La Clessidra del Killer . Блейк Пирс

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La Clessidra del Killer  - Блейк Пирс


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potuto sembrare presuntuosa.

      Infine, Jenn sembrò tremare un po’.

      “Non importa” disse. “Non è niente di cui tu debba preoccuparti.”

      “Sei sicura?”

      “Sì, certo.”

      Senza aggiungere un’altra parola, Jenn sparì in fondo al corridoio, lasciando Riley con un grande senso di disagio. Aveva intuito da tempo che Jenn serbava dei propri segreti, alcuni dei quali forse erano molto oscuri.

      Perché non si fida di me? Riley si chiese.

      Sembrava che l’una o l’altra fossero destinate ad essere sempre un po’ diffidenti. E questo non poteva portare loro nulla di buono, se lavoravano insieme come partner.

      Ma Riley non poteva farci nulla, almeno non ancora.

      Dette un’occhiata al proprio orologio. Era quasi in ritardo per un appuntamento con il suo partner storico, Bill Jeffreys.

      Il povero Bill era in licenza in quei giorni, dal momento che soffriva di DPTS, dopo un terribile incidente avvenuto dopo l’ultimo caso a cui avevano lavorato insieme. Riley fu assalita dalla tristezza, ripensandoci.

      Lei e Bill, all’epoca, lavoravano insieme ad una promettente giovane agente di nome Lucy Vargas, che era stata uccisa nell’adempimento del proprio dovere.

      Riley sentiva ogni giorno la mancanza di Lucy.

      Ma, almeno, non si sentiva in colpa per la sua morte.

      Invece Bill sì.

      Quel mattino presto, Bill aveva chiamato Riley e le aveva chiesto di incontrarla alla base dei Marine, che occupava la parte più grande della struttura di Quantico.

      Non le aveva detto il motivo, il che la preoccupava. Sperava che non si trattasse di qualcosa di grave.

      Riley si alzò ansiosamente dalla sua scrivania e si diresse fuori dall’edificio del BAU.

      CAPITOLO DUE

      Bill provò un fremito di preoccupazione, mentre accompagnava Riley verso il poligono usato di solito dai Marine.

      Sono pronto per questo? lui si chiese.

      Sembrava quasi una domanda stupida. Dopotutto, era solo un poligono per fare pratica.

      Ma non si trattava di uno ordinario.

      Come lui, Riley indossava una tuta mimetica e portava con sÈ un fucile M16-A4 carico con vere munizioni.

      Ma, a differenza di Bill, Riley non aveva idea di ciò che stavano per fare.

      “Vorrei che mi dicessi di che cosa si tratta” chiese.

      “Sarà una nuova esperienza per noi due” fu la laconica risposta.

      Non aveva mai provato questo nuovo tipo di poligono di tiro prima d’ora. Ma Mike Nevins, lo psicanalista che lo stava aiutando con la DPTS, gliel’aveva raccomandato.

      “Sarà una buona terapia” Mike aveva detto.

      Bill sperava che avesse ragione e che, provandolo con Riley, sarebbe riuscito a rilassarsi.

      Presero posizione l’uno accanto all’altra, tra dei pali verticali, di fronte ad un enorme campo in erba che si estendeva fino ad una zona asfaltata. Sull’asfalto c’erano barriere verticali segnate da fori di proiettili.

      Pochi istanti prima, Bill aveva parlato con un uomo in una cabina di controllo, e tutto doveva essere pronto ormai.

      A quel punto parlò nuovamente con il suo interlocutore, tramite un piccolo microfono di fronte alle labbra.

      “Bersagli a caso. Via.”

      Improvvisamente, sagome dalla forma umana apparvero da dietro le barriere, e tutte si mossero in direzione della zona asfaltata. Indossavano uniformi dello stile dei combattenti dell’ISIS, ed erano armate.

      “Nemici!” Bill gridò a Riley. “Spara!”

      Riley era troppo sorpresa per sparare; Bill sparò una volta e mancò il bersaglio. Poi, sparò di nuovo e colpì una delle sagome, che si piegò completamente e smise di muoversi. Le altre sagome si voltarono per evitare il fuoco; alcune si mossero più velocemente, altre invece si nascosero dietro le barriere.

      Riley esclamò: “Dannazione!”

      Non aveva ancora colpito un bersaglio.

      Bill scoppiò a ridere.

      “Stop” lui disse nel microfono.

      Improvvisamente, tutte le sagome restarono immobili.

      “Oggi spareremo a finti tizi su ruote?” Riley chiese con una risata.

      Bill spiegò: “Sono robot autonomi, montati su scooter Segway. Quell’uomo con cui ho parlato nella cabina, un minuto fa, sta installando dei programmi che essi devono seguire. Ma non controlla ogni loro movimento. In realtà non li controlla. “Sanno” che cosa fare. Hanno degli scanner a laser e algoritmi di navigazione, così che possano evitarsi tra loro e le barriere.”

      Riley sgranò gli occhi per lo stupore.

      “Certo” esclamò. “E sanno che cosa fare quando si comincia a sparare: correre o nascondersi, o entrambi.”

      “Vuoi provare di nuovo?” Bill chiese.

      Riley annuì; cominciava a sembrare entusiasta.

      Ancora una volta Bill parlò nel microfono: “Bersagli a caso. Via.”

      Le sagome cominciarono a muoversi come prima, e Riley e Bill spararono singoli colpi contro di esse. Bill e Riley colpirono un robot ciascuno: entrambe le macchine colpite si fermarono e si piegarono. Gli altri invece, si dispersero; alcuni si spostarono capricciosamente e altri ancora, si nascosero dietro le barriere.

      Riley e Bill continuarono a sparare, ma l’attività cominciò a farsi difficile. I robot che si muovevano cominciarono a seguire tragitti imprevedibili a varie velocità. Quelli che erano nascosti dietro le barriere continuavano a saltare fuori, schernendo Riley e Bill affinché sparassero loro. Era impossibile prevedere da che lato della barriera sarebbero apparsi. Dopo essersi rivelati, iniziavano a muoversi freneticamente all’aperto o si nascondevano nuovamente.

      Nonostante quell’apparente caos, Riley e Bill impiegarono solo trenta secondi per colpire tutti gli otto robot, che si fermarono piegati e immobili tra le barriere.

      Riley e Bill abbassarono le loro armi.

      “È stato strano” Riley esclamò.

      “Vuoi fermarti?” Bill chiese.

      Riley sogghignò.

      “Stai scherzando? Assolutamente no. Allora, che cosa succede ora?”

      Bill deglutì, sentendosi improvvisamente nervoso.

      “Dobbiamo colpire i nemici senza uccidere un civile” spiegò.

      Riley lo guardò con comprensione. Capiva la sua preoccupazione e la ragione per cui questo nuovo esercizio lo metteva a disagio: gli rammentava del giovane innocente a cui aveva erroneamente sparato il mese precedente. Il ragazzo era guarito dalla ferita, ma Bill non era ancora riuscito a superare il senso di colpa.

      Il senso di colpa di Bill era peggiorato dal fatto che una brillante giovane agente di nome Lucy Vargas era stata uccisa in quelle circostanze.

      Se solo fossi stato in grado di salvarla, pensò ancora una volta.

      Bill era stato ufficialmente in licenza fin da allora e aveva continuato a chiedersi se sarebbe mai riuscito a tornare a lavoro. Completamente sconvolto, si era abbandonato all’alcol e aveva persino accarezzato l’idea del suicidio.

      Riley l’aveva aiutato a venirne fuori; in effetti, gli aveva probabilmente salvato la vita.

      Bill


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