Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 7. Edward Gibbon

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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 7 - Edward Gibbon


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Procopio (in Tom. II. pag. 37). Posson trovarsi degli esempi del suo nome nazionale in Latino ed in Francese, nel Glossario del Ducange, e nel gran Dizionario di Trevoux.

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È singolare, che si trovino alcuni importanti, ed autentici fatti in una vita di Quinziano, composta in rima, nell'antico dialetto (Patois) di Rovergue. Dubos, Hist. Crit. ec. Tom. II. p. 179.

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Quamvis fortitudini vestrae confidentiam tribuat parentum vestrorum innumerabilis multitudo; quamvis Attilam potentem reminiscamini Visigothorum viribus inclinatum; tamen quia populorum ferocia corda longa pace mollescunt, cavete subito in aleam mittere, quos constat tantis temporibus exercitia, non habere. Tal era il salutevole ma infruttuoso consiglio pacifico della ragione, e di Teodorico. (Cassiodoro L. III. ep. 2).

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Montesquieu (Espr. des Loix. L. XV. c. 14) riferisce ed approva la legge de' Visigoti (L. IX. Tit. 2. in Tom. IV. p. 425) che obbligava tutti i Padroni ad armare e mandare o condurre nel campo la decima parte de' loro schiavi.

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Questa specie di divinazione, cioè di prendere come un augurio le prime parole sacre, che in certe particolari circostanze si presentassero all'occhio, o all'orecchio, fu tratta da' Pagani; e si sostituì la Bibbia, o il Salterio a' Poemi di Omero e di Virgilio. Dal quarto secolo fino al decimoquarto, queste sortes Sanctorum, come si dicono, furono più volte condannate da' decreti de' Concili, e più volte praticate da' Re, dai Vescovi, e da' Santi. Vedasi una curiosa Dissertazione dell'Abbate du Resnel nelle memorie dell'Accademia Tom. XIX. p. 287, 320.

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Dopo aver corretto il testo, o scusato l'error di Procopio, che pone la disfatta d'Alarico vicino a Carcassona, possiam concludere dalla testimonianza di Gregorio, di Fortunato, o dell'Autore delle Gesta Francorum, che la battaglia seguì in campo Vocludensi sulle rive del Clain, circa dieci miglia al mezzodì di Poitiers. Clodoveo sorprese ed attaccò i Visigoti vicino a Vivonna, e fu decisa la vittoria in vicinanza d'un villaggio tuttavia chiamato Champagne S. Hilaire. (Vedi le dissertazioni dell'Abbate le Boeuf Tom. 1. p. 304, 311).

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Angolemme è nella strada, che da Poitiers conduce a Bordò; e quantunque Gregorio differisca l'assedio, si può creder più facilmente, ch'esso abbia confuso l'ordine della istoria, di quel che Clodoveo trascurasse le regole della guerra.

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Pyrenaeos montes usque Perpinianum subiecit: Tal è, l'espressione di Rorico, che dimostra la recente sua data, poichè Perpignano non esistè prima del decimo secolo (Marca Hispanica p. 458). Questo florido e favoloso scrittore (ch'era forse un Monaco d'Amiens, vedi l'Abbate le Boeuf, Mem. de l'Academ. Tom. XVII. p. 228, 245) riferisce, sotto l'allegorico carattere di Pastore, l'istoria generale dei Franchi, suoi nazionali; ma il suo racconto finisce con la morte di Clodoveo.

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L'autore delle Gesta Francorum positivamente afferma che Clodoveo stabilì un corpo di Franchi nella Santongia, e nel Bordelese: ed è seguitato non senza ragione da Rorico: Electos milites atque fortissimos, cum parvulis atque mulieribus. Pure sembra, ch'essi tosto si mescolassero co' Romani dell'Aquitania, finattantochè Carlo Magno vi condusse una più numerosa, e potente Colonia (Dubos, Hist. Crit. Tom. II. p. 215).

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Nella descrizione della guerra Gotica mi son servito de' seguenti materiali, col dovuto riguardo al disugual valore di essi; cioè, di quattro lettere di Teodorico Re d'Italia (Cassiod. L. III. epist. 1 in Tom. IV. p. 3, 5), di Procopio (de Bell. Goth. L. I. c. 12. in Tom. II. p. 32, 33), di Gregorio di Tours (L. II. c. 35, 36, 37. in Tom. II. p. 181, 183), di Giornandes (de reb. Getic. c. 38. in Tom. II. p. 28), di Fortunato (in Vit. S. Hilar. in Tom. III. p. 380), d'Isidoro (in Cron. Goth. in Tom. II. p. 702), dell'Epitome di Gregorio Turonense (in Tom. II. p. 401), dell'Autore delle Gesta Francor. (in Tom. II. p. 453, 555), de' Frammenti di Fredegario (in Tom. II. p. 473), d'Aimoino (L. I. c. 20 in Tom. III. p. 41, 42) e di Rorico (L. IV. Tom. III. p. 14, 19).

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I Fasti d'Italia dovevan naturalmente rigettare un Console, nemico del loro Sovrano; ma qualunque ingegnosa ipotesi, che spiegasse il silenzio di Costantinopoli, e dell'Egitto (cioè della cronica di Marcellino, e della Pasquale) vien distrutta da un simil silenzio di Mario, Vescovo di Avenche, che compose i suoi Fasti nel regno di Borgogna. Se la testimonianza di Gregorio di Tours fosse meno grave e positiva (L. II. c. 38. in Tom. II. p. 183), io crederei che Clodoveo ricevesse, come Odoacre, il titolo e gli onori durevoli di Patrizio. (Pagi, Crit. Tom. II. p. 474, 492).

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Sotto i Re Merovingici, Marsilia ricevea sempre dall'Oriente Carta, Vino, Olio, Lino, Seta, Pietre preziose, Spezierie ec. I Galli, e i Franchi negoziavano nella Siria, ed i Sirj si stabilivano nella Gallia. (Vedi il de Guignes, Memor. de l'Academ. Tom. XXXVII. p. 441, 475).

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(Poichè non si reputava, che i Franchi possedessero la Gallia con sicurezza, se l'Imperatore non confermava tal fatto) Оυ γαρ πστε ωοντο Γαλλιας ξυντω ασφαλει κεκτησθαι φρανγοι, μη του αυτοκρατορος το εργον επισφραγισαντος τουτο γε. Questa forte dichiarazione di Procopio (de Bell. Goth. L. III. c. 33. in Tom. II. p. 41) servirebbe quasi a giustificare l'Abbate Dubos.

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I Franchi, che probabilmente si servirono delle Zecche di Treveri, di Lione e d'Arles, imitarono il conio degli Imperatori Romani di sessantadue soldi, o pezzi di moneta per libbra d'oro. Ma siccome i Franchi ammettevano una proporzione decupla fra l'oro e l'argento, dieci scellini corrisponderanno al valore del loro soldo d'oro. Questo era la comune misura delle multe de' Barbari, e conteneva quaranta denarii, o piccole monete d'argento del valore di tre soldi. Dodici di questi denarii formavano un solido, o uno scellino, cioè la ventesima parte d'una libbra d'argento di peso e di numero, che si è tanto stranamente diminuita nella Francia moderna. (Vedi le Blanc, Traitè Histor. des Monnoyes de France p. 37, 43. ec.)

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Agatia in Tom. II. p. 47. Gregorio di Tours ne fa una pittura molto differente. Non sarebbe forse così facile il trovare, dentro il medesimo istorico periodo, più vizi e meno virtù. Continuamente ci si presenta con disgusto l'unione di selvaggi e di corrotti costumi.

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Il de Foncemagne ha delineato in una corretta ed elegante dissertazione (Mem. de l'Acad. Tom. VIII, p. 505, 518) l'estensione, ed i limiti della Monarchia francese.

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L'Abbate Dubos (Hist. Crit. Tom. I. p. 29, 36) ha esposto con verità, e piacevolmente, il tardo progresso di tali studj; ed osserva, che Gregorio di Tours era stato solo stampato una volta prima dell'anno 1560. Secondo la querela dell'Heineccio (Oper. Tom. II. Syllog. III. p. 248 ec.) la Germania ricevè con indifferenza e disprezzo i Codici delle Leggi barbare, che furono pubblicate dall'Heroldo, dal Lindebrogio ec. Presentemente quelle Leggi (per quanto si riferiscono alla Gallia), l'istoria di Gregorio Turonense, e tutti i monumenti della stirpe Merovingica, son posti in un puro, e perfetto stato ne' primi quattro volumi degl'Istorici di Francia.

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Nello spazio di trent'anni (dal 1728 al 1765) quest'importante soggetto si è trattato dal libero spirito del Conte di Boulainvilliers (Memoir. Histor. sur l'état de la France, specialmente nel Tom. I. p. 15, 49), dall'erudito ingegno dell'Abbate Dubos (Hist. Crit. de l'Etabliss. da la Monarch. Franc. dans les Gaules 2. vol. 4), dall'esteso genio del Presidente di Montesquieu (Espr. des Loix particolarmente L.


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