Orlando Furioso. Lodovico Ariosto

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Orlando Furioso - Lodovico Ariosto


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quella voce salta in su la riva

      il Saracino, e nel viso la guata;

      e la conosce subito ch'arriva,

      ben che di timor pallida e turbata,

      e sien più dì che non n'udì novella,

      che senza dubbio ell'è Angelica bella.

16

      E perché era cortese, e n'avea forse

      non men de' dui cugini il petto caldo,

      l'aiuto che potea tutto le porse,

      pur come avesse l'elmo, ardito e baldo:

      trasse la spada, e minacciando corse

      dove poco di lui temea Rinaldo.

      Più volte s'eran già non pur veduti,

      m'al paragon de l'arme conosciuti.

17

      Cominciar quivi una crudel battaglia,

      come a piè si trovar, coi brandi ignudi:

      non che le piastre e la minuta maglia,

      ma ai colpi lor non reggerian gl'incudi.

      Or, mentre l'un con l'altro si travaglia,

      bisogna al palafren che 'l passo studi;

      che quanto può menar de le calcagna,

      colei lo caccia al bosco e alla campagna.

18

      Poi che s'affaticar gran pezzo invano

      i dui guerrier per por l'un l'altro sotto,

      quando non meno era con l'arme in mano

      questo di quel, né quel di questo dotto;

      fu primiero il signor di Montalbano,

      ch'al cavallier di Spagna fece motto,

      sì come quel ch'ha nel cuor tanto fuoco,

      che tutto n'arde e non ritrova loco.

19

      Disse al pagan: – Me sol creduto avrai,

      e pur avrai te meco ancora offeso:

      se questo avvien perché i fulgenti rai

      del nuovo sol t'abbino il petto acceso,

      di farmi qui tardar che guadagno hai?

      che quando ancor tu m'abbi morto o preso,

      non però tua la bella donna fia;

      che, mentre noi tardiam, se ne va via.

20

      Quanto fia meglio, amandola tu ancora,

      che tu le venga a traversar la strada,

      a ritenerla e farle far dimora,

      prima che più lontana se ne vada!

      Come l'avremo in potestate, allora

      di chi esser de' si provi con la spada:

      non so altrimenti, dopo un lungo affanno,

      che possa riuscirci altro che danno. —

21

      Al pagan la proposta non dispiacque:

      così fu differita la tenzone;

      e tal tregua tra lor subito nacque,

      sì l'odio e l'ira va in oblivione,

      che 'l pagano al partir da le fresche acque

      non lasciò a piedi il buon figliuol d'Amone:

      con preghi invita, ed al fin toglie in groppa,

      e per l'orme d'Angelica galoppa.

22

      Oh gran bontà de' cavallieri antiqui!

      Eran rivali, eran di fé diversi,

      e si sentian degli aspri colpi iniqui

      per tutta la persona anco dolersi;

      e pur per selve oscure e calli obliqui

      insieme van senza sospetto aversi.

      Da quattro sproni il destrier punto arriva

      ove una strada in due si dipartiva.

23

      E come quei che non sapean se l'una

      o l'altra via facesse la donzella

      (però che senza differenza alcuna

      apparia in amendue l'orma novella),

      si messero ad arbitrio di fortuna,

      Rinaldo a questa, il Saracino a quella.

      Pel bosco Ferraù molto s'avvolse,

      e ritrovossi al fine onde si tolse.

24

      Pur si ritrova ancor su la rivera,

      là dove l'elmo gli cascò ne l'onde.

      Poi che la donna ritrovar non spera,

      per aver l'elmo che 'l fiume gli asconde,

      in quella parte onde caduto gli era

      discende ne l'estreme umide sponde:

      ma quello era sì fitto ne la sabbia,

      che molto avrà da far prima che l'abbia.

25

      Con un gran ramo d'albero rimondo,

      di ch'avea fatto una pertica lunga,

      tenta il fiume e ricerca sino al fondo,

      né loco lascia ove non batta e punga.

      Mentre con la maggior stizza del mondo

      tanto l'indugio suo quivi prolunga,

      vede di mezzo il fiume un cavalliero

      insino al petto uscir, d'aspetto fiero.

26

      Era, fuor che la testa, tutto armato,

      ed avea un elmo ne la destra mano:

      avea il medesimo elmo che cercato

      da Ferraù fu lungamente invano.

      A Ferraù parlò come adirato,

      e disse: – Ah mancator di fé, marano!

      perché di lasciar l'elmo anche t'aggrevi,

      che render già gran tempo mi dovevi?

27

      Ricordati, pagan, quando uccidesti

      d'Angelica il fratel (che son quell'io),

      dietro all'altr'arme tu mi promettesti

      gittar fra pochi dì l'elmo nel rio.

      Or se Fortuna (quel che non volesti

      far tu) pone ad effetto il voler mio,

      non ti turbare; e se turbar ti déi,

      turbati che di fé mancato sei.

28

      Ma se desir pur hai d'un elmo fino,

      trovane un altro, ed abbil con più onore;

      un tal ne porta Orlando paladino,

      un tal Rinaldo, e forse anco migliore:

      l'un fu d'Almonte, e l'altro di Mambrino:

      acquista un di quei dui col tuo valore;

      e questo, ch'hai già di lasciarmi detto,

      farai bene a lasciarmi con effetto. —

29

      All'apparir che fece all'improvviso

      de l'acqua l'ombra, ogni pelo arricciossi,

      e scolorossi al Saracino il viso;

      la voce, ch'era per uscir, fermossi.

      Udendo poi da l'Argalia, ch'ucciso

      quivi


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