Tornanti. Pamela Fagan Hutchins

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Tornanti - Pamela Fagan Hutchins


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      «La tiene qui dentro?»

      «Non volevo che si spaventasse nel parcheggio e si facesse ancora più male.»

      Patrick sbirciò nel trailer. Partì una zoccolata, mancandolo di poco. Fece un salto all’indietro di mezzo metro, per stare sul sicuro. «Mildred è un cavallo.» Stava per uccidere il radiologo. Wes avrebbe dovuto avvertirlo.

      Tater annuì con entusiasmo. «Sì. È una puledra da rodeo pazzesca. Può fare qualcosa per lei?»

      Patrick si voltò verso Wes, che si portò una mano alla bocca come se avesse il mal di denti. Ma era un sorriso che nascondeva. «Non lo so. Wes, possiamo fare qualcosa per lei?»

      «Lo spero proprio, Doc, visto che stanotte sostituisci il veterinario.»

      Patrick alzò le sopracciglia, ma la sua voce era piatta. «Sostituisco il veterinario.» Joe Crumpton, il veterinario, non gli aveva chiesto di sostituirlo.

      «Sì. Il dottor John lo fa sempre.»

      «E viceversa?»

      «Questo non andrebbe bene. Un veterinario che si prende cura delle persone? La gente non lo accetterebbe.»

      «Ma va bene che un medico si prenda cura degli animali.»

      Gli altri due uomini annuirono. Patrick non ne era così sicuro. La cosa più vicina alla medicina veterinaria che avesse letto era Tutte le creature grandi e piccole.

      «Tater, ci dia un minuto per parlare. Torneremo subito per occuparci di Mildred.»

      «D’accordo.»

      Quando furono fuori portata d’orecchio, Patrick interrogò Wes: «Ok, sapientone, dimmi cosa faccio con un cavallo selvaggio con una zampa rotta?»

      «Cosa faresti con un cowboy da rodeo con una gamba rotta?»

      «Intendi quel ragazzo di Kaycee?»

      «Quel ragazzo di Kaycee... Doc, mi fai morire dal ridere. Quel ragazzo è il campione del mondo di cavalcata senza sella. Chris Ledoux.»

      «Non ha detto nulla al riguardo quando lo hanno portato qui. Mi ha solo detto che sarebbe tornato la settimana dopo per farsi mettere un’altra ingessatura, perché si sarebbe tolto quella che gli avevo fatto. “Lavoro”.» Patrick disegnò nell’aria due virgolette con le dita.

      «Chris è così. Ma prima di mettergli il gesso, cosa hai fatto?»

      Patrick lo guardò senza capire. «È una domanda trabocchetto?»

      «Gli hai fatto fare le lastre, Doc. Quindi, ovviamente, me le farai fare anche alla zampa di Mildred.»

      Patrick sospirò e si strofinò la testa proprio dove i capelli si stavano diradando, cosa che non poteva evitare di fare per quanto Susanne gli dicesse sempre di smetterla. «Pensavo che avessimo stabilito che Mildred non sarebbe entrata.»

      «Useremo l’apparecchio a raggi X portatile. Ovviamente.»

      «E se la zampa è rotta?»

      «La ingesseremo.» Quella volta Wes non disse ovviamente, ma Patrick lo udì ugualmente.

      «La ingesseremo, eh?»

      «Sì.»

      «Non ho mai ingessato la zampa di un cavallo prima d’ora.» E dubitava che l’assicurazione per responsabilità medica coprisse una cosa del genere.

      «Un gioco da ragazzi per un vecchio segaossa come te.»

      Ogni volta che Wes passava dal chiamare Patrick doc al chiamarlo segaossa, significava che si stava rilassando. All’inizio dell’estate aveva regalato a Patrick un coltello tascabile da quindici centimetri per il suo compleanno, con la scritta SEGAOSSA incisa sul manico; accompagnato da un biglietto che gli suggeriva di buttare via quel coltellino di Minnie dei tempi dei boy scout e portarsi qualcosa di utile. Ora Patrick non andava da nessuna parte senza averlo con sé. Di notte lo teneva sul comodino di fianco al portafogli e all’orologio. In Wyoming, infilare quel grosso coltello in tasca era diventato per lui parte del vestirsi.

      Dette un colpetto alla tasca e al coltello, poi sbuffò. Un gioco da ragazzi. Se lo dice lui. Ogni secondo che passava si sentiva sempre più stupido e meno capace. Prima di trasferirsi nel Wyoming due anni prima, non era mai stato un esperto di cavalli. Ma aveva imparato abbastanza da temere un animale che si sentiva intrappolato e aveva zoccoli duri, grandi denti e una mascella robusta.

      Ricordando il calcio che Mildred gli aveva tirato, chiese: «Abbiamo un torcinaso?» Lo metteva sempre intorno al muso del suo cavallo Reno in modo che non mordesse il maniscalco che si occupava di lui. Funzionava piuttosto bene.

      «No.» Wes fece un largo sorriso. «Il trucco sarà muoversi velocemente e rimanere fuori dalla sua traiettoria.»

      «Grandioso.» Ma ora anche Patrick sorrise. Essendo cresciuto nel Texas, pensava di conoscere il West, ma il Wyoming era ancora più a ovest del Texas. Un uomo doveva saper ridere di se stesso, o la vita faceva presto a diventare poco divertente.

      «O qualcuno le tiene sollevata la zampa opposta allo stesso tempo. La maggior parte dei cavalli rimangono abbastanza fermi con due zampe sollevate da terra.»

      «Puoi prendere quella posteriore, allora. Io scelgo l’anteriore.»

      Wes rise.

      Rientrati nel pronto soccorso, i due uomini continuarono con le loro amichevoli battute mentre raccoglievano materiali e attrezzature. Poi Patrick udì un trambusto nell’area della reception. Grida, una discussione e il rumore come di un pugno.

      Una donna gridò: «Fermati» con voce agitata.

      Patrick uscì immediatamente dalla porta del magazzino pieno zeppo, facendo solo cadere una fila di flaconi di pillole da uno scaffale; seguito da Wes, che stava spingendo una macchina per radiografie con le ruote. Alla reception, si precipitarono verso un uomo in uniforme da guardacaccia e guardia ittica del Wyoming con la bassa e muscolosa corporatura di un lottatore. Teneva una donna a faccia in giù con un braccio piegato dietro di lei, il ginocchio contro la sua schiena. I capelli della donna le coprivano il viso, ma non attutivano la sua voce. Stava imprecando con enfasi e grande varietà espressiva, sembrando molto esperta in materia. La luce fluorescente crepitava e lampeggiava sulle pareti e sul pavimento bianco grigiastri, e sui braccioli di metallo delle sedie. Un uomo magro con una salopette di jeans e una donna grassoccia in ciabatte con un abito da casa a fiori color lavanda erano rannicchiati in un angolo. Dalla parte opposta della hall c’era Kim, l’infermiera di turno, tra Patrick e un ragazzo dal fisico atletico con gli scarponi da trekking, che si teneva stretta la guancia rossa e brufolosa.

      Kim era una donna massiccia che portava i grigi capelli in un pratico chignon. Stava parlando con voce ferma all’escursionista, accompagnandola con i gesti. «Venga con me, signore. La faccio sistemare in una sala per farla visitare.»

      Lui gridò, quasi piangendo: «Mi ha colpito. Quella puttana mi ha colpito.»

      Il guardacaccia fece un cenno a Kim. «Possiamo metterla il più lontano possibile da lui?» Agitò le manette che aveva in mano. Patrick non lo aveva mai visto, ma conosceva la guardia che c’era prima, Gill Hendrickson, e suppose che quell’uomo fosse il suo sostituto. Quando il corpo di Gill, ucciso a colpi di fucile mentre era in servizio, era stato portato al pronto soccorso all’inizio dell’anno, Patrick era il medico di guardia.

      «Lo metterò nella numero uno. Lei la metta nella numero quattro», rispose Kim indicando con il braccio. La numero quattro era la sala più lontana dalla reception.

      Patrick guardò l’impaurita coppia di anziani. Ben fatto, Kim.

      La guardia si rivolse alla parte lesa: «Signore, vuole sporgere denuncia?»

      Il ragazzo spostava il peso avanti e indietro sui suoi piedi, muovendo la testa rapidamente, la mano


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