Trovata . Морган Райс

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Trovata  - Морган Райс


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cosa pensare, come agire.

      Improvvisamente, Scarlet scorse qualcosa: a distanza, da qualche parte dietro di lei, un gruppo di soldati romani le stavano dando la caccia. Il suo nuovo ipersensibile udito l'avvertì del suono dei loro sandali, che calpestavano la pietra. Capì che distavano pochi isolati.

      Quel suono servì soltanto ad irritarla ancora di più; si confondeva nella sua testa con quello delle grida dei venditori, delle risate dei bambini, con l'abbaiare dei cani…. Stava diventando tutto eccessivo da sopportare per lei. Il suo udito stava diventando davvero troppo intenso, e lei non riusciva a sopportare la cacofonia dei rumori. Anche il sole stava diventando sempre più forte, come se stesse splendendo proprio su di lei. Era davvero troppo. Si sentiva come se si trovasse sotto il microscopio del mondo e stesse per esplodere.

      Improvvisamente, Scarlet si tirò indietro, sopraffatta completamente dalla rabbia, e sentì una nuova sensazione nei suoi denti. Sentì i suoi due incisivi allungarsi e diventare due nuove zanne affilate, sporgenti. Capiva a stento che cosa fosse quella sensazione, ma sapeva che stava cambiando, mutando in qualcosa che poteva a malapena riconoscere o controllare. Scorse improvvisamente un grosso e grasso uomo ubriaco, barcollare nel vicolo. Scarlet sapeva che doveva nutrirsi o morire. E qualcosa dentro di lei voleva sopravvivere.

      Scarlet si sentì ringhiare e ne rimase scioccata. Il suono, così primitivo, stupì persino lei. Si sentì come se fosse al di fuori del suo corpo, quando balzò, saltando in aria, diretta proprio verso l'uomo. Lo vide, come al rallentatore, voltarsi verso di lei, con gli occhi spalancati per la paura. Sentì i due nuovi canini affondare nella sua carne, nelle vene della sua gola. E, un istante dopo, sentì il suo sangue caldo all'interno della sua gola, riempirle le vene.

      La ragazza sentì l'uomo urlare, solo per un momento. Perché un istante dopo, era caduto al suolo e lei era sopra di lui, intenta a succhiargli tutto il suo sangue. Lentamente, cominciò a sentire una nuova vita, una nuova energia, colmare il suo corpo.

      Lei voleva smettere di nutrirsi, lasciarlo andare. Ma non ci riuscì. Ne aveva bisogno. Le serviva per sopravvivere.

      Aveva bisogno di nutrirsi.

      CAPITOLO SEI

      Sam correva attraverso i vicoli di Gerusalemme, ringhiando, rosso per la rabbia. Voleva distruggere, fare a pezzi ogni cosa che apparisse sulla sua strada. Non appena passò davanti ad una fila di venditori, si fece avanti e abbatté i loro banchetti, facendoli cadere con un effetto domino. Urtava deliberatamente le persone, quanto più forte possibile, facendole volare in ogni modo. Era come una palla demolitrice, fuori controllo, che attraversava i vicoli colpendo ogni cosa che gli apparisse dinnanzi.

      Esplose il caos; le urla si innalzarono ovunque. Le persone cominciarono a notare la situazione ed a fuggire, nel tentativo di allontanarsi dal suo raggio di azione. Era come un treno merci della distruzione.

      Il sole lo stava facendo impazzire. Lo colpiva sulla testa come un'entità vivente, riempiendolo con sempre più rabbia. Non aveva mai saputo che cosa fosse quel sentimento prima di quel momento. Nulla sembrava soddisfarlo.

      Vide un uomo alto e magro, e saltò verso di lui, affondando i canini nel suo collo. Succhiò il sangue per una frazione di secondo, poi si allontanò per affondare i denti nel collo di un'altra vittima. Passò da una persona all'altra, affondando i denti e succhiando il sangue. Si muoveva così in fretta, che nessuno di loro ebbe il tempo di reagire. Caddero tutti sul pavimento, uno dopo l'altro, e lui lasciò una scia di cadaveri al suo passaggio. La sua mente era offuscata e sentiva il suo corpo cominciare a gonfiarsi con il loro sangue. Ma ancora, non era soddisfatto.

      Il sole lo stava portando sull'orlo della follia. Aveva bisogno di ombra, e al più presto possibile. Scorse un grande edificio a distanza, un palazzo elegante ed elaborato, costruito in calcare, con colonne ed enormi porte ad arco. Senza neanche pensarci, corse nel bel mezzo della piazza, dirigendosi verso di esso, e ne aprì le porte con un calcio.

      Era più fresco lì dentro, e, finalmente, Sam poteva respirare. Il solo allontanare il sole dalla sua testa fece la differenza. Fu in grado di aprire gli occhi, e lentamente, la vista riprese a funzionare.

      Dozzine di persone stupite stavano osservando Sam. La maggioranza era seduta in piccole piscine e faceva il bagno, mentre altre camminavano intorno, a piedi nudi sul pavimento in pietra. Erano tutte nude. Fu allora che Sam realizzò: era all'interno di un bagno pubblico. Un bagno pubblico romano.

      I soffitti erano alti e ad arco e lasciavano filtrare la luce; c'erano grandi colonne ad arco ovunque. I pavimenti erano in splendente marmo, e piccole piscine riempivano la grande stanza. Le persone oziavano, apparentemente rilassandosi.

      E fu così, finché non videro. Si alzarono rapidamente, e la loro espressione mutò in paura.

      Sam odiava vedere quelle persone—quelle persone oziose, ricche, poltrire come se non importasse loro nulla del mondo. Avrebbe voluta fargliela pagare. A tutti loro. Piegò la testa all'indietro e ruggì.

      La maggioranza di quelle persone ebbe il buon senso di filare via da lì, precipitandosi ad afferrare asciugamani e vesti, nel tentativo di uscire al più presto possibile.

      Ma non ne ebbero la possibilità. Sam si lanciò in avanti, puntando alla donna a lui più vicina, e affondò i denti nel suo collo. Lui succhiò tutto il sangue e lei cadde a terra, e rotolò in una vasca, tingendola di rosso.

      Lo fece ancora ed ancora, saltando da una vittima all'altra, uomo o donna. Presto il bagno pubblico si riempì di cadaveri, corpi che fluttuavano ovunque, tutte le piscine tinte di rosso. Ci fu un improvviso schianto contro la porta, e Sam balzò a vedere che cosa fosse.

      Dozzine di soldati romani ingombravano l'entrata. Portavano le classiche uniformi: tuniche corte, sandali, elmi con piume e brandivano scudi e spade corte. Altri ancora impugnavano archi e frecce. Le puntarono proprio contro Sam.

      “Resta fermo dove sei!” il leader gridò.

      Sam si voltò ringhiando e, con un balzo alla massima velocità, si scagliò contro di loro.

      La risposta non si fece attendere. Dozzine di frecce vennero scagliata in aria, puntando dritto verso di lui. Sam le vide avvicinarsi come al rallentatore, scintillanti, le loro punte d'argento scagliate proprio contro di lui.

      Ma era più veloce di tutte le loro frecce. Prima che potessero raggiungerlo, era già balzato in alto nell'aria, sorvolandoli con un salto mortale. Riuscì agevolmente ad annullare la distanza —dodici metri – prima che gli arcieri riuscissero a reagire.

      Sam atterrò, scalciando il soldato posto al centro dello schieramento al petto, con una tale forza da mandarlo a colpire quelli intorno a lui, come una fila di domino. Una dozzina di soldati caddero a terra.

      Prima che gli altri potessero reagire, Sam si avvicinò e sottrasse due spade dalle mani dei soldati. Saltò e squarciò in ogni direzione.

      La sua mira era perfetta. Tagliò testa dopo testa, poi si voltò, colpendo i sopravvissuti al cuore. Passò attraverso la folla, come se fosse burro. Nell'arco di pochi secondi, dozzine di soldati caddero al suolo, senza vita.

      Sam s'inginocchiò, e affondò i canini nei cuori di ognuno, bevendo e bevendo. S'inginocchiò lì, accovacciato come una bestia, ingozzandosi di sangue, nel tentativo di colmare la sua rabbia, ormai illimitata.

      Sam terminò, ma non era ancora soddisfatto. Sentiva il bisogno di combattere interi eserciti, di uccidere masse di umanità in una volta sola. Avrebbe avuto bisogno di ingozzarsi per settimane. E anche allora, non gli sarebbe bastato.

      “SANSONE!” gridò una strana voce femminile.

      Sam si fermò, immobilizzandosi. Era una voce che non sentiva da secoli. Era una voce che aveva quasi dimenticato, che non si sarebbe aspettato di sentire di nuovo.

      Soltanto una persona al mondo avrebbe potuto chiamarlo Sansone.

      Era la voce di colei che lo aveva tramutato.

      Lì, al di sopra di lui, guardando in basso, con il sorriso dipinto sul suo splendido viso, c'era il primo vero amore di Sam.

      Lì c'era Samantha.

      CAPITOLO


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