Orlando Furioso. Lodovico Ariosto

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Orlando Furioso - Lodovico Ariosto


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e fece lor far pace;

      le quali unite, non lasciar Frisone

      che non morisse o non fosse prigione.

84

      Le porte de le carceri gittate

      a terra sono, e non si cerca chiave.

      Bireno al conte con parole grate

      mostra conoscer l'obligo che gli have.

      Indi insieme e con molte altre brigate

      se ne vanno ove attende Olimpia in nave:

      così la donna, a cui di ragion spetta

      il dominio de l'isola, era detta;

85

      quella che quivi Orlando avea condutto

      non con pensier che far dovesse tanto;

      che la parea bastar, che posta in lutto

      sol lei, lo sposo avesse a trar di pianto.

      Lei riverisce e onora il popul tutto.

      Lungo sarebbe a ricontarvi quanto

      lei Bireno accarezzi, ed ella lui;

      quai grazie al conte rendano ambidui.

86

      Il popul la donzella nel paterno

      seggio rimette, e fedeltà le giura.

      Ella a Bireno, a cui con nodo eterno

      la legò Amor d'una catena dura,

      de lo stato e di sé dona il governo.

      Ed egli tratto poi da un'altra cura,

      de le fortezze e di tutto il domìno

      de l'isola guardian lascia il cugino;

87

      che tornare in Selandia avea disegno,

      e menar seco la fedel consorte:

      e dicea voler fare indi nel regno

      di Frisa esperienza di sua sorte;

      perché di ciò l'assicurava un pegno

      ch'egli aveva in mano, e lo stimava forte:

      la figliuola del re, che fra i captivi,

      che vi fur molti, avea trovata quivi.

88

      E dice ch'egli vuol ch'un suo germano,

      ch'era minor d'età, l'abbia per moglie.

      Quindi si parte il senator romano

      il dì medesmo che Bireno scioglie.

      Non volse porre ad altra cosa mano,

      fra tante e tante guadagnate spoglie,

      se non a quel tormento ch'abbiàn detto

      ch'al fulmine assimiglia in ogni effetto.

89

      L'intenzion non già, perché lo tolle,

      fu per voglia d'usarlo in sua difesa;

      che sempre atto stimò d'animo molle

      gir con vantaggio in qualsivoglia impresa:

      ma per gittarlo in parte, onde non volle

      che mai potesse ad uomo più fare offesa:

      e la polve e le palle e tutto il resto

      seco portò, ch'apparteneva a questo.

90

      E così, poi che fuor de la marea

      nel più profondo mar si vide uscito,

      sì che segno lontan non si vedea

      del destro più né del sinistro lito;

      lo tolse, e disse: – Acciò più non istea

      mai cavallier per te d'esser ardito,

      né quanto il buono val, mai più si vanti

      il rio per te valer, qui giù rimanti.

91

      O maladetto, o abominoso ordigno,

      che fabricato nel tartareo fondo

      fosti per man di Belzebù maligno

      che ruinar per te disegnò il mondo,

      all'inferno, onde uscisti, ti rasigno. —

      Così dicendo, lo gittò in profondo.

      Il vento intanto le gonfiate vele

      spinge alla via de l'isola crudele.

92

      Tanto desire il paladino preme

      di saper se la donna ivi si truova,

      ch'ama assai più che tutto il mondo insieme,

      né un'ora senza lei viver gli giova;

      che s'in Ibernia mette il piede, teme

      di non dar tempo a qualche cosa nuova,

      sì ch'abbia poi da dir invano: – Ahi lasso!

      ch'al venir mio non affrettai più il passo. —

93

      Né scala in Inghelterra né in Irlanda

      mai lasciò far, né sul contrario lito.

      Ma lasciamolo andar dove lo manda

      il nudo arcier che l'ha nel cor ferito.

      Prima che più io ne parli, io vo' in Olanda

      tornare, e voi meco a tornarvi invito;

      che, come a me, so spiacerebbe a voi,

      che quelle nozze fosson senza noi.

94

      Le nozze belle e sontuose fanno;

      ma non sì sontuose né sì belle,

      come in Selandia dicon che faranno.

      Pur non disegno che vegnate a quelle;

      perché nuovi accidenti a nascere hanno

      per disturbarle, de' quai le novelle

      all'altro canto vi farò sentire,

      s'all'altro canto mi verrete a udire.

      CANTO DECIMO

1

      Fra quanti amor, fra quante fede al mondo

      mai si trovar, fra quanti cor constanti,

      fra quante, o per dolente o per iocondo

      stato, fer prove mai famosi amanti;

      più tosto il primo loco ch'il secondo

      darò ad Olimpia: e se pur non va inanti,

      ben voglio dir che fra gli antiqui e nuovi

      maggior de l'amor suo non si ritruovi;

2

      e che con tante e con sì chiare note

      di questo ha fatto il suo Bireno certo,

      che donna più far certo uomo non puote,

      quando anco il petto e 'l cor mostrasse aperto.

      E s'anime sì fide e sì devote

      d'un reciproco amor denno aver merto,

      dico ch'Olimpia è degna che non meno,

      anzi più che sé ancor, l'ami Bireno:

3

      e che non pur l'abandoni mai

      per altra donna, se ben fosse quella

      ch'Europa ed Asia messe in tanti guai,

      o s'altra ha maggior titolo di bella;

      ma più tosto che lei, lasci coi rai

      del sol l'udita e il gusto e la favella

      e la vita e la fama, e s'altra cosa

      dire


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