.

      Rhetta guardò negli occhi scuri di Jordan. La luce del lampadario si rifletteva sui suoi occhiali. Era più agitato del normale, quella sera.

      Notò anche che i suoi capelli erano diventati lunghi. Doveva assicurarsi di fissargli un appuntamento dal barbiere. Si sarebbe assicurata di controllare se Mel fosse di turno quel sabato. Tagliava i capelli di Jordan esattamente come piaceva a lei.

      "Rhetta," iniziò di nuovo Jordan. "C'è qualcosa di cui voglio parlarti."

      "Sì, Jordan?" Rhetta si allungò e prese la forchetta del suo compagno. I rebbi erano di un grigio opaco. Non riusciva a vederne la lucentezza. Lance non avrebbe ricevuto alcun complimento o nessun genere di mancia quella sera.

      Rhetta alzò lo sguardo quando notò il silenzio di Jordan. Lui la guardava mentre strofinava l'argenteria. I suoi denti mordicchiavano il labbro inferiore, come se non fosse sicuro se far uscire le parole.

      Rhetta mise giù le posate insieme al tovagliolo che aveva ancora bisogno di essere ripiegato. Invece, diede a Jordan tutta la sua attenzione. Incrociò le mani sul tavolo, tirò indietro le spalle e guardò il suo viso.

      Nonostante avesse un aspetto accettabile, non avrebbe necessariamente definito il suo compagno bello. Il che le andava bene. Se lo fosse stato sarebbe stato un problema troppo grande.

      Jordan era bello da guardare. Bello da guardare per lei. Non aveva notato nessun'altra donna nel locale che si fosse fermata a guardarlo. Il che era perfetto per lei.

      "Sì, Jordan?" chiese quando lui rimase in silenzio.

      I denti di Jordan si staccarono dal labbro, ma la bocca si chiuse. Inspirò dal naso e trattenne il respiro.

      Rhetta si aspettava che aprisse la bocca per far uscire un getto d'aria. Ma invece la tenne la chiusa, e il respiro gli uscì dal naso. Quell’espirazione suonò strana. Lei si chiese se avesse il raffreddore. Doveva assicurarsi che vedesse presto il dottor Brown. Non sarebbe stato opportuno che Jordan si fosse preso un raffreddore per poi trasmetterlo a lei. Lei aveva troppo lavoro da fare.

      In effetti, entrambi avevano troppo lavoro da fare ora che lei era diventata addestratrice di cani per la clinica veterinaria di Jordan. Rhetta aveva dei piani precisi su come avrebbe reso l’attività del suo compagno la migliore di tutta la Valle di Sonora. Avrebbe iniziato con la reception dell’ufficio che era decorata con carta da parati beige, un divano color sabbia e tavolini color caffè.

      Rhetta non dubitava che dietro l'arredamento ci fosse lo zampino dell’onnipresente madre di Jordan. Quella donna non aveva un briciolo di gusto. C’erano voluti mesi a Rhetta per distogliere Jordan dall'indossare camicie a righe a favore di quelle in tinta unita.

      Guardò di nuovo Jordan. Sembrava avere problemi a trovare le parole, il che era abbastanza frequente nel suo caso. Non era un uomo di molte parole, il che non era un problema per lei. Non avrebbe sopportato un uomo presuntuoso e chiacchierone che osasse provare a dirle cosa fare. Aveva avuto abbastanza ordini da quel lupo alfa di sua madre.

      Jordan aprì la bocca per parlare. Ma poi la richiuse quando il cameriere si avvicinò.

      "Come sta questa sera, signora Veracruz? Dottor Garcia?" Lance sorrise a entrambi, sfoderando il suo fascino.

      Rhetta lo fulminò


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