Il Killer Dell’orologio . Блейк Пирс

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Il Killer Dell’orologio  - Блейк Пирс


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la tazza di caffè, da rovesciarne un po’ sul tavolo.

      “Perché provi a controllarmi per tutto il tempo?” esplose.

      “Non sto affatto provando a controllarti. Voglio solo incontrare il tuo ragazzo.”

      Per pochi istanti, April rimase ferma lì, con gli occhi puntati in modo indisponente e silenzioso sul suo caffè. Poi, improvvisamente, si alzò da tavola e si precipitò fuori dalla cucina.

      “April!” Riley gridò.

      Riley seguì la ragazza per tutta la casa. April raggiunse la porta d’ingresso, e afferrò la sua borsa, appesa all’attaccapanni.

      “Dove stai andando?” le chiese sua madre.

      April non rispose. Aprì la porta ed uscì, sbattendo la porta dietro di sé.

      Riley restò in uno sbalordito silenzio per alcuni istanti. Senz’altro, pensò, April sarebbe subito tornata indietro.

      Attese per un intero minuto. Poi tornò alla porta, la aprì e dette un’attenta occhiata alla strada. April sembrava scomparsa.

      Riley provò l’amaro senso della delusione nella sua bocca. Si chiese come le cose fossero giunte a quel punto. Aveva attraversato dei momenti difficili con la figlia in passato. Ma quando loro tre — Riley, April e Gabriela — si erano trasferite in quella casa di città durante l’estate, April era stata molto felice. Aveva fatto amicizia con Crystal, ed era stata bene quando la scuola era iniziata a settembre.

      Ma ora, a distanza di due mesi, April era passata dall’essere un’adolescente felice, ad un’adolescente scontrosa. La PTSD era tornata a manifestarsi? April aveva sofferto una reazione ritardata dopo che il killer di nome Peterson l’aveva tenuta prigioniera, ed aveva tentato di ucciderla. Ma aveva frequentato una buona terapeuta, e sembrava che questo l’avesse aiutata ad affrontare tutti i suoi problemi.

      Restando sempre sull’uscio, Riley prese il cellulare dalla tasca e scrisse un sms ad April.

      Torna a casa. Subito.

      Il testo risultò come “inviato”. Riley aspettò. Non accadde nulla. April aveva lasciato il suo cellulare a casa? No, non era possibile. April aveva afferrato la borsa uscendo, e non andava mai da nessuna parte senza il cellulare.

      Riley continuava a guardare il telefono. Il messaggio risultava sempre come “inviato”, non “letto”. April stava semplicemente ignorando il suo messaggio?

      D'improvviso, pensò di sapere dove fosse andata la figlia. Prese una chiave dal tavolo vicino alla porta, e uscì dal suo piccolo portico. Scese le scale che conducevano da casa sua, oltre il prato, fino all'abitazione successiva, dove vivevano Blaine e Crystal. Sempre guardando il cellulare, suonò il campanello.

      Quando Blaine aprì la porta e la vide, si formò un enorme sorriso sulle sue labbra.

      “Ciao!” disse. “Che bella sorpresa. Che cosa ti porta qui?”

      Riley balbettò goffamente.

      “Mi stavo chiedendo se … Per caso April è qui? A trovare Crystal?”

      “No” le rispose. “Nemmeno Crystal è qui. Ha detto che andava al caffè. Sai, quello qui vicino.”

      Blaine aggrottò il sopracciglio con preoccupazione.

      “Che cosa c’è?” lui chiese. “C’è qualche problema?”

      Riley gemette. “Abbiamo litigato” rispose. “E’ uscita di casa sbattendo la porta. Speravo che fosse venuta qui. Credo che stia ignorando il mio messaggio.”

      “Vieni dentro” la invitò Blaine.

      Riley lo seguì nel soggiorno. I due si sedettero sul divano.

      “Non so che cosa le stia succedendo” disse Riley. “Non so che cosa ci stia succedendo.”

      Blaine sorrise nostalgicamente.

      “Conosco la sensazione” l’uomo disse.

      Riley era un po’ sorpresa.

      “Davvero?” gli chiese. “Mi sembra sempre che tu e Crystal andiate perfettamente d’accordo.”

      “Per la maggior parte del tempo, certo. Ma da quando è diventata adolescente, a volte è piuttosto difficile.”

      Blaine rivolse a Riley uno sguardo comprensivo.

      “Non dirmelo” lui disse. “Ha qualcosa a che fare con un ragazzo.”

      “Apparentemente” disse Riley. “Non mi dirà nulla di lui. E rifiuta di presentarmelo.”

      Blaine scosse la testa.

      “Sono entrambe in quell’età” lui disse. “Avere un ragazzo è una questione di vita o di morte. Crystal non ne ha ancora uno, il che mi sta bene, ma non a lei. E’ assolutamente disperata per questo.”

      “Immagino che fossi uguale a quell’età” esclamò Riley.

      Blaine rise un po’. “Credimi, quando avevo quindici anni, le ragazze erano tutto ciò a cui riuscivo a pensare. Ti va un caffè?”

      “Certo, grazie. Nero andrà bene.”

      Blaine andò in cucina. Riley si guardò intorno, notando ancora una volta quanto la casa fosse ben decorata. Senza dubbio, Blaine aveva buon gusto.

      Blaine tornò indietro con due tazze di caffè. Riley ne bevve un sorso. Era delizioso.

      “Giuro, non sapevo a che cosa stavo andando incontro quando sono diventata mamma” disse. “Immagino che non aiutasse il fatto che fossi forse un po’ troppo giovane per esserlo.”

      “Quanti anni avevi?”

      “Ventiquattro.”

      Blaine tirò indietro la testa e scoppiò a ridere.

      “Io ero più giovane. Mi sono sposato a ventuno. Pensavo che Phoebe fosse la ragazza più bella che avessi mai visto. Tremendamente sexy. Ho sorvolato sul fatto che fosse anche bipolare e che già bevesse molto.”

      Riley era sempre più interessata. Sapeva che Blaine era divorziato, ma poco altro. Sembrava che lei e Blaine avessero in comune errori di gioventù. Era stato troppo facile per loro vedere la vita attraverso il roseo bagliore dell’attrazione fisica.

      “Quanto è durato il tuo matrimonio?” gli chiese Riley.

      “Circa nove anni. Avremmo dovuto porvi fine molto tempo prima. Io avrei dovuto porvi fine. Continuavo a credere di poter salvare Phoebe. Era un’idea stupida. Crystal è nata quando Phoebe aveva ventuno anni, e io ventidue, mentre studiavo per diventare chef. Eravamo troppo poveri e troppo immaturi. Il nostro secondo figlio è nato morto, e Phoebe non l’ha mai superato. E’ diventata una vera alcolizzata. E violenta.”

      Lo sguardo di Blaine si fece più distante. Riley sentiva che stava vivendo dei brutti ricordi di cui non voleva parlare.

      “Quando è nata April, mi stavo addestrando per diventare agente dell’FBI” lei disse. “Ryan voleva che mollassi, ma non l’ho fatto. Era fermamente deciso a diventare un avvocato di successo. Così, abbiamo entrambi ottenuto le carriere che volevamo. Non avevamo proprio niente in comune nel lungo termine. Non riuscivamo a creare le vere fondamenta di un matrimonio.”

      Riley ricadde in silenzio sotto lo sguardo comprensivo di Blaine. Si sentiva meglio, dopo aver parlato ad un altro adulto. Stava iniziando a capire che era quasi impossibile sentirsi a disagio in presenza di Blaine. Sentiva di potergli parlare di tutto.

      “Blaine, sono davvero combattuta al momento” disse. “Hanno davvero bisogno di me su un caso importante. Ma a casa é un vero disastro. Sembra che non stia passando abbastanza tempo con April.”

      Blaine sorrise.

      “Oh, certo. Il vecchio dilemma lavoro-contro-famiglia. Lo conosco bene. Credimi, possedere un ristorante porta via moltissimo tempo.


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