Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 4. Edward Gibbon

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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 4 - Edward Gibbon


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      Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 4

      CAPITOLO XX

      Motivi, progresso ed effetti della conversione di Costantino. Legittimo stabilimento, e costituzione della Chiesa Cristiana, o Cattolica.

      Si può risguardare il pubblico stabilimento del Cristianesimo, come una di quelle importanti e domestiche rivoluzioni, che eccitano la più viva curiosità, e somministrano la più efficace istruzione. Le vittorie ed il governo civile di Costantino non influiscono ora più sopra lo stato dell'Europa; ma una considerabil parte del globo ritien tuttavia l'impressione, che ricevè dalla conversione di quel Monarca; e l'ecclesiastiche istituzioni, fatte sotto il suo regno, son sempre connesse, mediante un'indissolubil catena, colle opinioni, colle passioni, e cogl'interessi della presente generazione.

      A. D. 306-312

      Nella considerazione d'un soggetto, che si può esaminare senza parzialità, ma non può riguardarsi con indifferenza, nasce subito una difficoltà inaspettata, cioè quella di determinare il vero e preciso tempo della conversione di Costantino. L'eloquente Lattanzio, in mezzo alla Corte di lui, sembra impaziente1 di pubblicare al Mondo il glorioso esempio del Sovrano della Gallia, che fin da' primi momenti del suo regno conobbe e adorò la maestà dell'unico e vero Dio2. Il dotto Eusebio attribuì la fede di Costantino al segno miracoloso, che si fece veder in Cielo, mentr'egli meditava e preparava la spedizione dell'Italia3. L'istorico Zosimo asserisce maliziosamente, ch'esso aveva imbrattato le mani nel sangue del suo figlio maggiore, avanti di rinunziar pubblicamente agli Dei di Roma e de' suoi maggiori4. La dubbiezza, che producono queste discordi autorità, nasce dalla condotta di Costantino medesimo. Secondo il rigore del linguaggio ecclesiastico il primo Imperator Cristiano non fu degno di tal nome che al momento della sua morte; giacchè solo nell'ultima sua malattia ricevè come catecumeno l'imposizion delle mani5, e quindi fu ammesso, mediante l'iniziante rito del Battesimo, nel numero de' Fedeli6. Conviene concedere a Costantino la qualità di Cristiano in un senso molto più vago ed esteso, e si richiede la più minuta esattezza nel determinare i lenti, e quasi impercettibili gradi, pe' quali il Monarca si dichiarò protettore, e finalmente proselito della Chiesa. Era una difficile impresa quella di sradicare gli abiti, ed i pregiudizi della sua educazione, di riconoscere il divino potere di Cristo, e d'intendere che la verità della sua Rivelazione era incompatibile col culto degli Dei. Gli ostacoli, che aveva probabilmente sperimentati nell'animo suo, lo istruirono a procedere con cautela nel momentaneo cangiamento d'una religion nazionale; ed appoco appoco scopriva le sue nuove opinioni, a misura che si trovava in grado di sostenerle con sicurezza e con effetto. In tutto il corso del suo regno, il Cristianesimo s'avanzò con un placido, sebbene accelerato moto; ma la generale progressione di esso fu alle volte raffrenata ed alle volte deviata dalle accidentali circostanze de' tempi, e dalla prudenza, o forse anche dal capriccio del Monarca. Fu permesso a' suoi Ministri d'indicar le intenzioni del Principe nel vario linguaggio, che più si accomodava a' respettivi loro principj7; ed egli artificiosamente bilanciò le speranze ed i timori de' propri sudditi, pubblicando nel medesimo anno due editti, l'uno de' quali comandava la solenne osservanza della Domenica8, ed il secondo dirigeva la regolar consultazione degli Aruspici9. Mentre stava tuttavia sospesa quest'importante rivoluzione, i Cristiani ed i Pagani spiavano la condotta del loro Sovrano colla medesima ansietà, ma con sentimenti del tutto contrari. I primi eran mossi da ogni motivo di zelo, non men che di vanità, ad esagerare i segni del suo favore, e le prove della sua fede. Gli altri, finattanto che i loro giusti timori non furon cangiati in disperazione ed in isdegno, procuravano di nascondere al Mondo ed a loro medesimi, che gli Dei di Roma non contavan più l'Imperatore nel numero dei loro devoti. Le stesse passioni e gli stessi pregiudizi hanno impegnato gli scrittori parziali di varj tempi ad unire la pubblica professione del Cristianesimo colla più gloriosa o colla più ignominiosa epoca del regno di Costantino.

      Per quanto si potessero scorgere ne' discorsi o nelle azioni di Costantino sintomi di cristiana pietà, ciò nonostante perseverò egli fino all'età di quasi quarant'anni nella pratica della religione stabilita10; e quella stessa condotta, che nella Corte di Nicomedia si sarebbe potuta imputare al suo timore, non si poteva attribuire che all'inclinazione o alla politica, quando fu divenuto Sovrano della Gallia. La sua liberalità restaurò ed arricchì i tempj degli Dei; le medaglie, che uscirono dall'Imperiale sua zecca, hanno impresse le figure e gli attributi di Giove e d'Apollo, di Marte e d'Ercole; e la sua figlial pietà, mediante la solenne apoteosi di suo padre Costanzo, accrebbe l'assemblea dell'Olimpo11. Ma la devozione di Costantino era particolarmente diretta al genio del Sole, l'Apollo della Greca e Romana mitologia; e si compiaceva di farsi rappresentare co' simboli del Dio della luce e della poesia. Gl'infallibili dardi di quel Nume, lo splendor de' suoi occhi, la sua corona d'alloro, l'immortal bellezza, e gli eleganti ornamenti che l'accompagnano, sembra che lo costituiscano come il Dio tutelare d'un giovane Eroe. Gli altari d'Apollo eran coronati dalle votive offerte di Costantino; e la credula moltitudine inducevasi a pensare, che fosse concesso all'Imperatore di vedere con occhi mortali la visibile maestà del tutelare lor Nume; e che, o vegliando, o in visione, venisse felicitato da' prosperi augurj d'un lungo e vittorioso regno. Si celebrava universalmente il Sole, come la guida invincibile, ed il protettore di Costantino, ed i Pagani avevan ragione d'aspettare, che l'insultata Divinità perseguitato avrebbe con inesorabil vendetta l'empietà dell'ingrato suo favorito12.

      Finattanto che Costantino esercitò una sovranità limitata nelle Province della Gallia, i suoi sudditi Cristiani furon protetti coll'autorità, e forse colle leggi d'un Principe, che saggiamente lasciava agli Dei la cura di vendicare il loro proprio onore. Se si dee prestar fede all'asserzione di Costantino medesimo, egli era stato con isdegno spettatore delle barbare crudeltà che soffrirono per mano de' soldati Romani que' cittadini, l'unico delitto de' quali consisteva nella lor religione13. Tanto nell'Oriente quanto nell'Occidente, aveva egli veduto i diversi effetti della severità e dell'indulgenza; e siccome la prima rendevasi viepiù odiosa dall'esempio di Galerio, suo implacabil nemico, così veniva portato ad imitar la seconda dall'autorità e dal consiglio d'un genitor moribondo. Il figlio di Costanzo immediatamente sospese, o rivocò gli editti di persecuzione, o concesse a tutti quelli, che s'erano già dichiarati membri della Chiesa, il libero esercizio delle religiose lor ceremonie. Essi furon ben presto incoraggiati a fidar nel favore non meno che nella giustizia del loro Sovrano, che aveva concepito una segreta e sincera venerazione pel nome di Cristo e pel Dio de' Cristiani14.

      A. D. 313

      Intorno a cinque mesi dopo la conquista dell'Italia, l'Imperatore fece una solenne ed autentica dichiarazione de' suoi sentimenti, per mezzo del celebre editto di Milano, che restituì la pace alla Chiesa Cattolica. Nel personal congresso de' due Principi Occidentali, Costantino, per l'ascendente del suo genio e della sua potenza, ottenne facilmente l'assenso del suo collega Licinio; l'unione e l'autorità de' lor nomi disarmò il furore di Massimino, e dopo la morte del Tiranno dell'Oriente fu ricevuto l'editto di Milano come una legge generale fondamentale del Mondo Romano15. La saviezza degl'Imperatori ordinò la reintegrazione di tutti i diritti sì civili che religiosi, de' quali i Cristiani erano stati sì ingiustamente spogliati. Fu stabilito, che i luoghi di culto e le pubbliche terre che erano state confiscate, si restituissero alla Chiesa senza disputa, senza dilazione e senza spesa; e questo severo comando fu accompagnato da una graziosa promessa, che se alcuno de' possessori ne avesse sborsato un giusto e adeguato prezzo, ne verrebbe indennizzato dal tesoro Imperiale. I salutevoli regolamenti, che riguardavano la futura tranquillità del Fedele, furon formati su' principj d'una larga ed ugual tolleranza; e tal uguaglianza dovè da una recente Setta interpretarsi come una vantaggiosa ed onorevole distinzione. I due Imperatori manifestano


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<p>1</p>

Si è diligentemente discussa la data delle Istituzioni Divine di Lattanzio; vi si sono scoperte difficoltà; si sono proposti mezzi per iscioglierle; e si è finalmente immaginato l'espediente di supporne due edizioni originali, la prima pubblicata nel tempo della persecuzione di Diocleziano, l'altra sotto quella di Licinio. Vedi Dufresnoy Praef. p. 5. Tillemont Mem. Eccl. Tom. VI p. 465-470. Lardner Credibilità ec. P. II Vol. VII, p. 78-86. Quanto a me io sono quasi convinto, che Lattanzio dedicasse le sue Istituzioni al Sovrano della Gallia nel tempo in cui Galerio, Massimino, e Licinio stesso perseguitavano i Cristiani, cioè fra gli anni 306 e 311.

<p>2</p>

Lactant. Divin Inst. l. I. VII. 27. Veramente il primo ed il più importante di questi passi manca in 28 manoscritti; ma si trova in altri 19. Se vogliam ponderare il merito di questi manoscritti paragonati fra loro, può allegarsene, in favor di quel passo, uno della libreria del Re di Francia dell'età di 900 anni, ma si omette lo stesso passo nel corretto manoscritto di Bologna, che il P. Montfaucon giudica del sesto, o del settimo secolo (Diar. It. p. 409). Il gusto della maggior parte degli Editori (eccettuato Iseo, vedi Lattanzio dell'edizione del Dufresnoy, Tom. I p. 596) vi ha riconosciuto il genuino stil di Lattanzio.

<p>3</p>

Euseb. in vit. Const. (l. I. c. 27-32.)

<p>4</p>

Zosimo (l. II. p. 104.)

<p>5</p>

Questo rito fu sempre in uso nel fare i Catecumeni (vedi Bingam. Ant. l. X. c. I. p. 419. Dom. Chardon Hist. des Sacremens, T. I. p. 62); e Costantino lo ricevè per la prima volta immediatamente avanti il suo battesimo, e la sua morte (Eusebio in vita Const. l. IV. c. 61). Valesio, dalla connessione di questi due fatti, ha tirato quella conseguenza (al luogo cit. d'Euseb.), che viene ammessa con ripugnanza dal Tillemont (Hist. des Emper. Tom. IV. p. 628), e contraddetta con deboli argomenti dal Mosemio (p. 968).

<p>6</p>

Eusebio in vit. Const. (l. IV. c. 61, 62, 63). La leggenda del Battesimo di Costantino, seguìto in Roma tredici anni avanti la sua morte, fu inventata nell'ottavo secolo come un acconcio motivo per la sua donazione. Tale è stato a grado a grado il progresso delle cognizioni, che una storia, di cui il Cardinal Baronio (Annal. Eccl. An. 324. n. 43-49) si dichiarò senza rossore avvocato, adesso debolmente si sostiene anche sotto la giurisdizione del Vaticano. Vedi le antichità Crist. (Tom. II p. 203), opera pubblicata con sei approvazioni a Roma, nell'anno 1751, dal P. Mamachi, erudito Domenicano.

<p>7</p>

Il Questore, o segretario, che compose la leg. 1. del lib. XVI. Tit. II. del Cod. Teodos. fa dire con indifferenza al suo Signore, hominibus supradictae religionis; al Ministro poi degli affari Ecclesiastici era permesso uno stile più devoto e rispettoso, τηϛ ενθεσμου και αγιωτατηϛ καθολικηϛ θρησκειαϛ legittimo, e santissimo catolico culto. Vedi Eusebio Hist. Eccles. (l. X. c. 6).

<p>8</p>

Cod. Theodos. (lib. II Tit. VIII. leg. I.) Cod. Giustin. (Lib. III. Tit. XII. leg. III). Costantino chiama la Domenica dies Solis; nome, che non poteva offender le orecchie de' suoi sudditi Pagani.

<p>9</p>

Cod. Theodos. (lib. XVI. Tit. X. leg. I). Il Gottofredo, come comentatore, procura di scusare (Tom. VI. p. 257.) Costantino; ma il Baronio più zelante (Annal. Eccles, an. 521. n. 18.) critica con verità ed asprezza il profano contegno di lui.

<p>10</p>

Sembra che Teodoreto (l. I. c. 18) voglia far credere, ch'Elena desse al suo figlio un'educazione Cristiana; ma la superiore autorità d'Eusebio può assicurarci (in vita Const. l. III. c. 47), ch'ella medesima fu debitrice della cognizione del Cristianesimo a Costantino.

<p>11</p>

Vedi le medaglie di Costantino appresso il Du-Cange, e il Banduri. Siccome poche città ritenuto avevano il privilegio del conio, quasi tutte le medaglie di quel tempo uscirono dalla zecca autorizzata dalla sanzione Imperiale.

<p>12</p>

Il Panegirico (VII. inter Panegyr. vet.) d'Eumenio che fu recitato pochi mesi prima della guerra Italica, è pieno delle più chiare prove della superstizione Pagana di Costantino, e della sua particolar venerazione per Apollo, o pel Sole, al quale allude Giuliano, allorchè dice nell'Oraz. VII. p. 228 απολειπων σε (abbandonando te). Vedi il Coment. dello Spanemio sui Cesari p. 317.

<p>13</p>

Costantino Orat. ad Sanctos c. 25. Ma potrebbe facilmente dimostrarsi, che il Traduttore Greco ha esteso il senso dell'originale Latina; e potè anche l'Imperatore in età avanzata rammentarsi la persecuzione di Diocleziano con più vivo abborrimento di quello che aveva realmente sentito nel tempo della sua gioventù o idolatria.

<p>14</p>

Vedi Eusebio Hist. Eccles. (l. VII. 13 l. IX. 9 etc.) in vit. Const. (l. I. c. 16, 17.) Lactant. Divin. Inst. l. 2. Cecil. De mort. persecut. c. 25.

<p>15</p>

Cecilio (De mort. persecut. c. 48) ci ha conservato l'originale Latino; ed Eusebio (Hist. Eccles. l. X. c. 5) ha dato una traduzione Greca di questo editto perpetuo, che si riferisce ad alcuni regolamenti provvisionali.