Quasi perduta. Блейк Пирс

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Quasi perduta - Блейк Пирс


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frugò nelle tasche e tirò fuori quattro bastoncini di zucchero e un pacchetto di gelatine.

      Cassie fissò il piccolo mucchietto.

      Non aveva rubato molto. Non si trattava di un grosso furto. Il problema era l’azione stessa, e il fatto che il ragazzo non credeva che fosse una cosa sbagliata.

      “Ti devo sequestrare questi dolci, perché non è corretto prendere qualcosa senza pagare. La commessa potrebbe avere dei problemi se quanto registrato in cassa non corrisponde ai prodotti usciti dal negozio. E tu saresti potuto finire in guai seri. Tutti quei negozi hanno delle telecamere di sicurezza”.

      “Ok”, rispose lui, sembrando annoiato.

      “Dovrò dirlo a tuo padre, e vedremo lui cosa deciderà di fare. Per favore non fare di nuovo una cosa simile, indipendentemente da quanto tu stia cercando di aiutare, o da quanto pensi che il mondo sia ingiusto nei tuoi confronti, o da quanto sei sconvolto per problemi familiari. Potrebbero esserci gravi conseguenze. Capito?”

      Cassie prese i dolci e li mise nella propria borsa.

      Osservando i bambini, notò che Madison, che non aveva bisogno di essere avvisata, sembrava molto più preoccupata dello stesso Dylan. Lui invece la stava guardando con un’espressione in volto che poteva indicare solo confusione. Annuì leggermente, e la ragazza capì che era tutto ciò che avrebbe ottenuto.

      Aveva fatto ciò che poteva. Tutto quello che le rimaneva da fare ora era passare l’informazione a Ryan e lasciare che se ne occupasse lui.

      “Vuoi un frullato, Madison?” chiese.

      “Non puoi mai sbagliare col cioccolato”, la consigliò Dylan, e improvvisamente la tensione si ruppe e tutto tornò alla normalità.

      Cassie fu estremamente sollevata per il fatto di essere riuscita a gestire la situazione. Si rese conto che le tremavano le mani e le mise sotto il tavolo, così che i bambini non le potessero vedere.

      Cercava sempre di evitare i litigi, perché le portavano alla mente ricordi di quelle volte in cui ne era stata una partecipante inerme e involontaria. Si ricordò di scene frammentate da urla e grida di pura rabbia. Piatti rotti - le tornò in mente come, nascosta sotto il tavolo da pranzo, potesse sentire le schegge pungerle le mani e la faccia.

      Quando ne aveva la possibilità, in ogni litigio, finiva sempre per fare qualcosa di simile al nascondersi.

      In quel momento, era felice di essere riuscita a imporre la propria autorità in modo calmo, ma deciso, e che quella giornata non si fosse in effetti rivelata un disastro.

      La direttrice del Café si affrettò verso di loro per prendere le ordinazioni, e Cassie iniziò a rendersi conto di quanto fosse piccola quella città, perché anche lei conosceva la famiglia.

      “Ciao Dylan, ciao Madison. Come stanno i vostri genitori?”

      Cassie si sentì rabbrividire, rendendosi conto che la signora non era al corrente delle ultime notizie, e lei non aveva discusso con Ryan in merito a cosa dire in una situazione simile. Mentre cercava disperatamente le parole giuste, Dylan rispose.

      “Stanno bene, grazie, Martha”.

      Cassie fu grata per la breve risposta di Dylan, sebbene fosse sorpresa di quanto suonasse normale. Aveva creduto che lui e Madison sarebbero stati turbati a sentire parlare dei propri genitori. Forse Ryan gli aveva detto di non parlarne con persone che non conoscevano la situazione. Si disse che probabilmente la ragione era proprio quella, soprattutto per il fatto che la donna sembrava essere di fretta, e aveva posto quella domanda solo per educazione.

      “Salve, Martha. Mi chiamo Cassie Vale”, le disse.

      “Sembri americana. Lavori per la famiglia Ellis?”

      Cassie trasalì nuovamente a sentire la donna parlare di loro come di una famiglia unita.

      “Dò solo una mano”, disse, ricordandosi che, sebbene avesse un accordo informale con Ryan, doveva stare attenta.

      “È così difficile trovare un aiuto valido. Abbiamo carenza di personale in questo periodo. Una delle nostre cameriere è stata cacciata dal Paese proprio ieri, perché non aveva i giusti documenti”.

      Diede un’occhiata a Cassie, che guardò immediatamente altrove. Cosa voleva dire la donna? Che sospettava che neanche Cassie avesse un visto lavorativo, visto il suo accento americano?

      Si trattava di un indizio del fatto che le autorità locali stessero ponendo un freno a quel tipo di lavoro nero?

      Lei e i bambini diedero le loro ordinazioni in modo rapido e, con grande sollievo di Cassie, la direttrice si allontanò.

      Poco dopo, una cameriera dall’aspetto stressato, che era chiaramente del luogo, portò loro gli sformati e le patatine fritte.

      Cassie non voleva perdere tempo col cibo, e rischiare un’altra chiacchierata, dato che il ristorante stava iniziando a svuotarsi. Non appena ebbero finito, si diresse al bancone per pagare.

      Quando uscirono dal Café, tutti e tre si incamminarono verso la direzione da cui erano venuti. Si fermarono in un negozio di prodotti per animali, dove comprarono del cibo per i pesci di Dylan, che lui le aveva detto si chiamavano Arancia e Limone, e un sacchetto di sabbietta per il suo coniglio, Benjamin Bunny.

      Mentre si dirigevano verso la fermata dell’autobus, Cassie sentì della musica, e notò che alcune persone si erano ammassate nella piazza.

      “Cosa credi stia succedendo?” Madison aveva notato il gruppo, nello stesso momento in cui Cassie si era girata.

      “Possiamo andare a vedere?” chiese Dylan.

      Attraversarono la strada e scoprirono che si trattava di uno spettacolo improvvisato.

      Nell’angolo nord della piazza c’era un gruppo composto da tre persone, che stavano suonando dal vivo. Nell’angolo opposto c’era un artista che creava animali coi palloncini. Si era già formata una fila di bambini e genitori.

      Al centro c’era un mago, vestito elegantemente con un abito e un cilindro, che eseguiva dei trucchi.

      “Oh, wow. Adoro i trucchi di magia”, sospirò Madison.

      “Anche io”, convenne Dylan. “Mi piacerebbe studiarli. Voglio sapere come funzionano”.

      Madison alzò gli occhi al cielo.

      “Semplice. È magia!”.

      Il mago concluse il suo trucco proprio quando lo raggiunsero, di fronte a sussulti e applausi. Poi, quando la folla si disperse, l’artista si girò verso di loro.

      “Benvenuti. Grazie per essere qui in questo bellissimo pomeriggio. Che bella giornata! Ma dimmi, ragazzina, non hai freddo?”

      L’uomo fece cenno a Madison di avvicinarsi.

      “Freddo? Io? No”. La ragazzina fece un passo avanti, sorridendo parzialmente, divertita ma cauta.

      Lui porse le mani vuote e si avvicinò. Poi le batté insieme vicino alla testa di Madison.

      Lei sussultò. Quando l’uomo abbassò le mani, tra queste vi era un piccolo pupazzo di neve giocattolo.

      “Come ha fatto?” gli chiese.

      Lui le passò il giocattolo.

      “È stato tutto il tempo sulla tua spalla, stava viaggiando con te”, spiegò l’uomo, e Madison iniziò a ridere, incredula e stupefatta.

      “Ora, vediamo quanto sono veloci i vostri occhi. Ecco come funziona. Voi fate una scommessa, qualunque quantità vogliate, mentre io muovo le carte. Se riuscite a indovinare dove sia la regina, ve ne restituisco il doppio. Se sbagliate, andate via a mani vuote. Quindi che dite, volete provare?”

      “Io! Posso avere dei soldi?”, chiese Dylan.

      “Certo. Quanto vuoi perdere?” Cassie rovistò nella tasca della propria giacca.

      “Voglio


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