Orlando Furioso. Lodovico Ariosto

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Orlando Furioso - Lodovico Ariosto


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ed a fracasso

      arbori mena e ciò che vieta il passo.

73

      – Se l'intricati rami e l'aer fosco,

      (disse la donna) agli occhi non contende,

      Baiardo è quel destrier ch'in mezzo il bosco

      con tal rumor la chiusa via si fende.

      Questo è certo Baiardo, io 'l riconosco:

      deh, come ben nostro bisogno intende!

      ch'un sol ronzin per dui saria mal atto,

      e ne viene egli a satisfarci ratto. —

74

      Smonta il Circasso ed al destrier s'accosta,

      e si pensava dar di mano al freno.

      Colle groppe il destrier gli fa risposta,

      che fu presto al girar come un baleno;

      ma non arriva dove i calci apposta:

      misero il cavallier se giungea a pieno!

      che nei calci tal possa avea il cavallo,

      ch'avria spezzato un monte di metallo.

75

      Indi va mansueto alla donzella,

      con umile sembiante e gesto umano,

      come intorno al padrone il can saltella,

      che sia duo giorni o tre stato lontano.

      Baiardo ancora avea memoria d'ella,

      ch'in Albracca il servia già di sua mano

      nel tempo che da lei tanto era amato

      Rinaldo, allor crudele, allor ingrato.

76

      Con la sinistra man prende la briglia,

      con l'altra tocca e palpa il collo e 'l petto:

      quel destrier, ch'avea ingegno a maraviglia,

      a lei, come un agnel, si fa suggetto.

      Intanto Sacripante il tempo piglia:

      monta Baiardo e l'urta e lo tien stretto.

      Del ronzin disgravato la donzella

      lascia la groppa, e si ripone in sella.

77

      Poi rivolgendo a caso gli occhi, mira

      venir sonando d'arme un gran pedone.

      Tutta s'avvampa di dispetto e d'ira,

      che conosce il figliuol del duca Amone.

      Più che sua vita l'ama egli e desira;

      l'odia e fugge ella più che gru falcone.

      Già fu ch'esso odiò lei più che la morte;

      ella amò lui: or han cangiato sorte.

78

      E questo hanno causato due fontane

      che di diverso effetto hanno liquore,

      ambe in Ardenna, e non sono lontane:

      d'amoroso disio l'una empie il core;

      chi bee de l'altra, senza amor rimane,

      e volge tutto in ghiaccio il primo ardore.

      Rinaldo gustò d'una, e amor lo strugge;

      Angelica de l'altra, e l'odia e fugge.

79

      Quel liquor di secreto venen misto,

      che muta in odio l'amorosa cura,

      fa che la donna che Rinaldo ha visto,

      nei sereni occhi subito s'oscura;

      e con voce tremante e viso tristo

      supplica Sacripante e lo scongiura

      che quel guerrier più appresso non attenda,

      ma ch'insieme con lei la fuga prenda.

80

      – Son dunque (disse il Saracino), sono

      dunque in sì poco credito con vui,

      che mi stimiate inutile e non buono

      da potervi difender da costui?

      Le battaglie d'Albracca già vi sono

      di mente uscite, e la notte ch'io fui

      per la salute vostra, solo e nudo,

      contra Agricane e tutto il campo, scudo? —

81

      Non risponde ella, e non sa che si faccia,

      perché Rinaldo ormai l'è troppo appresso,

      che da lontan al Saracin minaccia,

      come vide il cavallo e conobbe esso,

      e riconobbe l'angelica faccia

      che l'amoroso incendio in cor gli ha messo.

      Quel che seguì tra questi duo superbi

      vo' che per l'altro canto si riserbi.

      CANTO SECONDO

1

      Ingiustissimo Amor, perché sì raro

      corrispondenti fai nostri desiri?

      onde, perfido, avvien che t'è sì caro

      il discorde voler ch'in duo cor miri?

      Gir non mi lasci al facil guado e chiaro,

      e nel più cieco e maggior fondo tiri:

      da chi disia il mio amor tu mi richiami,

      e chi m'ha in odio vuoi ch'adori ed ami.

2

      Fai ch'a Rinaldo Angelica par bella,

      quando esso a lei brutto e spiacevol pare:

      quando le parea bello e l'amava ella,

      egli odiò lei quanto si può più odiare.

      Ora s'affligge indarno e si flagella;

      così renduto ben gli è pare a pare:

      ella l'ha in odio, e l'odio è di tal sorte,

      che più tosto che lui vorria la morte.

3

      Rinaldo al Saracin con molto orgoglio

      gridò: – Scendi, ladron, del mio cavallo!

      Che mi sia tolto il mio, patir non soglio,

      ma ben fo, a chi lo vuol, caro costallo:

      e levar questa donna anco ti voglio;

      che sarebbe a lasciartela gran fallo.

      Sì perfetto destrier, donna sì degna

      a un ladron non mi par che si convegna. —

4

      – Tu te ne menti che ladrone io sia

      (rispose il Saracin non meno altiero):

      chi dicesse a te ladro, lo diria

      (quanto io n'odo per fama) più con vero.

      La pruova or si vedrà, chi di noi sia

      più degno de la donna e del destriero;

      ben che, quanto a lei, teco io mi convegna

      che non è cosa al mondo altra sì degna. —

5

      Come soglion talor duo can mordenti,

      o per invidia o per altro odio mossi,

      avicinarsi digrignando i denti,

      con occhi bieci e più che bracia rossi;

      indi a' morsi venir, di rabbia ardenti,

      con aspri ringhi e ribuffati dossi:

      così alle spade e dai gridi e da l'onte

      venne


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