Prima Che Senta . Блейк Пирс

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Prima Che Senta  - Блейк Пирс


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Anzi, era praticamente perfetto.

      E soprattutto, circa tre settimane prima Ellis aveva insistito per allontanarsi dalla casa; voleva godersi il racconto all’aria aperta, con il vento in faccia. E, anche se quel giorno non soffiava alcun vento – anzi, c’era un caldo spossante – per lui andava bene. Erano seduti in un piccolo roseto a poco meno di un chilometro dalla struttura. Ellis aveva detto che era un luogo che visitava spesso. Le piacevano il profumo delle rose e il ronzare delle api.

      E adesso anche la voce di lui che leggeva il racconto di Ray Bradbury.

      Era contento di piacerle così tanto. Per lui era lo stesso. Ellis non interrompeva la sua lettura con decine di domande, come invece facevano gli altri. Lei si limitava a starsene seduta lì, con lo sguardo fisso su un punto che non era mai riuscita a vedere, e pendeva dalle sue labbra ad ogni parola.

      Dopo aver finito un capitolo, guardò l’orologio. Era già rimasto dieci minuti in più rispetto al suo solito. Non aveva altre persone a cui far visita quel giorno, ma aveva programmi per la serata.

      Mettendo un segnalibro tra le pagine, chiuse il libro. Senza la storia a distrarlo, si accorse di quanto fosse soffocante il caldo del sud.

      “Abbiamo finito per oggi?” chiese Ellis.

      Lui sorrise a quella domanda. Non smetteva mai di meravigliarsi di quanto fossero sviluppati gli altri sensi, quando la vista veniva a mancare. Ellis l’aveva sentito spostarsi sulla piccola panchina al centro del giardino, poi aveva sentito il suono attutito del libro che veniva posato sulle sue gambe.

      “Sì, temo di sì” le disse. “Ti ho già trattenuta dieci minuti in più del solito.”

      “Quanto manca alla fine del libro?” volle sapere la donna.

      “Una quarantina di pagine. La settimana prossima lo finiamo. Per te va bene?”

      “Mi sembra perfetto” disse lei, poi corrugò leggermente la fronte e aggiunse. “Ti dispiace se ti chiedo... ecco, insomma... è una cosa stupida, ma...”

      “No, ve bene, Ellis.”

      Si avvicinò e lasciò che lei gli toccasse il viso. Ellis gli percorse il volto con le mani. Lui capiva il bisogno della donna (ed Ellis non era la prima donna che lo faceva), ma lo trovava ancora strano. Accennando un breve sorriso, Ellis finì di studiarlo per poi togliere le mani,

      “Grazie” gli disse. “E grazie anche per la lettura. Hai già un’idea del prossimo libro?”

      “Dipende da cosa ti va di sentire.”

      “Un classico, forse?”

      “Questo è di Ray Bradbury” disse lui. “Dei libri che ho è quello che più si avvicina a un classico. Dovrei avere Il signore delle mosche da qualche parte.”

      “È quello sui bambini dispersi su un’isola, vero?”

      “In breve, sì.”

      “Mi sembra okay. Però questo... Il popolo dell’autunno è brillante. Ottima scelta!”

      “Già, è uno dei miei preferiti.”

      Era grato che la donna non potesse vedere il sorriso subdolo sul suo viso.

      Prese il suo libro, usurato dagli anni di utilizzo; l’aveva aperto per la prima volta circa trent’anni prima. Aspettò che lei si alzasse insieme a lui porgendole il braccio, come se fossero ad un appuntamento. Ellis aveva con sé il bastone, ma raramente lo usava.

      La passeggiata di ritorno alla Wakeman era breve. A lui piaceva guardare l’espressione concentrata sul volto di lei mentre iniziava a camminare. Si chiedeva come fosse dipendere dagli altri sensi. Doveva essere estenuante muoversi in un mondo che non potevi vedere.

      Mentre studiava il suo viso sperò, più di ogni altra cosa, che a Ellis fosse piaciuto quello che aveva sentito del libro.

      Lo strinse nella mano, quasi dispiaciuto che Ellis non avrebbe mai scoperto come andava a finire.

      *

      Ellis si ritrovò a pensare ai giovani ragazzi de Il popolo dell’autunno. Nel libro era ottobre. Avrebbe davvero voluto che fosse ottobre, invece... era la fine di luglio nel sud della Virginia, e non credeva che potesse fare più caldo di così. Nonostante avesse aspettato il crepuscolo per la sua passeggiata, la temperatura era ancora di trentadue gradi, secondo la voce di Siri, sul suo iPhone.

      Ormai conosceva bene Siri. Era un ottimo modo per passare il tempo. Ellis ascoltava la sua voce robotica inondarla di curiosità, aggiornamenti meteo e risultati sportivi.

      C’erano delle persone nella casa che si intendevano di tecnologia e che si accertavano che tutti i suoi dispositivi elettronici fossero aggiornati. Aveva un MacBook con iTunes e una libreria musicale piuttosto ricca. Aveva anche la versione più recente dell’iPhone e un’app all’avanguardia che rispondeva ad un apparecchio che le permetteva di interagire in braille.

      Siri le aveva appena comunicato che c’erano trenta gradi. Sembrava impossibile, dato che erano quasi le 19:30. Ah be’, pensò, un po’ di sudore non ha mai fatto male a nessuno.

      Pensò di rinunciare alla passeggiata. La faceva almeno cinque volte alla settimana e quel giorno era già uscita una volta per incontrare l’uomo che leggeva per lei. Non aveva bisogno di movimento fisico, ma... be’, aveva certi rituali e abitudini. La facevano sentire normale, sana di mente. In più, il pomeriggio aveva un suono tutto suo, quando il sole tramontava. Poteva avvertirlo, udiva come una bassa vibrazione elettrica nell’aria, mentre il mondo si faceva silenzioso e il crepuscolo avanzava, incalzato dalla notte.

      Decise di andare a fare quella passeggiata. Due persone nella casa la salutarono. Erano voci familiari, una annoiata, l’altra un po’ più allegra. Si godette la sensazione dell’aria fresca in viso uscendo nel cortile principale.

      “Dove diamine te ne vai, Ellis?”

      Era un’altra voce familiare, quella del direttore della Wakeman, un gioviale uomo di nome Randall Jones.

      “La mia solita passeggiata” rispose.

      “Ma c’è così caldo! Fai presto, non vorrei che svenissi!”

      “O che sforassi il mio ridicolo coprifuoco” disse lei.

      “Sì, anche” disse Randall con scherno.

      Continuò a camminare, avvertendo l’opprimente presenza della casa allontanarsi alle sue spalle. Percepiva uno spazio aperto davanti a sé, il prato che l’aspettava. Al di là c’era il marciapiede e, meno di un chilometro più avanti, il giardino di rose.

      Ellis detestava l’idea di avere un coprifuoco a quasi sessant’anni. Ne capiva la necessità, ma la faceva sentire ancora una bambina. Eppure, nonostante non ci vedesse, se la passava piuttosto bene alla casa per ciechi Wakeman. C’era anche quell’uomo che veniva a leggere per lei una volta a settimana, a volte due. Sapeva che leggeva anche ad altri ospiti, ma si trovavano in altre strutture. Lì alla Wakeman, lei era l’unica e questo la faceva sentire speciale. Come se fosse la sua preferita. Si era lamentato con lei che agli altri piacevano solo i romanzi rosa, o banali best-seller. Invece con Ellis poteva leggere cose che gli piacevano. Due settimane prima avevano terminato la lettura di Cujo, di Stephen King. E adesso c’era quel libro di Bradbury e...

      Si fermò, inclinando leggermente la testa.

      Credeva di aver sentito qualcosa vicino a lei. Ma dopo essersi fermata, aveva smesso.

      Probabilmente è solo un animale nei boschi alla mia destra, pensò. Dopotutto erano nel sud della Virginia... c’erano un sacco di boschi e animaletti che ci vivevano.

      Agitò il bastone davanti a sé, trovando quasi conforto nel suo familiare clic clic mentre sbatteva sul marciapiede. Anche se ovviamente non aveva mai visto il marciapiede o la strada, li aveva sentiti descrivere numerose volte. Aveva anche composto una specie di immagine mentale, unendo gli odori alle descrizioni di fiori e alberi che il personale della casa le aveva fatto.

      Nel


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