Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 7. Edward Gibbon

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Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 7 - Edward Gibbon


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che intende perchè fu ammesso il combattimento giudiciale da' Borgognoni, da' Ripuari, dagli Alemanni, da' Bavari, da' Lombardi, da' Turingi, da' Frisoni, e da' Sassoni, è persuaso (ed Agobardo sembra, che sostenga tal asserzione), che il medesimo non era permesso dalla Legge Salica. Pure si fa menzione dell'istesso uso, almeno ne' casi di delitti di Stato, da Ermoldo Nigello (l. III 543 in Tom. VI p. 48), e dall'anonimo Biografo di Ludovico Pio (c. 46 in Tom. VI p. 112); come mos antiquus Francorum, more Francis solito ec.: espressioni troppo generali per escludere la più nobile delle loro Tribù.

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Cesare de Bell. Gallic. lib. 1 cap. 31 in Tom. 2 pag. 213.

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Gli oscuri segni d'una divisione di terre, accidentalmente sparsi nelle Leggi de' Borgognoni (Tit. 54 n. 1, 2 in Tom. IV p. 271, 272) e de' Visigoti (l. X Tit. 1 n. 8, 9, 16 in Tom. IV p. 428, 429, 430) sono abilmente spiegati dal Presidente di Montesquieu (Espr. des Loix l. XXX c. 7, 8, 9). Aggiungerò solamente, che fra' Goti sembra, che la divisione si fissasse a giudizio de' vicini; che i Barbari spesso usurpavano l'altro terzo; e che i Romani potevano ricuperare i loro diritti, purchè non ne fossero restati privi per una prescrizione di cinquant'anni.

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Egli è molto singolare, che il Presidente di Montesquieu (Espr. des Loix l. XXX c. 7), e l'Abbate di Mably (Observat. Tom. 1 p. 21, 22) convengano in questa strana supposizione d'un arbitraria e privata rapina. Il Conte di Boulainvilliers (Etat de la France Tom. 1 p. 22, 23) dimostra un forte ingegno a traverso un nuvolo d'ignoranza, e di pregiudizio.

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Vedi l'Editto, o piuttosto il Codice rurale di Carlo Magno, che contiene settanta distinti e minuti regolamenti di quel gran Monarca (in Tom. V p. 652, 657). Ei chiede conto delle corna, e delle pelli delle capre, permette che sia venduto il suo pesce, ed accuratamente ordina, che le ville più grosse (Capitaneae) mantengano cento polli, e trenta oche; e le più piccole (mansionales) cinquanta polli, e dodici oche. Il Mabillon (de re diplomatica) ha investigato i nomi, il numero, e la situazione delle ville Merovingiche.

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Da un passo delle Leggi Borgognone (Tit. 1 n. 4 in Tom. IV p. 257) è chiaro, che un figlio meritevole poteva sperare di ritenere le terre che suo padre avea ricevuto dalla real bontà di Gundobaldo. I Borgognoni avranno mantenuto con fermezza il lor privilegio, ed il lor esempio potè incoraggire i beneficiari di Francia.

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Le rivoluzioni de' Benefizi, e de' Feudi sono chiaramente determinate dall'Abbate di Mably. L'accurata sua distinzione de' tempi gli conferisce un merito, che non ha neppur Montesquieu.

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Vedi la legge Salica (Tit. 62 in Tom. IV p. 156). L'origine, e la natura di queste terre saliche, che ne' tempi d'ignoranza si conoscevan perfettamente, adesso rendon perplessi i nostri più eruditi e sagaci critici.

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Molti fra' dugentosei miracoli di S. Martino (Gregorio Turonense in Max. Biblioth. Patrum Tom. XI pag. 895, 932) furono più volte fatti per punire il sacrilegio: Audite haec, omnes (esclama il Vescovo di Tours) potestatem habentes, dopo aver riferito, come alcuni cavalli che erano stati condotti in un prato sacro, erano divenuti furiosi.

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Heinecci, Elem. Jur. German. l. II p. 1 n. 88.

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Giona, Vescovo d'Orleans, (an. 821, 826. Cavo, Hist. Litter. p. 443) censura la legal tirannia de' nobili: Pro feris, quas cura hominum non aluit, sed Deus in commune mortalibus ad utendum concessit, pauperes a potentioribus spoliantur, flagellantur, ergastulis detruduntur, et multa alia patiuntur. Hoc enim qui faciunt lege mundi se facere juste posse contendunt. De institutione laicor. l. II c. 23 ap. Thomassin Discipl. de l'Eglise Tom. III p. 1348.

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Sopra un puro sospetto, Cundo, Ciamberlano di Gontranno, Re di Borgogna, fu lapidato (Gregor. Turon. l. X c. 10 in Tom. II p. 369). Giovanni Salisburiense (Policrat. l. 1 c. 4) sostiene i diritti di natura, ed espone la crudele pratica del duodecimo secolo. (Vedi Heinecci, Elem. Jur. German. l. II p. 1 n. 51, 57).

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L'uso di fare schiavi i prigionieri di guerra fu totalmente estinto nel secolo decimoterzo, per l'autorità del Cristianesimo che prevalse; ma potrebbe provarsi con più passi di Gregorio di Tours, che si praticava senza censura veruna sotto la razza Merovingica; e fino lo stesso Grozio (de Jur. Bell. et Pac. l. III c. 7), ugualmente che Barbeyrac, suo comentatore, hanno procurato di combinarlo con le leggi della natura, e della ragione.

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Si spiegano dall'Heineccio (Elem. Jur. German. l. 1 n. 28, 47), dal Muratori (Dissert. XIV, XV), dal Ducange (Gloss. sub. voc. servis) e dall'Abbate di Mably (Observ. Tom. II p. 3 etc. p. 237 etc.) lo stato, le professioni, ecc. degli schiavi Germani, Italiani, e Galli del medio Evo.

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Gregorio di Tours (l. VI c. 45 in Tom. II p. 289) riporta un memorabil esempio, in cui Childerico abusò una volta de' privati diritti di padrone. Molte famiglie, che appartenevano alle sue domus fiscales nelle vicinanze di Parigi, furon per forza mandate via nella Spagna.

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Licentiam habeatis mihi qualemcumque volueritis disciplinam ponere: vel venumdare, aut quod vobis placuerit de me facere. Marculf., Formul. l. II 28 in Tom. IV p. 497. La formula del Lindembrogio (p. 559) e quella d'Angiò (p. 565) portano il medesimo effetto. Gregorio di Tours (L. VII c. 45 in Tom. II pag. 311) parla di molte persone, che in una gran carestia si venderono per mangiare.

240

Quando Cesare la vide, si mise a ridere (Plutarco, in Caesar. Tom. 1 p. 409); pure riferisce l'infelice suo assedio di Gergovia con minor franchezza di quella che avremmo potuto aspettare da un grand'uomo, a cui la vittoria era famigliare. Ei confessa però, che in un attacco perdè quarantasei centurioni, e settecento uomini (de Bello Gallic. l. VI c. 44, 53 in Tom. I p. 270, 272).

241

Audebant se quondam fratres Latio dicere, et sanguine ab Iliaco populos computare. Sidonio Apollinare l. VII epist. in Tom. I p. 799. Io non so i gradi e le circostanze di questa favolosa discendenza.

242

O la prima, o la seconda divisione, seguìta fra' figli di Clodoveo, aveva portato il Berry a Childeberto (Greg. Turon. l. III c. 12. in Tom. II p. 192). Velim (dic'egli) Arvernam Lemanem, quae tanta jucunditatis gratia, refulgere dicitur, oculis cernere (l. III c. 9 p. 191). La campagna era coperta da una densa nebbia, quando il Re di Parigi fece il suo ingresso in Clermont.

243

Per la descrizione dell'Alvergna, vedi Sidonio (L. IV Epist. 21 in Tom. I p. 793) con le note del Savaron e del Sirmondo (p. 279 e 51 delle respettive edizioni), Boulainvilliers (Etat de la Franc. Tom. II p. 242, 268) e l'Abbate De la Longuerue (Descript. de la France P. 1 p. 132, 139).

244

Furorem gentium, quae de ulteriore Rheni amnis parte venerant, superare non poterat (Gregor. Turon. L. IV c. 50 in Tom. II p. 229). Tale fu la scusa d'un altro Re d'Austrasia (an. 475) per le devastazioni, che le sue truppe commisero nelle vicinanze di Parigi.

245

Dal nome e dalla situazione, i Benedettini, editori di Gregorio di Tours (in Tom. II p. 192) hanno stabilito questa Fortezza in un luogo chiamato Castel Merliac, lontano da Mauriac due miglia, nell'Alvergna superiore. In tale descrizione io traduco infra come se dicesse intra. Si confondono perpetuamente queste due preposizioni da Gregorio,


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